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L’Egitto dopo la “rivoluzione del 25 gennaio”

di Boris Dolgov - 21/12/2011


L’Egitto dopo la “rivoluzione del 25 gennaio”


Il primo turno delle elezioni parlamentari egiziane è stato completato. Le elezioni per l’assemblea legislativa del Paese (composta da una camera bassa, o Assemblea del Popolo, e da una camera alta, o Consiglio dellaShura – il Senato) si svolgono in tre turni: il primo dal 28 novembre al 5 dicembre; il secondo dal 14 dicembre al 21 dicembre; il terzo dal 3 gennaio al 10 gennaio 2012. In seguito, il 22 gennaio, avrà luogo l’elezione del Consiglio della Shura. La formazione del nuovo parlamento egiziano sarà completata nel marzo 2012.

Una settimana prima delle elezioni, molte città egiziane, tra cui il Cairo e Alessandria, hanno visto la nascita di nuove campagne di protesta che pretendevano la cessione del potere dal Consiglio Supremo delle Forze Armate (SCAF) alle istituzioni civili. Le proteste erano iniziate dopo che lo SCAF aveva pubblicato una bozza della Carta Costituzionale, sotto la quale l’esercito si sarebbe, di fatto, sottratto al controllo del parlamento e avrebbe conservato la supervisione sul potere. I gruppi che hanno preso parte a tali campagne di protesta erano principalmente gli stessi che avevano costretto il presidente Mubarak a dimettersi – in altre parole, i movimenti giovanili formati nel periodo della rivoluzione del 25 gennaio, ma anche alcuni dei partiti liberaldemocratici e di sinistra, e parte delle organizzazioni islamiste. Le forze principali del movimento islamista, e in primo luogo la “Fratellanza Musulmana”, si erano tuttavia dissociate dalle proteste e non avevano preso parte alle campagne.

Le manifestazioni che chiedevano l’immediato trasferimento del potere dall’esercito al consiglio presidenziale civile sono degenerate in forti scontri tra i dimostranti e le unità armate, durante i quali sono state uccise più di 40 persone e ne sono state ferite centinaia, compresi dei soldati. Tali scontri sono stati soprannominati dai mass media come “la seconda ondata della rivoluzione egiziana”. Nel suo discorso alla nazione il capo della leadership militare, maresciallo Tantawi, ha confermato la disponibilità dell’esercito a consegnare il potere alle istituzioni civili. Egli ha inoltre accettato le dimissioni del primo ministro Essam Sharaf e ha annunciato la nomina di Kamal Al Ganzouri (figura politica popolare tra gli egiziani durante il regime di Mubarak) come nuovo primo ministro. Ciò ha portato a una parziale normalizzazione della situazione.

I disordini non hanno impedito le elezioni parlamentari, che, come previsto, sono iniziate il 28 novembre. Un terzo delle province egiziane (9 su 27), comprese le città principali (il Cairo e Alessandria), hanno preso parte alle elezioni. L’evidente successo dei partiti che rappresentano l’Islam politico è il primo risultato delle elezioni. Il Partito della Libertà e della Giustizia (Hizb al-hurriya wa al-‘adala), che è il braccio politico dell’associazione della Fratellanza Musulmana, ha conquistato la maggioranza relativa dei seggi (il 40%), seguito dal partito Al-Nour (la Luce), che rappresenta il movimento islamista salafita. Le coalizioni di partiti liberaldemocratici e di sinistra hanno invece ricevuto un numero inferiore di seggi.

Dopo gli eventi del 25 gennaio, in Egitto si sono formati una cinquantina di partiti politici, a fronte dei 24 esistenti sotto Mubarak. Si sono formati anche molti blocchi e alleanze. Quindici movimenti politico-sociali, tra cui partiti liberali, secolari e centristi e organizzazioni pubbliche, così come il partito islamico sufita, si sono uniti nel Blocco Egiziano. Uno degli scopi del blocco, secondo le affermazioni dei suoi leader, è di impedire la vittoria della “Fratellanza Musulmana” alle elezioni parlamentari. Altri cinque partiti e movimenti socialisti hanno formato la Coalizione delle Forze Socialiste. Molti ex membri di quello che era il Partito Nazionaldemocratico al potere (sciolto nell’aprile 2011), che hanno ancora influenza nelle province, hanno anch’essi preso parte alle elezioni parlamentari come membri di altri partiti: il Partito Civile Egiziano, l’Unità, il Partito della Libertà, il Partito Nazionale Egiziano, il Partito per lo Sviluppo dell’Egitto. Anche nuove organizzazioni secolari come la “Coalizione della Gioventù della Rivoluzione”, “Tutti Noi Siamo Khaled Saeed”, il “Movimento Giovanile 25 Gennaio”, i “Socialisti Rivoluzionari” e l’“Associazione nazionale per i Cambiamenti” stanno cercando di giocare un ruolo più significativo nella vita politica del Paese.

I risultati del primo turno delle elezioni hanno rispecchiato in modo obiettivo la correlazione delle forze nel campo dell’Islam politico in Egitto. I leader di tale area politica sono l’associazione dei “Fratelli Musulmani”, la sua ala dei “Giovani Fratelli Musulmani” e il “Partito della Libertà e della Giustizia”, che essi hanno istituito e che è guidato da Muhammad Mursi. Anche il movimento salafita emerso dopo il collasso del regime di Mubarak ha dato vita a partiti politici, tra cui “Al Nour” (la Luce), guidato da Emad Abdel-Gafour, e Al-Asala (Autenticità), guidato dal generale Adel abd al-Maqsoud Afify. Quest’ultimo partito è sostenuto in particolare dal famoso predicatore salafita Mohamed Abdel Maksoud Afii e dallo sceicco Mohamed Hassan.

I “Fratelli” hanno costituito una propria coalizione elettorale, l’“Alleanza Democratica per l’Egitto”, nella quale hanno provato, in primo luogo, a unirsi con il movimento salafita e con alcuni partiti secolari. Le differenze di lungo corso con i rappresentanti salafiti, che sono musulmani più ortodossi rispetto ai Fratelli, e alcuni disaccordi sulla lista di candidati, hanno tuttavia portato al ritiro dei politici salafiti dall’alleanza e la loro partecipazione alle elezioni in maniera autonoma.

È degno di nota il fatto che la coalizione con il Partito della Libertà e della Giustizia (Fratellanza Musulmana) sia stata costruita non solo dai partiti che rappresentano l’Islam politico, ma anche da partiti come il Partito delle Riforme e della Rinascita, da alcuni partiti liberaldemocratici e di sinistra, come “Domani”, il “Partito Laburista”, il “Partito Liberale”, “Egitto Socialista Arabo” e “Dignità” (in arabo Karama). Quest’ultimo partito è diretto da Hamdeen Sabahi, un discepolo di vecchia data dell’ideologia nasseriana.

Gli scopi principali del partito Dignità sono la giustizia sociale e il ritorno dell’Egitto a un ruolo di primo piano nel mondo arabo musulmano. Hamdeen Sabahi intende candidarsi alla presidenza.

L’alleanza dell’Islam politico egiziano con forze liberaldemocratiche e di sinistra mostra una significativa evoluzione dottrinale della Fratellanza Musulmana. Almeno dal punto di vista dei programmi politici, le domande dei Fratelli sono quasi coincidenti con quelle di gran parte dei partiti democratici. I leader di nuova generazione dei Fratelli sono principalmente i rappresentanti d’intellettuali ben istruiti.

Il successo dei partiti che rappresentano l’Islam politico al primo turno delle elezioni parlamentari in Egitto merita una certa attenzione. Le nuove forze politiche, che si erano formate dopo la rivoluzione del 25 gennaio e che non sono legate al regime corrotto di Mubarak, godono della fiducia del popolo. È abbastanza probabile che esse riusciranno a trovare un linguaggio comune con gli intellettuali egiziani dotati di maggior esperienza nella politica del mondo arabo, e che riusciranno a costruire una società più equa basata sulle tradizioni della cultura islamica.

(Traduzione di Andrea Casati)

Fonte: Strategic culture