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Natanyahu all'Aipac: guerra all'Iran

di Alfatau - 12/03/2012

 
 
   
Il premier israeliano Benjamin Netanyahu lo scorso 5 marzo ha rivolto all'American Jewish Public Affairs Committee (AIPAC), la maggiore espressione della lobby ebraica americana, un discorso pubblico, a breve distanza da un intervento del presidente Obama che ricalcava quasi testualmente l'intervista da lui rilasciata a The Atlantic.
A nostro avviso, quanto Netanyahu ha affermato nel suo discorso suona come una vera e propria dichiarazione di guerra all'Iran, in quanto chiude con qualsiasi ipotesi di trattativa, di pressione diplomatica o di sanzioni contro il Paese.
Dopo avere ricordato il diritto all'autodifesa dello Stato ebraico e dopo avere preso atto con soddisfazione del fatto che il presidente Obama abbia espressamente chiarito di non voler applicare all'Iran una strategia di contenimento (il che significa predisporsi ad azioni di tipo preventivo), il premier israeliano ha sinteticamente fatto il punto sulla situazione.
"Naturalmente, il miglior esito sarebbe che l'Iran decidesse di abbandonare il suo programma di armamenti nucleari in modo pacifico. Nessuno più di me e del popolo di Israele sarebbe lieto se l'Iran smantellasse il suo programma. Ma fino ad ora ciò non è avvenuto.
Per quindici anni abbiamo avvertito che un Iran dotato di armamenti nucleari è un serio pericolo per il mio Paese e per la pace e la sicurezza del mondo intero.
Nell'ultimo decennio, la comunità internazionale ha tentato con la diplomazia. Non ha funzionato. Per sei anni, la comunità internazionale ha applicato delle sanzioni. Non hanno funzionato nemmeno queste.
Io apprezzo i recenti sforzi del presidente Obama di imporre sanzioni ancora più dure all'Iran. Queste sanzioni stanno danneggiando l'economia dell'Iran, ma sfortunatamente il programma nucleare iraniano sta andando avanti.
Israele ha pazientemente atteso che la comunità internazionale risolvesse il problema. Abbiamo aspettato che la diplomazia lavorasse. Abbiamo aspettato che le sanzioni lavorassero. Nessuno di noi può permettersi di aspettare ancora molto.
Come primo ministro di Israele non lascerò mai vivere il mio popolo sotto la minaccia dell'annientamento".
A questo punto, Netanyahu ha introdotto un richiamo storico che deve essere suonato durissimo per la diplomazia americana, in quanto stabilisce un parallelismo (invero assai opinabile sul piano storico), fra l'odierna minaccia iraniana e la situazione del 1944, quando, secondo il premier israeliano, il Congresso Mondiale Ebraico (JWC) avrebbe inutilmente chiesto al governo americano di effettuare bombardamenti su Auschwitz. Il premier israeliano ha detto testualmente:
"La risposta [alla richiesta del JWC] giunse cinque giorni più tardi. Voglio leggervela.
Una simile operazione potrebbe essere effettuata solo spostando un supporto aereo considerevole, essenziale per il successo delle nostre forze altrove... ed in ogni caso sarebbe di tale dubbia efficacia da non giustificare l'impiego delle nostre risorse...
E, miei cari amici, questa è la frase più significativa di tutte, la voglio citare:
Uno sforzo del genere provocherebbe azioni di rappresaglia ancora più gravi da parte dei Tedeschi.
Pensate, "una rappresaglia ancora più grave", più grave dell'Olocausto!
Il 2012 non è il 1944. Il governo americano di oggi è diverso. Ho udito il discorso del presidente Obama di oggi.
Ma questa è la mia opinione: anche il popolo ebraico è oggi diverso. Oggi abbiamo un nostro Stato. E lo scopo dello Stato ebraico è difendere la vita degli Ebrei e di assicurare il futuro di Israele. Mai più cesseremo di essere padroni del nostro destino e della nostra sopravvivenza. Mai più.
Per questo ragione, Israele deve sempre avere la capacità di difendersi, di difendersi da solo, da qualsiasi minaccia. Apprezziamo molto la grande alleanza fra i nostri due Paesi. Ma quando si tratta della sopravvivenza di Israele, dobbiamo sempre restare padroni del nostro destino".
Come si vede, un discorso durissimo nei confronti degli stessi Usa; una chiara rivendicazione del potere di Israele di disporre autonomamente della propria capacità di autodifesa, senza alcun particolare riguardo per il rapporto con gli Usa.
Ieri, quasi a sottolineare il senso delle parole del premier, le forze armate israeliane hanno effettuato un raid aereo che ha comportato l'uccisione "mirata" di uno dei più importanti leader della resistenza palestinese a Gaza, il segretario generale dei Comitati di Resistenza Popolare Zuhir al-Qaisi e del suo più stretto collaboratore, Mahmoud Hanani: un evento che significa la ripresa del circolo vizioso attacco e rappresaglia sui confini della striscia di Gaza.
Ma, dopo la dichiarazione di guerra all'Iran di Netanjahu all'Aipac, da qualsiasi episodio in Palestina e in Medio Oriente ci possiamo ora attendere un attacco israeliano. Da oggi il Medio Oriente è più vicino alla guerra, mentre l'Europa tace.