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Oligarchia tecnocratica

di Andrea Sironi - 06/12/2011

Fonte: reset-italia


Alla fine quello che doveva accadere è accaduto. La pesante scure è scesa inesorabile. L’austerity, quale soluzione ai mali del nostro Paese, è stata adottata con modalità quasi maniacali, ad opera di quella oligarchia tecnocratica, applaudita bipartisan, come salvatrice, come boccata di ossigeno.

Eppure una strada alternativa esiste, o meglio sarebbe esistita, se la Democrazia non fosse stata sepolta dal potere oligarchico che oggi governa l’Italia. Basti pensare all’Islanda, un piccolo Paese abitato da poco più di 320 mila abitanti, gli unici ad essersi ribellati al fallimento delle banche, ovvero istituti privati che poco o nulla centrano con lo Stato. Gli islandesi si sono opposti all’austerity a loro imposta con ben due referendum.

Gli islandesi si sono opposti ad un piano che avrebbe fatto pagare loro – al pubblico – debiti privati, non a caso il Presidente islandese in una intervista ha dichiarato: “la Costituzione islandese è basata sul principio fondamentale che il popolo è sovrano. E’ responsabilità del presidente far sì che la volontà del popolo prevalga“. Semplice e chiaro, un pensiero che non lascia dubbi o diverse interpretazioni. Il popolo è sovrano punto. La collettività non deve pagare le catastrofi di un sistema infame, senza etica e colluso con schemi distruttivi.

L’oligarchia dominante, lungimirante quanto astuta, ha ben pensato di evitare la “soluzione islandese” ad altri Paesi in difficoltà, Italia e Grecia per intenderci, impedendo alla Grecia di fare un legittimo referendum, sostituendo Papandreou con un oligarca ex vice Presidente della banca centrale Europea nonchè collega di Mario Monti, Lucas Papademos. In Italia invece, è stato sufficiente seppellire la Democrazia, cosa facile in un Paese annebbiato per un ventennio dai lustrini mediatici imposti da modelli spettacolari. Evitare le urne, propinando catastrofi di ogni genere, ed impostando un Governo tecnocratico, quale unica soluzione all’oblio.

Non è nostra responsabilità lo stato attuale, non è nostra responsabilità l’indomabile sperequazione della distribuzione della ricchezza.

Gli islandesi l’hanno capito, gli islandesi hanno capito che i sacrifici proposti per una fantomatica, quanto improbabile rinascita nazionale, non passano attraverso i feroci dazi da pagare ai sistemi bancari e finanziari. Questi sacrifici servono soltanto per alimentare un sistema perverso, denaro che scomparirà in breve tempo, bruciato ancora una volta da speculatori internazionali.

In tutto questo non c’è niente di buono, niente che possa servire ad impostare un nuovo modello di futuro, che ancora una volta ci è stato negato.