Newsletter, Omaggi, Area acquisti e molto altro. Scopri la tua area riservata: Registrati Entra Scopri l'Area Riservata: Registrati Entra
Home / Articoli / Il regno dei raccomandati

Il regno dei raccomandati

di Gian Antonio Stella - 07/12/2011

http://www.parmaoggi.it/wp-content/uploads/test.jpg
L'Italia si fonda sulla demeritocrazia. Contano le amicizie, non i titoli


«Zefiro continuava ad esserci propizio con l'aiuto di un po' di Garbino, ma un altro giorno era passato senza scoprire terra. Il terzo giorno, all'alba delle mosche, cioè a dire sul mezzodì, apparve un'isola triangolare che somigliava moltissimo, per forma e posizione, alla Sicilia. Si chiamava Isola delle Parentele».
Così François Rabelais racconta, nel suo irresistibile Gargantua et Pantagruel, la scoperta di quell'isola in cui (...) tutti «erano parenti e insieme collegati, e se ne vantavano». Non è chiarissimo quanta malizia mise il grande scrittore francese nello scegliere come paragone la Sicilia. (...) Ridurre il fenomeno a una dimensione solo siciliana o meridionale (Clemente Mastella si spinse a teorizzare che «la raccomandazione è un peccato veniale che per molto tempo è servito a riequilibrare le ingiustizie Nord-Sud») sarebbe un errore.
Basti ricordare alcuni dei casi finiti sui giornali in questi anni. Come quello dell'avvocatessa padovana Elisabetta Casellati, berlusconiana della prima ora, che dopo essersi insediata come sottosegretario alla Sanità scelse quale capo della sua segreteria, con uno stipendio doppio rispetto a un funzionario del nono livello con quindici anni di anzianità, sua figlia Ludovica. Oppure quello, leggendario, di Claudio Regis, detto «Valvola» perché in gioventù era stato un provetto elettricista, piazzato dalla Lega Nord ai vertici dell'Enea, l'Ente per le nuove tecnologie, l'energia e l'ambiente dove arrivò a dare del somaro al premio Nobel Carlo Rubbia: «Nessuno mette in discussione le sue competenze sulle particelle, ma quando parla di ingegneria è un sonoro incompetente». Giudizio avventato, se non altro per uno che, nonostante il decreto di nomina di Letizia Moratti lo definisse «Ing.» e nonostante scrivesse sulla rivista online «Kosmos» articoli firmati «Claudio Regis, ingegnere Enea», non era affatto laureato. (...)
Né si può dire che si tratti di un fenomeno recente. (...) Ce lo ricordano meravigliosi aneddoti come quello attribuito al senese Enea Silvio Piccolomini, diventato papa nel 1458 con il nome di Pio II e subito assediato da questuanti affamati di ruoli e prebende: «Quand'ero solo Enea / nessun mi conoscea / ora che sono Pio / tutti mi chiaman zio».
Proprio per questo, però, servirebbero regole rigide. (...) Da noi, come spiega Antonio Merlo, direttore del dipartimento del Penn Institute for Economic Research a Filadelfia, la selezione si è via via specializzata nello scegliere sulla base non della preparazione ma della fedeltà: «L'Italia è una Repubblica fondata sulla mediocrità, una "mediocracy". Cioè un sistema che seleziona e promuove scientificamente una classe dirigente di basso profilo che non è funzionale al Paese ma al partito. Al leader. Al segretario».
E a mano a mano che i costi della politica si gonfiavano e la politica tracimava uscendo dai suoi alvei tradizionali per occupare ogni spazio della società, ogni ruolo è diventato una poltrona con cui «fare politica». (...) A che serve, ormai, il curriculum? A niente, rispondono casi clamorosi come quello (...) di Clemente Marconi, archeologo, dottorato di ricerca alla Normale, tra i massimi esperti mondiali di Magna Grecia, che inutilmente cercò per anni, come ha raccontato al «Giornale di Sicilia», di restare in patria: «Arrivavo sempre secondo».
Il giorno in cui prese possesso della cattedra vinta alla Columbia University di New York, ricevette una lettera dalla Regione Sicilia: «Gentile collega, siamo giunti alla conclusione che Lei non possiede i requisiti accademici per entrare nel nostro staff. La sua domanda per un posto da archeologo ai Beni culturali siciliani viene pertanto respinta, cordiali saluti».
Va da sé che quando Paolo Casicci e Alberto Fiorillo hanno deciso di scrivere Scurriculum. Viaggio nell'Italia della demeritocrazia, hanno trovato un mucchio di storie esemplari. Storie che dimostrano in modo inequivocabile come l'attuale sistema, ignobile e suicida, mortifichi i più bravi costringendoli spesso a regalare la loro intelligenza, la loro preparazione alle università, alle aziende, ai Paesi stranieri. E premia al contrario quanti hanno in tasca la tessera «giusta» o nel cellulare il telefono del deputato «giusto». I quali utilizzano sistematicamente le aziende statali o comunali «come sfogatoio per i trombati o premio per i fedelissimi». O ancora per agganciare vistose signorine dai curriculum estrosi.
Quanto possa essere perdente la diffusione di questi meccanismi perversi ormai è sotto gli occhi di tutti. Peggio, ne abbiamo già fatto esperienza in passato. Lo ricorda, ad esempio, Ludovico Incisa di Camerana nel libro Il grande esodo sulla storia delle migrazioni italiane nel mondo. Dove si racconta che, grazie alle imprese pionieristiche del padovano Giovanni Battista Belzoni e all'amore per l'Italia di un viceré d'origine albanese, il chedivè Mohammed Ali, l'Egitto, in coincidenza con il Risorgimento, spalancò le porte agli italiani: «Durante il suo regno (1801-1849) e quello dei suoi successori, Abbas e Said (1849-1863), l'amministrazione interna è in gran parte affidata agli italiani; italiana è egualmente l'amministrazione delle poste, create su iniziativa italiana, dei servizi sanitari, della sicurezza pubblica...». (...) E insomma «la lingua italiana era così diffusa nel Paese che poteva considerarsi quale la sua seconda lingua tanto che, fino a tutto il regno di Mohammed Ali, la nostra era la lingua diplomatica dell'Egitto e la sola usata dal governo egiziano nei rapporti internazionali».
Un'occasione unica, straordinaria, irripetibile per il nostro ruolo nel Mediterraneo. Sapete come fu buttata via? Lo scrive nel 1905 Giuseppe Salvago Raggi, agente diplomatico presso il sultano e console generale al Cairo... (...) «L'Agenzia d'Italia oppressa dalle numerosissime raccomandazioni rinunciò in pratica a ottener buoni impieghi per gli italiani e si contentò di impiegarne molti. In tal modo si venne applicando la regola che le alte posizioni vennero occupate da francesi (...), da alcuni austriaci, da pochi inglesi e da pochissimi tedeschi, quelle più umili da italiani e le infime da greci». (...)
Quanto lo stesso errore possa infettare la società italiana, rendendola sempre più debole e incapace di stare al passo di un mondo che cambia a velocità immensamente superiore alla nostra, è dimostrato da questo libro passo dopo passo. A partire dalla contraddizione fra le parole, le promesse, i proclami, e la pratica quotidiana. Valga per tutti il caso di Massimo Zennaro, il portavoce del ministro dell'Istruzione Mariastella Gelmini nominato direttore della Comunicazione a viale Trastevere e autore dello stupefacente comunicato che rivendicava al merito della sua datrice di lavoro, dopo la scoperta della velocità dei neutrini, la costruzione di un tunnel di settecento chilometri dal Gran Sasso a Ginevra. Sciocchezza planetaria liquidata da migliaia di internauti con una battuta: settecento chilometri e neanche un autogrill!