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Spagna: il ritorno delle pesetas

di Sara Santolini - 10/01/2012


La vecchia moneta nazionale come rifugio dalla crisi economica. È questo che dal primo ottobre dello scorso anno, e sicuramente fino alla fine di gennaio, stanno sperimentando a Salvaterra de Miño, in Galizia, dove è possibile fare compere in pesetas, piuttosto che in euro, beneficiando dello stesso tasso di cambio utilizzato al momento dell’introduzione della moneta unica.

A dieci anni dalla sua nascita, l’euro traballa a tal punto che il suo salvataggio è al centro di tutta una serie di proposte e controproposte finanziarie che mettono in difficoltà i rapporti tra gli Stati membri dell’Ue. Eppure la moneta unica non gode affatto della simpatia degli europei. Che l’introduzione dell’euro non abbia portato alcun beneficio alla popolazione lo pensa infatti buona parte dei cittadini. Anche e soprattutto gli spagnoli (per il 70%). L’aumento dei prezzi, molto più forte di quello dei salari, ha eroso il reddito mettendo a dura prova la tenuta economica e sociale e adesso, che la crisi sta diventando ancora più aspra, qualsiasi modo per recuperare il valore della moneta è ben accetto. Così si spiega il grande affluire di clienti a Salvaterra dove una cinquantina di commercianti hanno deciso di aderire alla “operazione peseta” e di accettare la vecchia moneta nazionale.

Solo pochi anni fa questa località prometteva bene, in termini economici. Oggi invece rappresenta il classico esempio delle previsioni di sviluppo che non si avverano. Si prefigurava la realizzazione di un “pentagono industriale”, che avrebbe attratto aziende del calibro di Mitsubishi e Psa Peugeot Citroën, e nel contempo si costruiva a tutto spiano per i lavoratori che sarebbero “necessariamente” arrivati. Poi è sopravvenuta la crisi e il progetto è rimasto tale. Tanto per ribadire che lo sviluppo infinito non è possibile - cosa che dovrebbero ricordare tutti i costruttori e similari, primi tra tutti i sostenitori della Tav che prevedono (Dio sa come) che in un non meglio precisato futuro la crescita renderà necessaria l’Alta Velocità.

In questa atmosfera di recessione la vecchia peseta è diventata una vera e propria manna. Qui, infatti, l’iniziativa è più che ben riuscita. I piccoli esercizi commerciali, che soffrono la concorrenza della vicina cittadina portoghese di Monçào, hanno visto affluire denaro contante nelle loro casse mentre i clienti, provenienti da tutto il Paese, hanno avuto la possibilità di tirare fuori dal cassetto le vecchie banconote, e godere del vecchio tasso di cambio che ne ha reso conveniente l’uso. I negozi, che danno il resto ai clienti in euro e trattengono le pesetas per poi versarle alla Banca di Spagna, finora ne hanno accumulate già un milione, che sono tante ma che rappresentano poca cosa se si pensa che in giro per il Paese ce ne sono, sulla base del vecchio controvalore di 166,386, almeno per 1,7 miliardi di euro.

Il successo dell’iniziativa, la cui conclusione viene continuamente rimandata, solleva una serie di domande sull’opportunità di tornare alla moneta nazionale per le economie europee in maggiore difficoltà economica. Ameijeira Rivas, uno dei commercianti coinvolti nell’iniziativa, ha però dichiarato: «La nostra intenzione era quella di stimolare le vendite, e non far credere che tornare alla peseta sia bello e facile». Certo che non lo è. Ma non bisogna dimenticare che, ad esempio, il 10 novembre scorso l'economista Nouriel Roubini, uno dei pochi ad aver previsto la crisi, ha dichiarato al Financial Times che la vera medicina per l'Italia sarebbe quella di uscire dall'unione monetaria. E di ripartire dalla vecchia lira.