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Recessione non è decrescita

di Claudio Giorno - 02/01/2012

Fonte: democraziakmzero

latouchereloc 

Nei giorni di Natale e Santo Stefano non escono i giornali e così la seguitissima rubrica “Prima pagina” di Radio 3 ha preso spunto da alcune domande inevase o trattate frettolosamente nei giorni precedenti per approfondimenti e interviste. Tra i commentatori più svogliati si era distinto – secondo me – il giornalista di Famigliacristiana Alberto Chiara, che si era mostrato molto più a suo agio nel leggere con zelo i commenti incensanti di repubblica ai sacrifici imposti dal governo di oligarchi ed ammiragli che nell’accogliere i rilievi degli ascoltatori critici. Per non dire della singolare (e sospetta, visto che abita e lavora a Torino) incapacità di capire le ragioni del No Tav.

(Nessuno pretendeva che le condividesse, bastava che non ne facesse la caricatura o – almeno – che fosse in grado di spiegare, non ai Valsusini che non ne hanno alcun bisogno, ma in modo convincente agli italiani il motivi – legittimi ma non propagandistici – per cui lui è favorevole alla Grande Opera a qualunque costo).

Ma tornando alla scarsa sensibilità generale per un altromondo possibile mi è parsa emblematica la telefonata che lodevolmente è stata riproposta dal conduttore – Federico Zappi – e a cui si è scelto di chiedere una risposta che non avrebbe potuto essere più autorevole. Il che mi ha indotto a sbobinare una lunga parte della puntata per condividerla con chi è sensibile a questi temi. Di seguito la trascrizione pressoché testuale della trasmissione

***

Sono Sergio e chiamo da Modenaieri sera seguendo il tg7 di Mentana a un certo punto parlando delle previsioni Ocse il conduttore ha esclamato “ecco, siamo alla decrescita…” Ma il termine decrescita è sempre stato molto osteggiato e quando veniva citato ha sempre avuto valenze diverse rispetto a quelle che ci troveremo a vivere. Il movimento per la decrescita che è stata definita felice fa riferimento alla decrescita consapevole, mentre la decrescita di oggi è di tutt’altro segno: non sarà sicuramente felice e soprattutto non sarà una scelta.

Prende la parola Zappi: …forse l’occidente ha vissuto troppo al di sopra delle proprie possibilità, (…) nessuno ha spiegato cosa succede e questo fa scoppiare la rabbia dei cittadini che vedono salvare le banche e non i paesi, vedono salva la finanza ma non i conti, il lavoro e il futuro delle famiglie. E prendendo spunto dal nostro ascoltatore chiediamo direttamene a Serge Latouche la differenza tra decrescita e recessione:

Serge Latouche (con Luca Mercalli e Chiara Sasso) al Presidio No Tav di Borgone, ottobre 2006

Non uso mai la parola decrescita per parlare la recessione che al massimo si può dire che è una decrescita forzata, perché la decrescita non è la “crescita negativa”che è in una società basata sulla crescita la cosa più terribile al mondo, perché fa aumentare la disoccupazione, non ci sono più le risorse per pagare la salute, l’educazione, la cultura ecc. e questa è appunto la situazione tragica che viviamo oggi. Per questo dico sempre che non c’è niente di peggio di una “società di crescita” senza crescita. La società di crescita con la crescita all’infinito ci porta direttamente a fracassarci contro “il muro” dei limiti del pianeta, ma la società di crescita senza crescita porta alla disperazione. Per questo dobbiamo uscire da questa logica, dal paradigma della crescita per la crescita infinita.

Ecco come si deve affrontare questa crisi?

Naturalmente non è una cosa facile. Dico sempre che non si farà senza lacrime, sangue e sudore, ma sangue e sudore e le lacrime oggi le abbiamo già e abbiamo anche perso la speranza. Almeno il progetto di decrescita può creare la speranza e andare verso quello che il mio collega inglese chiama “una società di prosperità senza crescita e che io preferisco chiamare una società di abbondanza frugale (che sarà il titolo del mio prossimo libro che uscirà in gennaio)

Ma in cosa consiste? Ci dia da economista qualche elemento concreto:

E’ un cambiamento radicale di sistema perché il nostro attuale è basato sulla accumulazione illimitata per “la crescita che deve far crescere”  non per soddisfare i bisogni; perché prima di tutto si deve far crescere all’infinito i bisogni per giustificare la produzione illimitata e il consumo illimitato e naturalmente si dovrà produrre meno ma produrre meglio e soprattutto eliminare lo spreco incredibile che ne deriva.

Ciò che è capitato a Aigion, vicino a Patrasso in questi ultimi mesi, è stato un tentaivo di ritornare a una economia del baratto; l’hanno chiamata filikea economia (economia amica). Questa esperienza va nella direzione della decrescita?

Non conosco l’esperienza. Può andare in questo senso come tutte le esperienze che vogliono recuperare l’autonomia. Questa sarà la cosa più importante nei prossimi anni per le comunità: ritrovare la capacità di sopravvivere e anche di vivere bene ma senza essere tossicodipendenti del sistema del mercato mondiale

E in questo senso qual è il suo giudizio rispetto all’euro? L’euro sembra molto pilotato dalla Banca Centrale Europea e forse non lascia molta autonomia ai singoli stati però d’altra parte ci consente di stare in un sistema più ampio di quello semplicemente nazionale il che porta notevoli vantaggi. Lei che ne pensa?

Penso che non c’è nessuna speranza con l’euro perché i tedeschi non rinunceranno mai a fare dell’euro una moneta della quale i cittadini non possono riappropriarsi. Loro vogliono che sia totalmente nelle mani della BCE e che questa banca sia indipendente e in questo quadro non si può fare niente perché non si può difendere il  tessuto industriale europeo perché l’Europa ha senso solo se si costruisce per proteggere i cittadini europei e la concorrenza sfrenata del resto del mondo…

Mi scusi se la provoco, ma questa idea della decrescita non è una idea crepuscolare da fine impero? Dobbiamo lasciarci convincere dal fatto che la Cina. Il nuovo impero. Le potenze in crescita si prenderanno la nostra economia. Le nostre industrie…

Sicuro viviamo un’età di fine dell’impero di occidente, ma la Cina oggi fa parte dell’occidente e la fine dell’occidente sarà anche la fine della Cina sotto questa forma perché quando nave affonda anche se coloro che stanno sulla prua per un momento salgono in alto finiscono poco dopo anche loro sott’acqua.

La sua idea ha preso piede in tante parti dell’Europa. Anche in Italia c’è un movimento che ha una definizione leggermente diversa: parla di felicità della decrescita. E’ esattamente quello che pensa o c’è qualcosa di diverso?

Alcuni economisti della felicità della decrescita hanno dimostrato che non c’è correlazione tra il Prodotto Interno Lordo e la Felicità. Al contrario la New Economy Foundation ha stabilito un indice da cui sembra che i paesi con la felicità siano  la Repubblica Domenicana ecc. e cioè i paesi tra quelli considerati più poveri e al contrario gli USA sono al rango 150…e allora…

Ho appena raccontato quale è stata la crisi in Italia che ha portatao anche a un cambio  di Governo e quindi l’Europa in qualche modo si è fatta garante del nostro debito e ha fatto si che l’Italia si rimettesse in pista…

Il debito non sarà mai pagato, Non serve aiutare a pagare il debito: si deve cancellare il debito e partire verso un’altra direzione: Tutti gli economisti lo sanno da anni che questo debito che è diventato gigantesco non sarà mai pagato. Ma il problema è che siccome vogliono continuare con questa economia da casinò si deve fare finta che sia ancora credibile che sia pagato e allora si deve “aiutare” i paesi a pagare non il debito ma gli interessi sul debito per continuare a fare finta, ma quasto non può durare ancora per molto tempo.

Alcuni sostengono che conviene guidare una bancarotta, una sorta di Modello Argentina

Ci sono molte esperienze di riconversione del debito. Anche recentemente l’Equador ha deciso di fare un audit e di pagare solo il 40-50% considearato come un debito giusto, giustificato e penso che è sia la prima cosa da fare.

Ma è serio per uno stato “chiedere uno sconto”, di fatto dimezzare il debito che ha nei confronti di altri stati?

Nella storia ci sono tantissimi casi di bancarotta, già da Carlo V nel ‘500. allora…E’ la condizione per risanare l’economia e risanare la società!

Bene, la ringrazio moltissimo

Grazie altrettanto