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Torino incenerisce il futuro

di Giorgio Cattaneo - 12/03/2012

Per favore, fermare quel mostro: servirà solo a seppellirci di debiti e probabilmente anche di tumori. Il “mostro” è l’inceneritore torinese del Gerbido, in via di costruzione alla periferia di Mirafiori, affidato “in house” alla società pubblica Trm, trattamento rifiuti metropolitani. Costo iniziale: quasi mezzo miliardo di euro. Soldi prestati dalle banche, scrive il battagliero comitato No-Inc, che dovranno essere restituiti (con fior di interessi) nei prossimi vent’anni: questo condannerà la Provincia di Torino per almeno quattro lustri a distruggere i suoi rifiuti, anziché riciclarli con intelligenza, restando «completamente tagliata fuori da tutti gli sviluppi futuri delle tecnologie alternative e sicure». Se la risposta ai No-Inc è la stessa riservata ai No-Tav, nessuna speranza: nonostante la crisi, anziché l’occupazione della green economy Torino preferisce l’antico sistema dei maxi-affari per grandi opere anti-ecologiche e nate già vecchie.

«Costruire un inceneritore è un rischio, e farlo nel cuore di una zona tra le più densamente popolate d’Italia è una follia», scrive il comitato No-Inc ai Piero Fassinosindaci dell’area, che secondo gli ambientalisti si sono lasciati incautamente coinvolgere nell’operazione, senza le necessarie garanzie per la salute e la sicurezza. «In questo momento – scrive il comitato, nell’ultima petizione rivolta ai Comuni del consorzio – le evidenze scientifiche ci dicono che i vecchi impianti di incenerimento sono sicuramente pericolosi per la salute umana e per gli impianti di nuova generazione non vi sono ancora studi che ne scagionino la nocività». Per cui: «Noi non vogliamo fare da cavie per la loro verifica». Tempi duri per chi si batte a difesa dei cittadini: in valle di Susa si denuncia il pericolo dei giacimenti di uranio nelle viscere della montagna in cui vorrebbero scavare il tunnel della Torino-Lione, ma l’allarme cade nel vuoto, nonostante la recentissima sentenza sull’amianto dell’Eternit, «un caso lampante nel quale gli interessi economici hanno portato a commettere dei crimini gravissimi verso la collettività».

I politici che incoraggiano la costruzione di inceneritori, scrive il comitato No-Inc, sanno benissimo che costruirlo è un business ancora più che gestirlo, come ogni grande opera. L’eco-mostro del Gerbido garantirà poi notevoli introiti al Comune di Torino grazie all’obbligo per gli altri Comuni della provincia di pagare lo smaltimento dei propri rifiuti alla Trm SpA. Il mezzo miliardo da restituire a Bei, Unicredit e Bnp Paribas? Niente paura, si potrà sempre aumentare le bollette: pagheremo tutto noi, come al solito, accusano gli oppositori. «Quello che ci propongono – sostengono i “grillini” torinesi – è di spendere soldi della collettività per costruire impianti pericolosissimi, inquinanti e in forte perdita economica – per noi, Il cantiere del maxi-inceneritore s’intende», dati i super-guadagni ovviamente garantiti a costruttori, banche e consiglieri di amministrazione.

I No-Inc chiedono l’immediato abbandono dei lavori di costruzione dell’inceneritore di Torino e l’estensione della gestione ecologica nel rispetto della legge che impone di raggiungere il 65% di raccolta differenziata entro il 31 dicembre 2012. Si chiede anche di “premiare” a livello tariffario i cittadini “virtuosi” e ridefinire gli obiettivi per il trattamento dei rifiuti senza ricorrere alla combustione, con l’impegno a promuovere anche per via legislativa l’obiettivo “rifiuti zero” entro il 2020, chiudendo gradualmente tutte le discariche, da sostituire con impianti di riciclaggio integrale. Tutto il contrario di quello che ha deciso Torino insieme alla Provincia: il “mostro” del Gerbido ingoierà almeno 420.000  tonnellate di rifiuti l’anno, le cui ceneri si spargeranno per chilometri grazie ad un camino-ciminiera alto 120 metri. Ogni giorno, nell’impianto, entreranno 1.620 tonnellate di rifiuti e 30 tonnellate di reagenti chimici, mentre finiranno in discarica 370 tonnellate di scorie di combustione e 50 tonnellate di rifiuti pericolosi, sotto forma di ceneri volatili e prodotti sodici residui.

Un capolavoro anti-ecologico: dal super-camino prenderanno il volo, giornalmente, oltre 1.500 tonnellate di anidride carbonica e gas serra, comprese le micidiali polveri sottili, nonché diossine e idrocarburi cancerogeni, mentre finirà nelle fogne l’equivalente di un piccolo fiume, 3.300 metri cubi d’acqua prelevate dalle falde per il processo produttivo del “mostro”. Non solo: «Considerato che in mancanza della ferrovia tutto ciò bisognerà trasportarlo su autocarri, transiteranno ogni giorno circa 130 mezzi pesanti tra autocarri e autocompattatori». Risultato: l’inquinamento dell’area torinese, già oggi la più “avvelenata” d’Italia, peggiorerà notevolmente. «Ci si ostina a chiamare gli inceneritori con un nome intraducibile in altre lingue, “termovalorizzatori”: un’invenzione tutta italiana per non spaventare i cittadini». Sarebbe meglio chiamarli “inceneritori di rifiuti con recupero energetico” se almeno rispettassero la direttiva europea 98 del 2008, che richiede un rendimento energetico di almeno il 60%. «Peccato che l’impianto previsto a Torino arriverà al Antonino Saitta, Pd, presidente della Provincia di Torino e grande sponsor dell'inceneritoremassimo al 27% e senza il teleriscaldamento: quindi sarebbe semplice smaltimento, ultimo scalino della gerarchia europea nella gestione dei rifiuti».

L’Europa infatti colloca lo smaltimento all’ultimo posto nel ciclo virtuoso dei rifiuti: prima viene la prevenzione, poi il riciclaggio, quindi il recupero – anche energetico. «Bruciare i rifiuti non è una tecnica moderna, ma una pratica illogica, miope, frutto dell’ignoranza e dell’interesse economico, esattamente come seppellirli sotto terra», protesta il comitato No-Inc, che avverte: «Sostituire gli inceneritori e le discariche con la raccolta differenziata e gli impianti di riciclo in tutta Italia procurerebbe 200.000 posti di lavoro in più, con 900 milioni di euro di costi e con un rientro dell’investimento in 3 anni, senza effetti negativi (inquinamento) e spese per lo smaltimento e la successiva bonifica ambientale». In teoria, sarebbe perfetto. In pratica, invece, si sceglie esattamente la strada opposta: costi per tutti, maxi-inquinamento e serie preoccupazioni per la salute. Gli ambientalisti ormai li chiamano “cancro-valorizzatori” e i medici temono che proprio dagli inceneritori derivi l’aumento localizzato di tumori e patologie cardiorespiratorie: le polveri sottili accorciano la vita di 3-4 anni. Per questo, la Società Britannica di Medicina Ecologica ha chiesto al governo di Londra una moratoria sulla creazione di nuovi impianti. E l’Italia? Ne vuole costruire 40.

L’inceneritore è il passato remoto: ieri li costruivano in tutta Europa, oggi li chiudono. Obiettivo: arrivare a riciclare tutto, ma proprio tutto, entro il 2020. Dieci anni fa, l’Austria recuperava e compostava il 60% dei suoi “materiali post consumo”, ne inviava in discarica il 30% e ne inceneriva solo il 10%. «L’Italia – accusa il comitato No-Inc di Torino – è l’unico paese al mondo che sovvenziona l’incenerimento di rifiuti con soldi pubblici, mentre in altri paesi europei tale pratica è tassata perché considerata contraria agli interessi collettivi». Nel 2005 in Germania erano operativi 73 inceneritori e 64 impianti di trattamento a freddo, che li sostituiranno gradualmente. Impianti simili cominciano a funzionare anche in Italia: non bruciano petrolio, non emettono diossina e, anziché un costo, rappresentano un guadagno: producono combustibile, concime e sabbia. Se il maxi-inceneritore in fondo è solo un maxi-appalto, l’impianto di trattamento a freddo crea posti di lavoro, perché richiede operatori in grado di separare i L'ingegner Vittorio Bertola, portavoce dei "grillini" a Torinovari componenti dell’immondizia. Risultato finale: più occupazione, meno inquinamento e bollette più leggere.

«Basterebbe l’estensione della raccolta differenziata “porta a porta” a tutta la città di Torino per fare immediatamente aumentare il riciclo: nei quartieri dove è adottata si arriva al 65%, contro il 45% scarso di media», accusa il “Movimento 5 Stelle”. «A Novara (non sulla Luna) la raccolta differenziata arriva già oggi al 71%». Sarebbe una rivoluzione: centinaia di migliaia di tonnellate di rifiuti sottratte alla discarica o all’incenerimento. «In pratica, con l’80% di raccolta differenziata», senza nemmeno adottare i trattamenti a freddo più avanzati, «il rimanente 20% da smaltire sarebbe meno della quantità di ceneri prodotta dall’inceneritore». Rifiuti zero, un’utopia? No: è un obiettivo concreto, già adottato da città come San Francisco. Buone idee: «Eliminare gli imballaggi inutili, diffondere l’uso di pannolini lavabili comodi e duraturi, riprogettare gli oggetti perché ogni parte possa essere recuperata», con tecnologie all’avanguardia e nuova occupazione nell’eco-design, oltre che nel settore ecologico avanzato.

Insomma: «Il trattamento a freddo costa meno, è più ecologico e più moderno, dà più lavoro, non fa venire il cancro». Domanda inevitabile: perché allora i politici torinesi insistono con l’inceneritore? «Qualche sospetto sui reali obiettivi ce l’abbiamo», dicono i “grillini”: «Un bel business in mano a un’azienda pubblica di diritto privato, la Trm, gestita da dirigenti politicizzati in grado di utilizzare il tesoretto come meglio desiderano. Non sarà mica un caso che la Trm insieme alle altre municipalizzate era uno degli sponsor dell’ultima festa nazionale del Partito Democratico, in piazza Castello nel settembre 2010?».

(Sul sito del comitato No-Inc i moduli per firmare la petizione contro l’inceneritore di Torino).