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Da movimento a partito. Così la Lega ha perso le sue virtù originali

di Massimo Fini - 12/03/2012


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Sia pur con la distanza critica che un giornalista deve, o dovrebbe, sempre mantenere rispetto all’oggetto del suo interesse, fin dal suo primo apparire sulla scena politica sono stato un estimatore di quella Lega di cui oggi Giuliano Ferrara, a quei tempi impegnato in una strenua difesa della partitocrazia, scopre gli antichi pregi ("Sotto la crosta delle Leghe", Il Giorno, 11/5/1990, e poi la lunga battaglia in difesa delle ragioni del movimento di Bossi condotta sull’Europeo L’Indipendente diretti da Vittorio Feltri - il lettore perdonerà questi riferimenti personali, ma dopo quarant’anni di mestiere comincio ad averne le tasche piene degli "scopritori dell’acqua calda").
Della Lega mi convincevano molte cose.

1) Dopo vent’anni di regime consociativo era nata finalmente una forza di opposizione che, benchè descritta come "brutta, sporca e cattiva" dai partiti e dai loro adepti, Ferrara compreso, riportava la democrazia alla sua naturale dialettica. Fra le altre cose fu proprio grazie alla presenza della Lega che poterono iniziare le inchieste di Mani Pulite. Prima i magistrati che osavano indagare sulla corruzione dei politici li mandavano in esilio (Angelo Milana, pretore a Piacenza, fu trasferito a Trieste, Carlo Palermo da Trieste a Trapani dove fu oggetto di un attentato cosiddetto di mafia in cui morirono una giovane madre e i suoi due figlioletti).
2) La riscoperta delle radici e dell’identità, essendo, con tutta evidenza, fallita l’utopia voltairriana dell’uomo come "cittadino del mondo".
3) L’antiglobalismo, insito in ogni localismo.
4) L’antiamericanismo, cioè il riconoscere che gli Stati Uniti, dopo il crollo dell’Urss, avevano acquisito un’egemonia totale e pericolosa da cui era bene prendere le distanze.
5) L’impegno di dare battaglia alla partitocrazia, al cuo clientelismo occupatorio, a cominciare dalla Rai, alla sua corruzione.

A vent’anni di distanza tutti questi elementi sono scomparsi. Molto ha giocato l’abbraccio mortale con Berlusconi che nel 1994 colse i frutti dell’albero che Bossi aveva scosso. La Lega era noglobal e si è trovata alleata con un globalista, era antiamericana ed è dovuta andare a braccetto con uno più americano degli americani, difendeva la Magistratura e ha dovuto allinearsi alla delegittimazione berlusconiana dei magistrati. Ma ci sono altre cose in cui Berlusconi non c’entra nulla. Inglobata nel sistema dei partiti, la Lega ha finito per prenderne i vizi che prima denunciava. Doveva battersi contro la lottizzazione (per inciso, il mio programma Cyrano fu censurato, senza che lo avesse nemmeno visto, dal direttore di Rai Due, Antonio Marano, che non stava lì per chissà quali meriti, ma perchè "in quota Lega"). E lo stesso è avvenuto in tutti gli altri settori del sottogoverno. Ora, con la vicenda di Daniele Boni, si fa finta di scoprire che anche la Lega è perfettamente integrata nel sistema delle tangenti. Ma è la forma-partito che è corrotta e corrompe. E la Lega, passata da movimento a partito, non è riuscita a sottrarsi a queste logiche perverse e ineludibili.

Adesso si assiste alla meschina soddisfazione degli altri partiti e dei loro galoppini: "Guardate, anche la Lega è come tutti". Ma mal comune non fa mezzo gaudio. La Lega ha sprecato la propria parte, ma anche l’Italia, prima demonizzandola poi innocuizzandola e omologandola, ha sprecato l’ennesima occasione di rinnovarsi. Speriamo che la stessa cosa non succeda dopo l’esperienza rigorista del governo Monti. Ma ci spero poco.