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The Borneo legacy: Beccari, Brooke, Salgari

di Valerio Zecchini - 07/02/2012

Fonte: Area

 http://upload.wikimedia.org/wikipedia/commons/7/73/Sir_James_Brooke_(1847)_by_Francis_Grant.jpg

In un film di oltre un decennio fa(Teste di cocco di Ugo Fabrizi Giordani,2000), Alessandro Gassman, Gian Marco Tognazzi e Manuela Arcuri viaggiano per il Borneo alla ricerca dei luoghi salgariani; a un certo punto s’imbattono nell’attore Philippe Leroy, che nella celeberrima serie televisiva “Sandokan” interpretava Yanez, riciclatosi come guida turistica. Leroy li fara’ vivere per qualche giorno in mezzo agli indigeni  dell’interno(Dayak, i famigerati ex tagliatori di teste) e gli fara’ conoscere le loro usanze, le loro “longhouses”, il loro cibo, le loro danze rituali – ma ovviamente e’ tutto finto, una messinscena per turisti appunto. La maggioranza dei Dayak di oggi vive nei condomini e fa shopping nei centri commerciali.

Questa divertente commedia senza pretese ha il merito di mostrarci come il Borneo, luogo il cui nome un tempo era sufficiente ad evocare (perlomeno in una mente occidentale) pericolo, avventura, natura selvaggia e incontaminata, sia oggi una meta turistica come tante altre, per nulla remota o inaccessibile. E’ la triste constatazione della scomparsa di ogni forma di esotismo da questo mondo.

Tuttavia, nonostante la modernizzazione galoppante, il Borneo rimane un luogo unico, la cui affascinante storia e’ quasi sconosciuta in Italia benche’ uno dei suoi maggiori esploratori sia stato un fiorentino, il botanico Odoardo Beccari. Il futuro di questa enorme isola (la quarta piu’ grande del mondo) probabilmente la vedra’ al centro dello sviluppo economico in Asia, grazie al progetto di “corridoio energetico del Borneo”. Questo progetto congiunto tra Malesia e Cina ottimizzera’ lo sfruttamento delle risorse di gas e petrolio di cui l’isola e’ ricchissima e dara’ lavoro a migliaia di persone. Secondo  Taib, governatore del Sarawak (uno dei due stati del Borneo  appartenenti alla federazione malese, l’altro e’ Sabah), nel prossimo decennio questa impresa quintuplichera’ il reddito pro capite dei cittadini del suo stato.

Il presente documentario vuole approfondire la “connessione italiana” nella storia del Borneo, ma si propone di farlo tramite la formula del viaggio, con una narrazione “on the road” che metta in evidenza gli aspetti interessanti del Borneo attuale da un punto di vista etnico, geografico, politico; e piu’ che di documentario nel senso tradizionale del termine si tratta di un metadocumentario o, se si vuole, di docu-fiction, in quanto la “guida” e’ un esule italiano, il sottoscritto – il quale conosce ormai a menadito i luoghi e le situazioni che si andranno  ad analizzare e ne ha scritto in diversi articoli per vari quotidiani italiani. Chi meglio di un esule puo’ parlare di altri esuli volontari come Odoardo Beccari o James Brooke o di quell’altro esule in patria che fu Emilio Salgari, il quale fu praticamente costretto al suicidio da quelle canaglie e avvoltoi dei suoi editori?

Il documentario seguira’ dunque il viaggio dell’esule-guida il quale tocchera’ le quattro capitali del Borneo, ma sara’ comunque aperto a qualsiasi digressione (geografica, culturale, culinaria e quant’altro): si partira’ quindi da Kota Kinabalu, capitale dello stato malese di Sabah (gia’ colonia britannica) dove intervisteremo Yee-I-Lann, sicuramente la piu’ innovativa artista malese di oggi e anche la piu’ quotata; si continuera’ nel sultanato del Brunei per una full immersion di glamour islamico, per poi approdare a Kuching (capitale del gia’ menzionato Sarawak), la citta’ fondata da james Brooke; infine si arrivera’ nella misteriosa Pontianak(gia’ colonia olandese).

La tappa principale sara’ ovviamente Kuching che conserva ancora intatti,nella magica atmosfera del suo lungofiume e nel Museo del Sarawak, tanti ricordi della dinastia Brooke, la quale domino’ il Sarawak per piu’ di cento anni, dal 1841 al 1946 (con la breve parentesi dell’occupazione giapponese). Si tratta di un caso unico nella storia del colonialismo: un regno privato, di notevoli dimensioni, che Brooke fondo’ grazie alla sua astuzia politica e che poi difese strenuamente con una decisa lotta alla pirateria, domando le ribellioni interne dei Dayak inglobandoli progressivamente al suo dominio e infine umiliando in battaglia il suo arcinemico, il sultano del Brunei. Altra anomalia storica: cerco’ di governare, per quanto possibile, col consenso delle etnie locali e nel rispetto delle loro usanze e credenze(fatta salva la barbara usanza della caccia alle teste, che non fu facile da estirpare). Nonostante il suo regno fosse appunto indipendente dalla corona inglese, il “raja bianco” divento’ uno dei miti dell’impero britannico, alla stregua di Francis Drake, del capitano Cook, dell’ammiraglio Nelson – e tuttora la sua leggenda vive , lo testimoniano il persistere degli studi storici e le biografie che continuano ad uscire numerose; a questo proposito intervisteremo gli eminenti studiosi australiani John Henry Walker  e Bob Reece, specialisti dei raja bianchi. E mentre appunto esiste una bibliografia immensa su Brooke e la sua dinastia in lingua inglese (oltre ad aver ispirato romanzieri come Joseph Conrad e, alla lontana, il colonnello Kurtz di “Apocalypse now”), incredibilmente l’unico che ne ha scritto in italiano e’ stato Emilio Salgari, che ne fece l’antagonista di Sandokan nel ciclo dei “Pirati della Malesia”. Brooke fu il solo personaggio realmente esistito dei suoi romanzi, ma e’ un personaggio sorprendentemente somigliante al vero raja bianco, tratteggiato con rara maestria e profondita’ psicologica. 

L’unica traccia di Odoardo Beccari nella Kuching di oggi e’ l’ottimo ristorante italiano a lui intitolato, che all’interno esibisce varie foto d’epoca dell’esploratore. Egli arrivo’ nella capitale del Sarawak nel 1865, grazie a una lettera di raccomandazione del raja bianco (che aveva conosciuto in un salotto londinese) e vi risiedette per un paio d’anni.  Visse in una capanna nei dintorni di Kuching a stretto contatto con I Dayak, e catalogo’, per primo, tutta la flora e la fauna allora esistente nella zona. Pubblico’ poi i risultati di questi studi su varie riviste geografico-scientifiche, che Salgari compulsava avidamente – e tali conoscenze indirette costituivano poi la base  per le ambientazioni dei romanzi di quest’ultimo.  La relazione di Beccari con i discendenti di Brooke continuo’ per tutta la vita, anche perche’ essi furono spesso in vacanza in Italia. Famoso in tutta Europa da vivo per le sue importantissime esplorazioni e ricerche scientifiche in mezzo mondo, Beccari e’ oggi quasi dimenticato nel suo paese d’origine.

Oggi  Kuching, che in malese significa gatto, e’ anche la capitale mondiale dei cultori di questo enigmatico e simpatico felino: la citta’ e’ disseminata di statue e sculture di gatti, e c’e’ perfino il Museo del Gatto, il quale ospita tutto cio’ che di artistico e scientifico ha a che fare con questo animale, nonche’ congressi di appassionati e collezionisti di gatti di razza da tutto il mondo. L’esule-guida, esperto gattofilo e felinomane, dialoghera’ col direttore del museo. Altro incontro imprescindibile sara’ quello con Shal Sagan, cantante e compositrice punk-pop che e’ senz’altro cio’ che di meglio offra oggi il panorama musicale malese, e cercheremo di filmare una sua esibizione dal vivo. Tenteremo inoltre di sciogliere un singolare enigma di carattere etno-antropologico, di nuovo connesso con l’Italia e in particolare con la Puglia: come mai la gran maggioranza dei Dayak assomiglia in maniera impressionante a Nichi Vendola?

Un’ulteriore peculiarita’ del viaggio-documentario riguarda gli studi di genere: in Malesia, Brunei e Indonesia, stati a larga maggioranza musulmana, la sodomia e’ ufficialmente un reato punibile con vari anni di carcere. Ma e’ soprattutto un’arma politica: Anwar Ibrahim, capo dell’opposizione in Malesia, e’ attualmente sotto processo (per la seconda volta!)per questo reato; ma come accade in ogni paese musulmano, la realta’ contraddice la legge e l’omosessualita’ e’ assai diffusa, anche a causa dell’impossibilita’ dei rapporti pre-matrimoniali – la verginita’ fino al matrimonio e’ sacra.

Ironia della sorte, James Brooke era omosessuale – anche se di quel tipo di omosessualita’ guerriera di discendenza spartana- e nello stato da lui fondato attualmente l’omosessualita’ e’ fuorilegge. Di fatto invece esiste anche una vasta popolazione di travestiti, piu’ o meno inserita nella vita sociale e solo in parte dedita alla prostituzione.

In estremo oriente, la legittimazione sociale del travestito ha origini remote: in Cina, risale ai primordi dell’Opera di Pechino, dove I cantanti en travesti si chiamavano “tan”. In Giappone, alle origini del teatro No, in cui gli attori in abiti femminili erano detti “onnagata”. La nascita del travestitismo in ambito pubblico era quindi dovuta alla proibizione per le donne di cantare o recitare sul palco di un teatro, e dunque il vestirsi da donna veniva a connotarsi come un’arte, o meglio una disciplina artistica fortemente regolamentata. In Borneo ma anche in altre regioni del sud-est asiatico, il travestitismo ha invece origini sciamaniche: il cosiddetto “manang bali” era il dottore e il prete del villaggio ed era a tutti gli effetti  quello che noi oggi consideriamo  un individuo transgender. La sua funzione era quella di mediare le relazioni della comunita’ con il soprannaturale, in particolare diagnosticando ed espellendo le cause soprannaturali delle malattie, e di cio’ abbiamo testimonianza da vari reperti etnografici presenti nel Museo del Sarawak. Come dice Brooke nei suoi diari parlando dei Bugis del Sulawesi (Indonesia), esistevano poi travestiti di rango inferiore (maschi ma anche femmine)”devoti comunque per tutta la vita alle occupazioni e alle finalita’ del loro sesso adottato…di solito prendono un marito, che e’ generalmente un vedovo, e ne accudiscono I figli. Sono trattati col rispetto dovuto a una donna, e non vanno in guerra con gli altri uomini”. Rispetto che evidentemente, nonostante lo stigma dell’Islam, persiste tuttora almeno in minima parte. L’esule-guida si addentrera’ anche nei meandri di questo universo semi-clandestino, accompagnato da un individuo transgender locale in incognito (spesso mascherato), col fine di penetrare l’essenza di quella che Pasolini chiamo’ “la funzione sacra dell’omosessualita’”.