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L’Esercito Siriano Libero è comandato dal governatore militare di Tripoli

di Thierry Meyssan - 12/02/2012

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A favore della “Primavera araba” e degli interventi della NATO, ufficiali o segreti, il Qatar tenta d’imporre ovunque possa dei dirigenti islamisti.

Questa strategia lo ha portato non solo a finanziare i Fratelli Musulmani e a offrir loro Al-Jazeera, ma anche a sostenere i mercenari di al-Qa’ida.

Questi ultimi ormai  inquadrano l’Esercito Siriano Libero. Tuttavia, tale evoluzione desta vive inquietudini in Israele e in seno ai sostenitori dello “scontro di civiltà”.

 

 


 I membri del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite si confrontano sull’interpretazione da dare agli eventi che funestano la Siria. Per la Francia, il Regno Unito e gli Stati Uniti, una rivoluzione scuote il paese, sulla scia della “primavera araba“, ed è oggetto di una sanguinosa repressione. Per contro, per la Russia e la Cina, la Siria sta affrontando bande armate i provenienza straniera, che combatte maldestramente causando vittime collaterali tra la popolazione civile che sta cercando di proteggere.

 

L’inchiesta che Réseau Voltaire ha condotto sul posto convalida questa seconda interpretazione [1]. Abbiamo raccolto testimonianze dirette dei sopravvissuti agli attacchi di questi gruppi armati. Descrivono certi aggressori come iracheni, giordani o libici, riconoscibili dal loro accento, così come anche dei pashtun.

 

Negli ultimi mesi, alcuni giornali arabi, favorevoli al governo di al-Assad, hanno evocato l’infiltrazione in Siria di un numero che va da 600 a 1500 elementi del Gruppo islamico combattente in Libia (GICL), ridenominato da Novembre 2007 al-Qai’da in Libia. A fine novembre, la stampa libica ha riferito del tentativo, da parte delle milizie di Zintan, di arrestare Abdelhakim Belhaj, un sodale di Osama bin Laden [2], leader storico di al-Qa’ida in Libia, divenuto governatore militare di Tripoli per grazia della NATO [3]. La scena ha avuto luogo presso l’aeroporto di Tripoli, mentre partiva per la Turchia. Infine, dei giornali turchi hanno citato la presenza di Belhaj alla frontiera turco-siriana.

Questi capi d’accusa si scontrano con l’incredulità di tutti coloro per i quali al-Qai’da e la NATO sono nemici irriducibili, fra i quali non può esservi cooperazione alcuna. Ben al contrario, corroborano la tesi che io difendo a partire dagli attentati dell’11 settembre 2001, secondo cui i combattenti etichettati al-Qa’ida sono mercenari utilizzati dalla CIA [4].

 

 

Chi ha ragione?

Per una settimana il quotidiano monarchico spagnolo «ABC», ha pubblicato a puntate il documentario del fotografo Daniel Iriarte. Questo giornalista è vicino all’Esercito Siriano Libero (ESL) nel nord del paese, in corrispondenza del confine turco. Ha fatto sua la causa della “rivoluzione” e non trova mai parole abbastanza forti contro il “regime al-Assad“.

L’Esercito Siriano Libero sarebbe formato da più di 2000 uomini, secondo il loro leader politico, il colonnello Riyad al-Asaad, di poche centinaia seconda le autorità siriane [5].

Tuttavia, nell’edizione datata sabato 17 Dicembre 2011, Daniel Iriarte testimonia di un incontro che l’ha scioccato. Mentre i suoi amici dell’ESL lo conducevano in un nuovo nascondiglio, si è ritrovato con degli strani ribelli: tre libici [6].

 

mahdi al-Harati

Mahdi al-Harati, comandante della Brigata di Tripoli, si è dimesso dalle sue funzioni di numero 2 del Consiglio militare di Tripoli per andare a inquadrare l’Esercito Siriano Libero.

 

Il primo di loro era Mahdi al-Harati, un libico che aveva vissuto in Irlanda prima di unirsi ad al-Qa’ida. Alla fine della guerra di Libia, è diventato il comandante della Brigata di Tripoli, e poi il numero 2 del Consiglio militare di Tripoli diretto da Abdelhakim Belhaj. Si è dimesso da questa funzione, secondo alcuni, perché era venuto in conflitto con il Consiglio nazionale di transizione, mentre a detta di altri perché voleva far ritorno in Irlanda, da cui proviene sua moglie [7]. In realtà, ha raggiunto la Siria.

Ancora più strano: questo membro di al-Qa’ida si trovava, nel giugno dell’anno scorso, in mezzo ai militanti filo-palestinesi a bordo imbarcati nella nave turca Mavi Marmara. Agenti di molti servizi segreti, specie degli Stati Uniti, si erano infiltrati nella “Freedom Flotilla” [8]. Fu ferito e tenuto prigioniero per nove giorni in Israele.

Infine, durante la Battaglia di Tripoli, Mahdi al-Harati ha comandato il gruppo di al-Qa’ida che ha assediato e attaccato l’hotel Rixos, dove mi trovavo con i miei compagni di Réseau Voltaire e della stampa internazionale, e i cui sotterranei erano utilizzati come rifugio per i leader della Jamahiriya libica, sotto la protezione della guardia di Khamis Gheddafi [9]. Secondo quest’ultimo, Mahdi al-Harati beneficiava dei consigli di ufficiali francesi, presenti sul terreno.

Il secondo libico incontrato dal fotografo spagnolo nell’Esercito siriano libero, non è altro che Adem Kikli, un altro luogotenente di Abdelhakim Belhaj. Infine, Daniel Iriarte non è stato in grado d’identificare il terzo libico, che veniva chiamato Fouad.

Questa testimonianza collima con quel che i giornali arabi anti-siriani dichiarano da diverse settimane: l’Esercito siriano libero è inquadrato da almeno 600 “volontari” di al-Qa’ida in Libia [10]. L’intera operazione è gestita da Abdelhakim Belhaj in persona, con l’aiuto del governo Erdoğan.

Come spiegare che anche un giornale anti-Assad come «ABC» abbia deciso di pubblicare la testimonianza del suo inviato speciale, quando mette in luce i metodi nauseanti della NATO e conferma la tesi del governo siriano della destabilizzazione armata? È che da una settimana, alcuni ideologi dello scontro delle civiltà si ribellano a questo sistema che integra gli estremisti islamici alla strategia del “mondo libero”.

Ospite del blog della CNBC [11], l’ex primo ministro spagnolo José Maria Aznar ha rivelato, il 9 dicembre 2011, che Abdelhakim Belhaj era sospettato del coinvolgimento negli attentati dell’11 marzo 2004 a Madrid [12], attentati che posero fine alla carriera politica nazionale di Aznar.

 

L’uscita di Aznar corrisponde agli interventi dei suoi amici del Jerusalem Center for Public Affairs, il think tank diretto dall’ex ambasciatore israeliano alle Nazioni Unite Dore Gold [13]. Esprimono pubblicamente i loro dubbi sulla validità della strategia attuale della CIA, volta a mettere al potere gli islamisti in tutto il Nord Africa. La loro critica è rivolta innanzitutto contro la segretissima confraternita dei Fratelli musulmani, ma anche a carico di due personalità libiche: Abelhakim Belhadj e il suo amico, lo sceicco Ali al-Salibi. Quest’ultimo è considerato il nuovo uomo forte del paese [14]. I due uomini sono visti come le pedine del Qatar nella nuova Libia [15]. È d’altronde lo sceicco Salabi ad aver distribuito i 2 miliardi di dollari di aiuti del Qatar ad al-Qa’ida in Libia [16].

Così la contraddizione che ci si sforza di camuffare, negli ultimi dieci anni, ritorna in superficie: i mercenari, già pagati da Osama bin Laden, non hanno mai smesso di lavorare al servizio della strategia degli USA a partire dalla prima guerra in Afghanistan, incluso il periodo degli attentati dell’11 settembre. Nondimeno sono presentati dai leader occidentali come nemici implacabili.

 

E’ probabile che le obiezioni di Aznar e del Jerusalem Center for Public Affairs saranno spazzate vie dalla NATO come quelle del generale Carter Ham, comandante in capo di AFRICOM. Era indignato, all’inizio della guerra in Libia, per via del dover proteggere i jihadisti che avevano appena massacrato i soldati USA in Iraq.

Lontano dalla realtà, il Comitato anti-terrorismo delle Nazioni Unite (il “Comitato d’applicazione della risoluzione 1267“) e il Dipartimento di Stato degli Stati Uniti, mantengono sulla loro lista nera l’organizzazione di Abdelhakim Belhaj e dello sceicco Salabi, sotto il suo vecchio nome di Gruppo islamico combattente in Libia. Ed è del parere che sia dovere di ogni Stato fermare questi individui se passano sul loro territorio.

 

 

Note

 

[1] «Mensonges et vérités sur la Syrie», Thierry Meyssan, Réseau Voltaire, 27 novembre 2011.
[2] « Libya’s Powerful Islamist Leader », Babak Dehghanpisheh, The Daily Beast, 2 settembre 2011.
[3] « Comment les hommes d’Al-Qaida sont arrivés au pouvoir en Libye », Thierry Meyssan, Réseau Voltaire, 6 settembre 2011.

[4] « Ennemis de l’OTAN en Irak et en Afghanistan, alliés en Libye », Webster G. Tarpley, Réseau Voltaire, 21 maggio 2011.

[5] «Syria’s opposition, rebels hold talks in Turkey», Safak Timur, AFP, 1 dicembre 2011.

[6] « Islamistas libios se desplazan a Siria para "ayudar" a la revolución », Daniel Iriarte, ABC (Spagna), 17 dicembre 2011..
[7] « Libyan-Irish commander resigns as deputy head of Tripoli military council », di Mary Fitzgerald, The Irish Times, 11 ottobre 2011.

[8] « Flottille de la liberté : le détail que Netanyahu ignorait », di Thierry Meyssan, Réseau Voltaire, 6 giugno 2010.

[9] « Thierry Meyssan et Mahdi Darius Nazemroaya menacés de mort à Tripoli », Réseau Voltaire, 22 agosto 2011.

[10] « Libyan fighters join "free Syrian army" forces », Al Bawaba, 29 novembre 2011.

[11] « Spain’s Former Prime Minister Jose Maria Aznar on the Arab Awakening and How the West Should React », CNBC.com., 9 dicembre 2011.

[12] « Attentats de Madrid : l’hypothèse atlantiste », di Mathieu Miquel, Réseau Voltaire, 6 novembre 2009.

[13] « Diplomacy after the Arab uprisings », di Dore Gold, The Jerusalem Post, 15 dicembre 2011.

[14] « Meet the likely architect of the new Libya », di Marc Fisher, The Washington Post, 9 dicembre 2011.

[15] « Libyans wary over support from Qatar », di John Thorne, The National (Emirati arabi uniti), 13 dicembre 2011.

[16] John Thorne, op. cit.

 

Fonte: http://www.voltairenet.org/L-Armee-syrienne-libre-est.

Traduzione per Megachip a cura di Pino Cabras.