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Celentano, facile fare il populista col canone degli altri

di Vincenzo Sparagna - 01/02/2012

Fonte: Gli Altri

http://blog.panorama.it/italia/files/2010/10/celentano-large.jpg


Tanti anni fa, quando l’Italia era un paese rovinato dal fascismo e politicamente congelato dalla guerra fredda, ma vivo di speranze e impegnato nella sua ri/costruzione civile, le figure intellettuali che illuminavano la nostra società si chiamavano Croce, Gramsci, Pasolini, Rodano, Bobbio. Oggi, in un’Italia devastata da venti anni di berlusconismo e bipolarismo, con il futuro ridotto a zero da una crisi strutturale del sistema che inquina anche i cervelli, i nuovi intellettuali alla moda sono teste vuote, voci senz’anima, affaristi del vaffanculo, barzellettieri di regime.

Così siamo bombardati ogni giorno dalla retorica patriottarda dell’ex piccolo diavolo Benigni, dalle senili banalità dell’ex giullare Dario Fo, dai disonesti comizi dell’ex craxiano Giuliano Ferrara, dalla pseudosatira scatologica dell’ex stalinista Vauro, insomma da “mostri” che metterebbero di malumore anche Dino Risi.

Una delle più importanti figure di questa apocalisse culturale è senza dubbio Adriano Celentano. I suoi celebri monologhi televisivi sono minestroni di ovvietà, stupidaggini allo stato gassoso, ammiccamenti silenziosi al nulla, pseudodissenso privo di senso. Fossero gratuite, le sue esibizioni parafilosofiche sarebbero già insopportabili. Invece per essere presente al prossimo Festival di Sanremo l’ex cantante rock, oggi guru degli imbecilli, prenderà 300 mila euro (di soldi pubblici) a serata, l’equivalente in venti minuti di venti anni di salario di un povero cristo qualsiasi (e non conta il fatto che li darà in beneficenza). È la dimostrazione che il pensiero dominante non è più né forte, né debole, ma molleggiato, anzi disgustosamente molle.