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Project financing: la privatizzazione delle galere

di Fabio Polese - 25/01/2012

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“Project financing per la realizzazione di infrastrutture carcerarie”, è questo il nome del provvedimento che permetterà ai privati di costruire le nuove prigioni e, ad esclusione delle guardie carcerarie, di gestire l’intere infrastrutture.
Nel primo punto dell’articolo 44 del decreto liberalizzazioni si legge: “Al fine di realizzare gli interventi necessari a fronteggiare la grave situazione di emergenza conseguente all’eccessivo affollamento delle carceri (…). Con decreto del Ministro della giustizia, di concerto con il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti e dell’economia e delle finanze, sono disciplinati condizioni, modalità e limiti di attuazione di quanto previsto nel periodo precedente, in coerenza con le specificità, anche ordinamentali, del settore carcerario”.
Le prigioni sono sovraffollate? Benissimo (si fa per dire…), facciamone altre. Ma come? Ovviamente privatizzandole e con lo zampino delle banche. Le banche? Esattamente così, nel terzo punto dell’articolo viene riportato: “Il concessionario nella propria offerta deve prevedere che le fondazioni di origine bancaria contribuiscano alla realizzazione delle infrastrutture di cui al comma 1, con il finanziamento di almeno il 20 per cento del costo di investimento”.
In poche parole, anche le banche, saranno “costrette” a spartirsi il malloppo. Ma il malloppo, da dove deriva? Così viene specificato nell’articolo 2: “Al fine di assicurare il perseguimento dell’equilibrio economico – finanziario dell’investimento, al concessionario è riconosciuta, a titolo di prezzo, una tariffa per la gestione dell’infrastruttura e per i servizi connessi, a esclusione della custodia, determinata in misura non modificabile al momento dell’affidamento della concessione, e da corrispondersi successivamente alla messa in esercizio dell’infrastruttura realizzata ai sensi del comma 1”. In breve, il malloppo è formato da denaro pubblico. Trasformando la detenzione in un business, l’investitore avrà tutto l’interesse affinché le carceri siano sempre piene e ci sia una maggiore repressione.
Ovviamente, non ci può essere la sicurezza che la privatizzazione equivalga ad un maggior numero di detenuti ma, l’industria delle carceri private, che negli Stati Uniti esiste da tempo, ha portato alcuni giudici a farsi corrompere, ricevendo tangenti da parte di imprese costruttrici e proprietari. Mentre tutto questo accade nel silenzio dei media mainstream, la situazione carceraria italiana è al collasso. Sull’eccessivo affollamento degli istituti penitenziari, andrebbe anche chiarito il perché, su quasi 70.000 reclusi, solo 37.000 hanno una condanna definitiva, mentre gli altri, stanno ancora aspettando i lunghi iter burocratici della “giustizia” (privatizzata?) italiana.