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La telefonata da Berlino

di Francesco Mario Agnoli - 03/01/2012

   L'aspetto più preoccupante della notizia dello Wall Street Journal a proposito della telefonata della  cancelliera Merkel al presidente  Napolitano per una sollecita sostituzione  di Berlusconi  in quanto dal punto di vista dell'Europa inadeguato al ruolo di presidente del Consiglio è che sia sembrata del tutto attendibile  fino alla smentita ufficiale di Roma e di Berlino.
   In realtà  queste smentite, proprio perché inevitabili, lasciano il tempo che trovano, tanto più quando, come in questo caso quella del governo tedesco, appaiono formulate in  termini piuttosto sfumati e tutt'altro che convincenti. Tuttavia anche a prestare  la massima fede alla smentita italo-germanica resta il fatto che la notizia  è  apparsa e continua ad apparire  perfettamente verosimile. E non tanto perché nel mese di ottobre una telefonata, quale che ne fosse il contenuto, vi è realmente stata, quanto per le modalità con  le quali in Italia si è proceduto all'avvicendamento fra un presidente del consiglio scelto dagli elettori e uno  comparso sulla scena come un coniglio estratto dal cappello di un abile prestigiatore.
   Dal momento che, come tanti altri, ho preso fin dall'inizio posizione contro il governo tecnico, per non esser sospettato di parzialità nella descrizione degli eventi mi riporto  alle valutazioni-descrittive   di un giornalista-politologo politicamente corretto e perfettamente allineato e coperto  come Ernesto Galli della Loggia nell'editoriale “La debolezza dei partiti” pubblicato sul Corriere della  Sera del 28 dicembre.
   L'articolo si apre col riconoscimento che non vi è stata nessuna sospensione della democrazia e abbonda di  apprezzamenti favorevoli all'intervento del Capo dello Stato, ma  riconosce che, per quanto giustificata dalla gravità della situazione, si è trattato di un'azione “dai tratti oggettivamente estremi”. Difatti  in questa crisi di governo è stato “assolutamente determinante” il ruolo giocato dal presidente della Repubblica, che  mentre era ancora formalmente in carica il ministero Berlusconi,  “nominando senatore a vita il professor Monti - prima ancora che avesse inizio qualunque consultazione con i gruppi parlamentari, per il momento ancora detentori formali  del potere di convalida - ha reso evidentissime le proprie intenzioni e la propria designazione”.  Di conseguenza i partiti, politicamente impossibilitati a rifiutare il proprio sostegno al presidente così designato e al suo governo, sono stati posti “di fronte al fatto compiuto”. Per carità, nessuna violazione  della legalità costituzionale,  ma  applicazione di quella “Costituzione materiale sempre più  lontana dallo  schema disegnato nella nostra Carta costituzionale”. Pur se è vero - riconosce l'illustre politologo -  che le regole della Costituzione materiale hanno “un rapporto sempre più problematico con la Costituzione scritta”.
     Insomma il ricorso  “a procedure così insolite”  può ben lasciare intravedere sullo sfondo un altrettanto insolito  intervento  della cancelliera tedesca, del resto tutt'altro che aliena dal considerare  l'Unione europea (e, di conseguenza, i paesi membri) una turbolenta appendice della Germania e l'euro un  duplicato del marco, e per di più, tutt'altro che soddisfatta della presidenza Berlusconi, come hanno fatto capire a tutto il mondo i sorrisetti scambiati con Sarkozy (anche quelli a suo tempo ufficialmente e debitamente smentiti).Un sospetto rafforzato dal fatto che  se avesse dovuto suggerire un nome la Merkel, non  più disponibile Mario Draghi, avrebbe certamente  fatto quello di Mario Monti.