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La tirannia della maggioranza

di Marcello Frigeri - 20/02/2012

Fonte: liberacritica



Il concetto di “tirannia della maggioranza” è stato fonte di discussione sin dalle origini liberali dell’Europa moderna. Là dove c’è una opinione condivisa dalla maggioranza della società, scrivevano allora i teorici della democrazia, vi sono anche delle opinioni contrarie, e condivise da pochi. Il guaio è che la maggioranza tende a credere che la sua sia la verità assoluta, dunque proverà con tutti i mezzi, violenti o civili, a neutralizzare chi la pensa diversamente. “Per me, quando sento la mano del potere appesantirsi sulla mia fronte – scriveva nell’Ottocento Toqueville -, poco m’ importa di sapere chi mi opprime, e non sono maggiormente disposto a infilare la testa sotto il giogo solo perché un milione di braccia me lo porge”. Non è importante, insomma, quanti la pensano diversamente da noi, e come la pensano: fossero anche un milione contro uno, l’importante è non farsi schiacciare dal loro peso. In realtà, a ben guardare, i primi teorici della “tirannia della maggioranza” erano quei democratici liberali che nel suffragio universale vedevano una minaccia: secondo loro, infatti, si sarebbe dato un peso politico ad una maggioranza con interessi ben diversi dal ceto borghese liberale cui appartenevano. Comunque sia c’è del vero, in democrazia bisogna sempre guardarsi dal pensiero comune. Ma è una cosa ovvia: ovunque ci sia una classe dominante, gran parte della morale deriverà dai suoi interessi di classe. Costoro, diceva Stuart Mill, si sono solo preoccupati di indagare cosa la società debba preferire o respingere, tenendo presente, però, le loro esclusive motivazioni. Ma qual è il pretesto attraverso cui la maggioranza si crede sempre nel giusto?
La giustificazione è data da un errore di fondo: che molti la pensano allo stesso modo. Anche se si tratta pur sempre di una preferenza di tanti rispetto ad uno solo, ciò che riteniamo sufficiente per avere ragione è sapere quanti ci danno ragione. Per l’uomo comune la propria preferenza giustificata in questi termini non solo è una ragione perfettamente soddisfacente ma, ci spiega Mill, è l’unica che egli ha per fondare tutte le proprie idee di moralità.

Tuttavia il problema non è solo intrinseco e tutto delle “maggioranze” – per cui esse sono sempre dispotiche e le minoranze tutte perseguitate – ma risiede nel concetto di verità assoluta, cioè quella verità che si considera vera oltre ogni ragionevole dubbio. Spesso maggioranza e verità assoluta vivono entrambe con lo stesso cuore, ma anche una qualsiasi minoranza potrebbe pensare di essere incondizionatamente nel giusto. Il guaio, se vogliamo, è che chi è certo della propria verità si possa considerare come il giudice assoluto della verità, e giudice che non ascolta la controparte. Ma esistono verità assolute? Sostenere che il bianco è bianco, è un conto (anche se la filosofia ci parla d’altro), ma sostenere che la democrazia è il migliore dei governi possibili, è tutt’altra cosa. Per ogni argomento con una percentuale sia pur risibile di dubbio non può esserci un’unica verità, e dunque è necessario il dibattito, in questo caso tra chi sostiene la democrazia con tutti gli altri. Dobbiamo perciò guardarci dall’imposizione al silenzio di quelle minoranze che non la pensano come noi, imparando a vincere la loro verità attraverso il dibattito, perché se sicuri di essere nel giusto, sarà limpida la percezione della nostra verità in contrasto con l’errore degli altri; se fossimo nel torto, invece, ci guadagneremmo in conoscenza. Se alla verità, però, ci dovessimo arrivare con la violenza, perderebbe sia la ragione che il torto: alla forza, infatti, ci si piega per necessità e non per volontà. Significa che chi è nel torto continuerà a pensare di essere nel vero, ma per paura dei soprusi altrui farà credere il contrario; chi è nel vero, invece, lo sarà soltanto per un certo periodo di tempo, perché se, come detto, alla verità del prepotente ci si piega per necessità, chi sarà più forte di noi a menar il bastone, un giorno, ci sostituirà nel nostro diritto. Provate ad imporre agli altri la vostra opinione e pensate: se la situazione fosse capovolta, non la trovate una grave ingiustizia?