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Le vittime civili della Nato in Libia

di Andrea Terenzi - 19/12/2011

 
 
   
Quella che doveva essere una missione in difesa delle popolazioni libiche dalla repressione del colonnello Gheddafi ha finito per produrre vittime civili.
Uno studio del New York Times sta confermando dati che già alcune organizzazioni umanitarie come Human Rights Watch e Campaign for Innocent Victims in Conflict (Civic) avevano denunciato: gl inviati del Times hanno visitato oltre 25 località libiche, tra cui Tripoli, Surman, Mizdah, Zlitan, Ga'a, Majer, Ajdabiya, Misurata, Surt, Brega, Sabratha, Benghazi, dove oltre 150 obiettivi sono stati colpiti. Le valutazioni dello studio parlano di una settantina di vittime civili. Ma, dato che la Nato ha lanciato oltre 7.700 bombe o missili, ed il Times non ha esaminato i luoghi colpiti in molte altre città e villaggi che sono stati oggetto della campagna aerea, il calcolo delle vittime potrebbe essere largamente sottostimato.
La campagna aerea, che rappresenta la tecnica ormai classica di intervento occidentale in questo tipo di conflitti, è consistita in oltre 9.700 sortite contro 5.900 obiettivi, da parte di aerei di Francia, Gran Bretagna, Usa, Italia, Norvegia, Danimarca, Belgio, Canada, Qatar e Emirati Arabi Uniti. Un terzo degli attacchi aerei sarebbe stato svolto dalla Francia, il 21% dalla Gran Bretagna ed il 19% dagli Usa.
Secondo la Nato, le missioni sarebbero state di due tipi principali: gli "attacchi deliberati" che sarebbero stati prima pianificati da un centro di intelligence basato presso il comando Nato di Napoli, dove veniva compilata la lista dei bersagli, poi inoltrata ad un centro operativo presso Bologna, dove gli obiettivi venivano assegnati ai velivoli, di cui veniva opportunamente configurato il relativo carico bellico.
Vi sono stati poi i cosiddetti "attacchi dinamici", cioè realizzati a richiesta, in base ad indicazioni provenienti dagli Awacs, i velivoli di controllo elettronico tattico del campo di battaglia, che operano dal cielo come coordinamento operativo delle missioni: ben due terzi delle missioni dell'intera campagna aerea sarebbero state di questo tipo, ovviamente assai meno suscettibile di dettagliate analisi preventive.
Fino ad oggi, la Nato ha sempre smentito che vi siano stati errori, sostenendo, secondo un copione ben colladuato in Afghanistan, che sono state impiegate solo armi a guida laser o satellitare, e nessuna arma cosiddetta "muta" (della quale cioè non è localizzabile il punto di impatto), cosa che avrebbe dovuto garantire la virtuale assenza di vittime indesiderate. Per Fred Abrahams, ricercatore di Human Rights Watch, "è del tutto evidente che dei civili sono morti a causa degli attacchi Nato, ma tutta questa campagna è stata circondata da un'atmosfera di impunità", anche grazie all'evidente necessità da parte dei ribelli, poi vincitori del conflitto, di minimizzare i costi umani per il proprio popolo della guerra civile.
Ci sono ora motivi importanti di riflessione anche a carico delle Nazioni Unite, che devono valutare le implicazioni giuridiche della presenza di vittime civili come conseguenza di un conflitto promosso formalmente in difesa dei diritti umani di un popolo: tanto più quando emergono almeno tre episodi nei quali sono state colpite le abitazioni di alti ufficiali del regime di Gheddafi che sono stati in tal modo uccisi insieme alle relative famiglie, qualcosa che ricorda molto le "uccisioni mirate" cui Israele ha abituato col tempo un'incredibilmente muta opinione pubblica mondiale.