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Decrescere per crescere

di Massimo De Maio - 13/02/2012

 

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1. Movimento per la decrescita felice: di cosa si tratta?
Il Movimento per la decrescita felice è una associazione di persone e associazioni che condividono una analisi di ciò che sta accadendo nel mondo e hanno elaborato una proposta complessiva per giungere ad un cambio di paradigma: dalla crescita infinita alla decrescita dei consumi e della produzione di merci. L'analisi che fa il Movimento è quasi banale: in un mondo fisicamente finito, una crescita continua di produzione e consumi è praticamente impossibile. È un'utopia. Se oggi, invece, chi parla di decrescita viene visto come un utopista è perchè per due secoli tutte le ideologie, di destra e di sinistra, dal comunismo al fascismo alle idologie liberali, hanno considerato la crescita economica come un fatto positivo e imprescindibile. Quello della crescita è diventato un loro dogma. Non si discute.
Eppure non è difficile osservare che non è infinito il territorio in cui continuiamo a costruire case, capannoni e discariche, non sono infinite le risorse naturali che utilizziamo per produrre merci che si trasformano sempre più velocemente in rifiuti. Non sono infiniti petrolio, uranio, carbone e gas naturale. Perfino le risorse che si rinnovano naturalmente, se vengono prelevate a ritmi forsennati, rischiano di esaurirsi: risorse ittiche, foreste, acqua. L'aria che si respira nelle città è satura di inquinanti e nell'atmosfera si concentrano gas che stanno generando quel riscaldamento globale del pianeta che ha già stravolto il clima e le stagioni. Non si tratta di ideologia, siamo di fronte a fatti molto concreti che ci dicono quanto sia impossibile continuare sulla strada della crescita. La vera utopia è continuare a sostenere la crescita economica!
Il Movimento per la decrescita felice raccoglie tutti coloro che hanno preso coscienza dei limiti imposti dagli ecosistemi alla crescita economica e che stanno trasformando l'idea della decrescita in atti concreti per migliorare la qualità della vita fuori dal dogma della crescita. Oltre ai cittadini che hanno modificato i loro stili di vita, ci sono imprenditori che hanno ideato prodotti e servizi che consentono di fare le stesse cose localmente con una drastica riduzione dei consumi di risorse naturali e con minore inquinamento. Ci sono anche amministratori che eliminano l'usa e getta dalle mense scolastiche, che incentivano i pannolini lavabili per i bambini, che riducono le bollette comunali realizzando interventi di efficienza energetica sul patrimonio immobiliare pubblico, che non rilasciano più concessioni edilizie per nuove edificazioni, ma solo permessi per ristrutturare e riqualificare l'esistente. Il Movimento è tutto questo: un pezzo di Italia che in maniera del tutto trasversale, e mettendo in crisi schemi ideologici novecenteschi, sta provando a percorrere nuove strade.
MDF non è non vuole diventare un partito perchè il nostro scopo è cambiare la mentalità delle persone affinché anche la politica cambi.

2. Quanti circoli ci sono già in Italia?
A fine 2011 c'erano circa 60 circoli, concentrati soprattutto nel Nord Italia. Ma anche il Sud, di cui mi occupo come consigliere nazionale del Movimento, sta rispondendo positivamente: ci sono moltissimi nuovi circoli che si stanno costituendo in Lazio, Campania, Puglia e Sicilia. Inoltre, considero molto positivo il fatto che gran parte dei promotori di nuovi circoli siano giovani.

3. A quando un gruppo molisano?
Campobasso è stata una delle prime città in cui nel  2008 si è formato un circolo del Movimento per la decrescita felice. Poi, l'attività del gruppo si è un po' fermata. A dicembre 2011 c'è stato nel capoluogo molisano un convegno sulla crisi economica vista dalla prospettiva della decrescita che ha riacceso gli entusiasmi. Stiamo lavorando affinché il circolo di Campobasso riprenda a breve le sue attività. Ovviamente, siamo aperti a chiunque volesse condividere questo cammino.

4. La difficile congiuntura economica, può diventare opportunità?
Non parlerei di congiuntura, ma di una vera e propria crisi globale di sistema. La congiuntura negativa è un momento di difficoltà che può essere superato senza mettere in discussione il modello economico. Oggi, invece, è il modello di produzione e consumo che è giunto al capolinea e deve essere sostituito con qualcos'altro.
A partire dai primi dell'800, con la rivoluzione industriale, produzione e consumi sono cresciuti in modo esponenziale, cioè raddoppiando in tempi sempre più veloci. Ma già sul finire del novecento, i paesi occidentali hanno sperimentato una crescita sempre più lenta. In Italia la crescita si è addirittura fermata nel primo decennio del nuovo secolo. Di fronte a questo cambio di epoca abbiamo due possibilità: continuare con i vecchi strumenti di politica economica oppure cambiare rotta. Se ci intestardiamo a usare i vecchi schemi interpretativi, rischiamo una crisi drammatica poichè si tratta di strumenti che non funzionano più. Ad esempio, una volta i Governi aumentavano la spesa pubblica per sostenere i consumi. Oggi con il livello di debito pubblico raggiunto da tutti i paesi "ad economia avanzata", una simile politica economica non è più possibile.
L'opportunità più grande che ci offre la crisi di sistema che stiamo vivendo è di tipo culturale. Essa ci offre la possibilità concreta di abbandonare definitivamente l'ideologia della crescita economica per passare da un modello economico che non ha futuro a economie capaci di futuro. Se passiamo dal paradigma della crescita a quello della decrescita felice, abbiamo ancora qualche possibilità per migliorare la qualità della vita riducendo selettivamente il PIL. Si tratta di cominciare a valutare le performance delle nostre economie dal punto di vista qualitativo e non quantitativo attraverso il Prodotto Interno Lordo. Si tratta di eliminare sprechi, inefficienze e tutti quei consumi che non incrementano il benessere. Quello della decrescita felice è la proposta che più di ogni altra è capace di cogliere le opportunità di cambiamento che la crisi ci offre.

5. Cos’è il benessere?
È la dimensione in cui ciascuno riesce ad esprimere le sue facoltà. Nella società dei consumi il benessere coincide con il "tanto avere", ma poichè ci sarà sempre una merce di cui ancora non siamo in possesso, e che ci inducono a desiderare di avere, siamo destinati a vivere in uno stato di insoddisfazione permanente.
Gli esperti di marketing sanno bene che il consumatore deve vivere in uno stato di perenne insoddisfazione, in un malessere da "curare" attraverso l'acquisto. Così, attraverso tecniche anche molto sofisticate, ci convincono continuamente che il nostro benessere possa aumentare grazie all'asciugatrice o al prodotto con il "pratico dispenser", con il cibo precotto veloce da preparare, con l'automobile firmata dal noto stilista, con il telefonino ultimo modello che ha mille funzioni di cui ne useremo solo una piccolissima parte. E se non possediamo un certo numero di merci, viviamo nel malessere, invece che nel benessere. Nella società dei consumi il benessere ha una dimensione prettamente individuale e non tiene conto di tutto ciò che non è suscettibile di essere negoziato sul mercato, di ciò che non produce PIL: il tempo da dedicare agli amici o alle proprie passioni, la bellezza del paesaggio, la qualità dei rapporti familiari, il tempo passato con i nostri figli, ma anche la qualità dell'aria che respiriamo, del cibo che mangiamo, dell'acqua che beviamo. In una società della decrescita, il benessere comprende anche la disponibilità di "beni relazionali" che si manifestano nei gruppi di acquisto solidale, nella erogazione di servizi all'interno della famiglia, nella collaborazione tra cittadini, la possibilità concreta di partecipare alla vita della comunità di cui si fa parte. Per il futuro l'economia non potrà più prescindere da un concetto qualitativo e non quantitativo di benessere.

6. Quanto valori e stili di vita possono influire su di esso?
Se prendo coscienza del fatto che il mio benessere non dipende dalla quantità di merci che riesco a consumare, immediatamente si aprono nuovi spazi di miglioramento della qualità della vita anche in assenza di crescita economica. Autoprodurre una parte delle cose di cui necessito mi permette di ottenere beni di maggiore qualità a costi decisamente più bassi, riducendo il mio bisogno di lavorare per acquistare tutto ciò di cui ho bisogno. Lo stesso obiettivo posso raggiungerlo riducendo gli sprechi di energia e coprendo il mio fabbisogno energetico con un piccolo impianto alimentato da fonti rinnovabili. Si tratta di una grande rivoluzione culturale, certamente non facile. Tuttavia, tutti coloro che hanno intrapreso questa nuova strada stanno sperimentando nuove dimensioni di benessere. Da qualche anno mi sono trasferito da Milano ad un piccolo paese dell'Abruzzo, Tagliacozzo. Lavoro di meno e guadagno di meno, ma mi sento più ricco perchè possono permettermi di avere un piccolo orto, fare marmellate con more e castagne raccolte gratuitamente in montagna, raccogliere legna secca per il mio camino, godere della bellezza del paesaggio, ottenere direttamente dai contadini e dagli allevatori locali beni freschi e di alta qualità a prezzi accessibili. Strada facendo ho scoperto che io e la mia compagna non eravamo gli unici "pazzi": oggi abbiamo nella nostra cerchia di amici molti altri che hanno abbandonato la città per poter più facilmente praticare stili di vita decrescenti.
Tuttavia, anche in città si può essere decresenti e felici. Anzi, in contesti urbani, ha ancora più senso: a Milano pane e formaggio li facevo in casa perchè mi costavano infinitamente meno. A Tagliacozzo lo compro dai produttori locali perché li trovo buoni e a buon prezzo.

7. Piccoli consigli per decrescere?
Ci sono molte cose che possiamo cominciare a fare da subito per decrescere. L'autoproduzione è il primo esercizio culturale che consiglio. Serve a prendere coscienza del fatto che possiamo ridurre la nostra dipendenza dal mondo delle merci e a recuperare un "saper fare" che rischiamo di perdere del tutto. In casa si possono autoprodurre un numero inimmaginabile di cose. Quest'anno nella calza della befana ho messo caramelle geleé autoprodotte e cioccolattini con le nocciole del mio guardino molto simili ai "baci" di una nota marca di Perugia. Ma anche portare i bambini a scuola a piedi, usare la bicicletta, coibentare i cassonetti degli avvolgibili, mettere pannelli riflettenti dietro i termosifoni posti sulle pareti esterne del palazzo, bere l'acqua del rubinetto, utilizzare latte alla spina, installare un pannello solare per l'acqua calda - si può fare anche da sè! - sono tutte cose che si possono fare a Campobasso, come nel resto d'Italia. affrontando da subito la crisi nel modo giusto.
Infine, consiglio di condividere le proprie esperienze decrescenti con altri: insieme si decresce meglio.