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Giappone, un anno dopo il disastro di Fukushima

di Alessandra Profilio - 12/03/2012


Il Giappone si è fermato ieri per un minuto di silenzio in memoria delle vittime provocate l'11 marzo del 2011 dall'indomabile tsunami che ha messo in ginocchio l'arcipelago nipponico e scatenato il peggior disastro nucleare dai tempi di Chernobyl.


giappone anniversario
Il Giappone si è fermato ieri per un minuto di silenzio in memoria delle vittime provocate dal devastante terremoto/tsunami dell'11 marzo del 2011

Un bracciale spezzato trovato sul mio cuscino la mattina dell'11 marzo del 2011. Era il bracciale che mi era stato regalato da un'amica giapponese e da cui, da oltre un anno, non mi ero mai separata.

Pochi minuti dopo vengo a conoscenza della catastrofe: il Giappone devastato da un inarrestabile tsunami provocato da un violentissimo sisma.

Chiamo immediatamente Nami, la mia amica con gli occhi a mandorla. Lei sta bene. Eppure fa tremare ancora una volta, stavolta il mondo intero, il bilancio del doppio cataclisma che ha colpito il Paese del Sol Levante. 16.000 Morti e 3.300 dispersi.

È passato un anno da quando il mio bracciale si è spezzato, insieme all'esistenza di tutte quelle persone. Un'inquietante coincidenza? Forse.

Alle 14.46 (le 6.46 italiane) della giornata di ieri, il Giappone si è fermato per un minuto di silenzio. Nel corso di una commemorazione tenutasi ieri presso il Teatro nazionale di Tokyo, il premier Yoshihiko Noda ha ribadito l'impegno a completare la ricostruzione “il prima possibile”. Noda ha poi sottolineato la necessità che il Giappone “rafforzi le misure di prevenzione” utilizzando le lezioni apprese da quella tragedia.

Alla cerimonia ha preso parte anche l'imperatore Akihito che ha chiesto che proseguano gli sforzi al fine di migliorare la situazione nelle zone più colpite. “Non dobbiamo dimenticare la tragedia – ha affermato il sovrano – ma trasmetterla alle nuove generazioni per un futuro più sicuro”.

centrale fukushima
A causa dell'incidente nucleare di Fukushima, gli abitanti delle 'zone di pericolo' hanno perso case e mezzi di sussistenza

L'imperatore ha riconosciuto che, a causa dell'incidente nucleare di Fukushima, gli abitanti delle 'zone di pericolo' hanno perso case e mezzi di sussistenza. L'imperatore ha quindi sottolineato la necessità di fare in modo che le persone possano tornare in modo sicuro nelle proprie case nonché l'importanza di superare la sfida della contaminazione radioattiva.

Le persone sfollate che si trovano in alloggi temporanei sono circa 350.000, di cui molti disoccupati. Il governo, intanto, si appresta a pubblicare nei primi giorni di aprile la riclassificazione delle zone contaminate, dichiarandone alcune inabitabili per decenni.

Nel giorno di lutto nazionale le strade di Tokyo sono state invase da manifestazioni di anti-nuclearisti che hanno chiesto al governo l’abbandono dell’energia atomica, dopo il disastro di Fukushima.

Una protesta che assume ancora più importanza alla luce di quanto emerso da un rapporto di Greenpeace International secondo cui il disastro a Fukushima è stato causato proprio dal fatto che le autorità giapponesi hanno deciso di ignorare i rischi del nucleare e di dare priorità agli interessi economici piuttosto che alla sicurezza delle persone e dell'ambiente.

Ad un anno dal disastro, molte sono le zone che tuttora devono fare i conti con la contaminazione radioattiva. E per verificare i livelli di radioattività nell'area colpita dall'emergenza nucleare, le autorità giapponesi hanno ora deciso di sacrificare scimmie e cinghiali che verranno utilizzati come 'cavie' per verificare i livelli di radioattività nell'area colpita dall'emergenza nucleare. Come se non fossero bastate tutte le 'altre' vittime del disastro.

Come dimostrano i risultati di un piano di monitoraggio di Greenpeace, a quasi un anno dall'incidente, la radioattività rappresenta ancora una seria minaccia per la popolazione locale. Secondo Greenpeace, inoltre, le autorità non sono capaci di tutelare la salute dei cittadini.

protesta nucleare giappone
Le strade di Tokyo sono state invase da manifestazioni di anti-nuclearisti

Come ha dichiarato Jan Van de Putte, esperto di radiazioni di Greenpeace International, il lavoro di decontaminazione viene condotto a macchia di leopardo, mentre gli abitanti ricevono pochi e inadeguati aiuti per spostarsi in zone meno a rischio. In un anno, spiega Van de Putte, i livelli di radioattività non si sono ridotti in modo significativo e ciò dimostra che “c'è un problema persistente e che le autorità lo stanno affrontando in modo fallimentare”.

Nell'ultimo anno in più di un'occasione i cittadini giapponesi hanno denunciato la mancanza di risposte delle autorità. Un video shock diffuso nel luglio scorso ci ha mostrato gli sconvolgenti silenzi e le mezze risposte delle autorità ai cittadini che rivendicavano il sacrosanto diritto ad una vita in salute.

Un atteggiamento più che discutibile, quello assunto dall'esecutivo giapponese, che è intervenuto tempestivamente quando invece si è trattato di calpestare il diritto dei cittadini di protestare. Nel gennaio scorso, infatti, il ministro Yukio Edano ha dato l'ordine di rimuovere le tende installate 135 giorni fa dalle madri in protesta contro l'innalzamento del limite di sicurezza radioattivo per i bambini residenti nella zona contaminata in seguito al disastro nucleare.

In seguito al disastro di Fukushima, la Germania e la Svizzera hanno deciso di abbandonare l'energia atomica e anche altri Paesi hanno provvedimenti simili in itinere.

In Italia, con il voto referendario del giugno scorso, i cittadini hanno ribadito con forza il loro 'no' all'atomo. A distanza di 24 anni da quando nel 1987 furono chiamati alle urne per esprimersi sul nucleare, gli italiani non hanno dunque cambiato idea.

“Da Fukushima viene un monito sull’ineludibilità del principio di precauzione, proclamato proprio a Rio 20 anni fa dal primo Summit per la Terra”, ha ricordato il WWF Italia.

“A un anno da Fukushima, il mondo deve imparare la lezione e abbandonare davvero il nucleare" ha aggiunto il WWF, che ritiene che: "l’Italia possa giocare un ruolo in tal senso, non solo dal punto di vista politico, ma anche da quello tecnologico e industriale, per dare impulso all’abbandono globale del nucleare e alla crescita delle alternative rinnovabili e pulite”.