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Il mago coi cilindri rotti

di Gianni Petrosillo - 11/01/2012


 

marchionne03gChe la piccola utilitaria di Fiat, la 500, retrò sia nell’eleganza che nell’efficienza, potesse correre e vincere sul mercato statunitense era un una fantasia alla quale credevano soltanto i tappetini della stampa e della politica nostrana, i quali si sono lasciati abbagliare da Marchionne per timore di essere accecati  dal faro di Obama. Quest’ultimo ha investito molto sull’Ad del Lingotto, non tanto per salvare Chrysler ma per mettere le ganasce ad un’Italia apparsa troppo spericolata e fuori controllo sulle piste internazionali, con Berlusconi che si recava in Lada alla dacia di Putin. Ovvio che nessuno desidera un frontale con l’Hammer di Washington per paura di rimetterci il telaio e la carrozzeria ma oliare così spudoratamente le qualità dell’uno per compiacere l’altro denota nessuna dignità professionale. Poiché alla Casa Bianca non bastava un cavallo di Troia per entrare a Roma, Obama si è affidato a tutto il “cavallaggio” della casa torinese. In tal maniera, giornalisti di tutte le “testate”, esperti di ogni sterzata e leader partitici di varie metallizzazioni si sono riverniciati d’accondiscendenza e si sono prodotti in esaltazioni accelerate dell’italo-canadese che dimostrava sicurezza sul lavoro ed affidabilità nella vita privata, con quel pullover così sobrio ed elegante come un coprisedile, precorritore dei tempi del loden e della Redenzione Morale. Ma il ceo di Chieti, divoratore di operai e sindacati, fagocitare di accordi e di contributi di Stato, serbatoio di pensieri e catalizzatore di speranze irrealizzabili, da buon superdotato con uno scappamento abnorme di chiacchiere e di promesse, ha ammesso di aver fatto una grande cazzata. Scegliere di volare negli Usa con una autovettura che gli americani avrebbero visto bene in giardino con i sette nani è stata una mossa da ubriachi al volante. Se il celebrato talento dell’automobile fa adesso retromarcia mostrando un po’ di finta resipiscenza ed annunciando la sua rottamazione per il 2015, i marmittoni decerebrati dei mass media italiani, nonostante la sportellata in faccia ed il fumo alzato in tutti questi mesi, provano ancora a nascondere l’incidente che potrebbe segnare la definitiva  scomparsa del marchio piemontese oltreoceano. Il colpo sarà difficilmente ammortizzato anche perché il Mago Marchionne ha il cilindro rotto come i cilindri dei suoi macinini che si scassano durante i lanci pubblicitari. Meglio dunque riporre tutti i sogni nel bagagliaio e scendere con i piedi per terra. Ma, soprattutto, ora che è chiaro a tutti che Marchionne non è della stazza declamata, sarà opportuno chiedere seriamente conto dei 20 miliardi d’investimento da lui  assicurati per rilanciare gli stabilimenti nel nostro Paese e di cui non si è vista ancora alcuna traccia. Costui starà pure tentando di rilanciare la panda ma i nostri connazionali non hanno nessuna intenzione di diventare una specie in via di estinzione industriale.

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Mi si permetta una piccola digressione dall’argomento ma questa volta colgo volentieri l’occasione per ridicolizzare certa stampa di destra rozza ed ignorante fino all’inverosimile. Ieri, in un editoriale su il Giornale, il direttore Alessandro Sallusti ha affermato che la Lega ha tradito i suoi ideali ed il suo elettorato, composto da pensionati e lavoratori del nord, per aver investito quattro milioni di euro in un fondo della Tanzania. Scrive Sallusti: “Il gruzzolo dei padani affidato agli immigrati”. Caro Sallusti, in questo caso gli immigrati sono i leghisti che hanno portato i loro capitali nelle banche di quel lontano paese. Oppure credi forse che tutti quelli che hanno la pelle scura, oltre ad avere l’anello al naso, sono pure allogeni nella propria terra d’origine? E se Bossi&C. avessero esportato i loro averi negli Usa avresti avuto il coraggio di chiamare immigrati i tuoi padroni mondiali? Razzismo di bassa lega piuttosto che della Lega.