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Le Malvine come specchio e dell'unità e dell'ascesa latinoamericana

di Carlos Pereyra Mele - 14/02/2012

Le Malvine come specchio dell’unità e dell’ascesa latinoamericana – C. Pereyra Mele

La rivista Integracion Nacional (RIN) ha avuto modo di intervistare Carlos Pereyra Mele, in merito alla discussione che attualmente si sta tenendo sul reclamo avanzato dal Governo argentino a proposito della sovranità sulle Isole Malvinas, disputata con la Gran Bretagna dal 1833.

 
RIN: Possiamo affermare che la tematica Malvinas non è una causa argentina bensì globale, come afferma la nostra Presidentessa. È possibile che ci siano relazioni tra la crisi economico-finanziaria dei centri del potere e l’incremento della presenza militare nelle Isole Malvinas da parte della Gran Bretagna?

Posizione delle Isole Malvine, occupate dalla Gran BretagnaCPM: Oggi più che mai il tema delle Malvinas è un tema che va ben oltre il conflitto bilaterale tra Gran Bretagna e Argentina, e si iscrive in un conflitto con elementi regionali ed internazionali di non poco conto: la discussione sullo sfruttamento delle risorse naturali (petrolio e gas con temi da risolvere come il ruolo delle multinazionali e i conflitti ecologici); l’interesse geostrategico essendo l’arcipelago una base militare della NATO nell’Atlantico del Sud; l’interesse geopolitico per l’aspra disputa territoriale sul Mare argentino e sulla sua piattaforma continentale, con la quale rappresenta la maggiore disputa territoriale (3.000.000 km2) all’ONU in questo momento (per la Convenzione del Mare); il controllo dello Stretto di Magellano e del passaggio di Drake e la Il Passaggio di Drake è il tratto di mare tra l'Antartide e il Sudamericaproiezione sull’Antartide visto che la posizione inglese, insieme ad Argentina e Cile, è la più vicina per accedere ad un futuro sfruttamento economico dell’ultimo continente vergine. Per questo non è relegabile a mera testardaggine la posizione inglese di non voler negoziare, bensì può essere mirata al futuro, per essere presente tra le aree di influenza in un momento nel quale si sta formando un mondo multipolare e con potenze emergenti. È da questa visione che nasce la preoccupazione dei Paesi del nostro continente nei confronti delle azioni britanniche nell’Atlantico del Sud.

In che modo la politica seguita da questo Governo si differenzia da quella del precedente nel reclamare la sovranità sulle Malvinas?

Il maggiore apporto degli ultimi due governi (Néstor Kirchner e Cristina Fernàndez) è stato quello di far sì che la questione venisse messa all’ordine del giorno di tutte le conferenze internazionali (Vertice delle Americhe, Vertici Latinoamericani, MERCOSUR, UNASUR, CELAC e ALBA) e da ciò ne derivassero azioni più profonde: non solo la solidarietà e la richiesta di negoziazioni bilaterali, ma ora ci troviamo dinanzi alla possibilità che la Regione aumenti la pressione sull’Inghilterra. A tal proposito si parla apertamente di sanzioni alla potenza usurpatrice, come nel caso del presidente ecuadoriano Rafael Correa in occasione della riunione del 4 Febbraio a Caracas, un discorso che raccolse forte consenso tra i suoi colleghi dell’ALBA. Anche il Governo nazionale pose la questione all’ordine del giorno dopo il processo di desmalvinizzazione che abbiamo vissuto dal ritorno della democrazia nel ’83 al 2003.

Alcuni analisti politici affermano che la difesa della sovranità sulle Isole Malvinas da parte di questo governo ha lo scopo di creare una cortina di fumo per nascondere il deficit che sta interessando alcune province argentine e lo stesso Governo nazionale. Che opinione ha in merito?

Credo in primo luogo che su tale tematica non dovremmo divicerdi per meschinità politiche. Tutti sappiamo che le analisi politiche vengono fatte per un interesse politico, che sia quello di chi le realizza o di chi le finanzia. Il tema Malvinas non è un tema da trattare con superficialità, vista la posta in palio. Quando si tratta di questioni di Stato si deve essere uniti, non frammentati da piccoli interessi politici. Ripeto, su questo tema è in gioco il futuro dell’Argentina e del Cono Sud.

Crede sia valido l’argomento, addotto dal Governo britannico, della “autodeterminazione dei popoli” per giustificare il suo dominio sulle Malvinas?

È un argomento che non merita considerazione, poiché siamo in presenza di una popolazione impiantata (ciò invalida l’argomento). Inoltre l’ONU, fin dagli anni ’60, considera quello delle Malvinas un caso di colonialismo. Mai venne accettata l’argomentazione inglese informata a questa falsa preoccupazione per gli interessi della popolazione delle isole. Anche perché, prima dello scontro del 1982, non erano nemmeno cittadini britannici a pieno titolo.

Considera come una provocazione verso l’Argentina il fatto che uno degli eredi alla Corona Inglese venga a fare “un addestramento di routine” (secondo il governo di Cameron) nelle Isole Malvinas – oltre all’invio di ulteriori forze militari?

Certo, questo dimostra che per la “corona” è importante continuare a mantenere questa enclave nell’Atlantico del Sud. D’altra parte tutti conosciamo l’importanza del simbolismo della Politica e del Potere, e per gli inglesi la presenza di un erede al trono nella zona avalla le decisioni del Governo del Regno Unito e conferma l’importanza della questione anche in ottica futura.

La Gran Bretagna sta perdendo legittimità politica nel contesto internazionale: un esempio di ciò è la volontà scozzese di raggiungere l’indipendenza. Quali prospettive si hanno in tal senso con la creazione della CELAC (Comunità dei Paesi Latinoamericani e Carabici) e l’appoggio concreto che questa organizzazione ha dato al riconoscimento della sovranità reclamata argentina presso tutte le organizzazioni internazionali?

Siamo immersi in una dinamica integrazionista che impedisce un reale apprezzamento da parte della gran parte dei cittadini latinoamericani dei profondi legami che stiamo costruendo. Siamo sulla cresta di un’onda, da cui non si riesce a cogliere la reale dimensione del cambiamento che ci coinvolge. Il Brasile è la sesta potenza economica del mondo e traina il continente sudamericano in un processo di integrazione regionale impensabile fino a pochi anni fa. I nostri principali partner commerciali non sono più U.S.A. ed Europa, bensì India, Cina e Russia. Le relazioni Sud-Sud si stanno sviluppando, soprattutto con l’Africa e il Sudafrica. Abbiamo organismi regionali liberi dall’ingerenza di potenze continentali come la UNASUR. Stiamo approfondendo la difesa delle nostre risorse naturali e per questo abbiamo creato il Consiglio di Difesa Sudamericano (CDS) e il Centro di Studi Strategici per la Difesa (CEDA) con la Banca del Sud. Abbiamo e stiamo pianificando una nuova politica di integrazione fisica, ed infine la costituzione del CELAC ha incorporato i paesi dei Caraibi nel subcontinente sudamericano. Tutto ciò ci pone come una Regione che va considerata protagonista, che non può più essere ignorata nel nuovo ordine mondiale che si sta profilando. Per questo s’oppongono le potenze che finora hanno beneficiato delle sue relazioni basate sul modello della Dipendenza. Le cose stanno cambiando rapidamente in America Latina: perciò è importante l’intera posta in palio nelle Malvinas. Questo l’hanno capito gli argentini e i latinoamericani tutti e, si può supporre, anche gl’inglesi ed i loro alleati.

(Traduzione di William Bavone)


NOTE:
Carlos Pereyra Mele, analista geopolitico e docente universitario, è membro del Comitato Scientifico di "Geopolitica".