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Australia, il migliore amico degli Usa

di Luca Galassi - 28/03/2012


 


Una nuova, più stretta alleanza si profila nel sud-est asiatico. Stati Uniti e Australia stanno discutendo una decisiva intensificazione dei legami militari, che preveda voli congiunti di droni da un atollo dell’Oceano Indiano e un maggiore accesso ai porti australiani da parte della Us Navy.

La strategia in discussione segue l’accordo del novembre 2011, siglato da Obama e Gillard, che ha dato il via libera al dispiegamento di 2.500 marines a Darwin, sulle coste settentrionali dell’Australia. Ma la risposta alla ‘rising China’ non passa solo attraverso la revisione delle relazioni con l’alleato di lungo corso, bensì con l’apertura di negoziati con le Filippine e la richiesta a Singapore di far stazionare nel suo porto quattro navi da guerra. In misura minore, canali di cooperazione militare sono aperti anche con Thailandia, Vietnam, Malesia, Indonesia e Brunei. In moti casi sono le stesse nazioni asiatiche a rivolgersi agli Stati Uniti, spinti dalle politiche assertive di Pechino.

Dai tempi della Guerra Fredda, Washington mantiene basi in Giappone e Corea del Sud. Nel progetto di revisione dell’entità e della distribuzione delle sue forze armante nella regione Nord-Orientale del continente asiatico, si delinea la volontà di riduzione di tali presidi a vantaggio di una maggiore presenza nel Sud-Est asiatico, terra di crocevia commerciali e base di partenza per l’esplorazione dei giacimenti di gas e petrolio d’altura.

Tornando all’alleato principe, la fedeltà dell’Australia è provata da decenni di cooperazione nel settore militare e dell’intelligence, dalla presenza di oltre 20mila soldati australiani in Iraq tra il 2003 e il 2009 e di circa 1.500 uomini nella missione a guida Nato in Afghanistan.

Nell’intesa tra Washington e Canberra si parla di espandere la base navale di Perth, primario porto australiano, per consentire un maggiore afflusso per uomini e mezzi della Us. Navy, di un aggiornamento tecnico delle infrastrutture per ospitare portaerei statunitensi, navi d’attacco e sottomarini. Il rappresentatne civile della Marina Us, Ray Mabus, è atteso in visita a Perth e Darwin entro la fine del mese.

Gli interessi americani e australiani potrebbero incontrarsi anche nell’Oceano Indiano, dove il ‘leasing’ dell’l'isola di Diego Garcia, territorio britannico in prestito alla flotta Usa, scadrà nel 2016. L’occhio dei gerarchi militari è caduto sulle Cocos Island, remoto territorio australiano che potrebbe essere l’ideale non solo per gli apparecchi a controllo umano, ma anche per i Global Hawks, droni di sorveglianza non armati che raggiungono elevate altitudini e che potrebbero ben essere impiegati come aerei spia in grado di raggiungere il Mar cinese meridionale.

Un’altra offerta australiana potrebbe essere quella di Bribane, sulla costa orientale. Ma per ora l’unico accordo quasi certo è il dispiegamento di uomini a Darwin. Quest’ultima iniziativa è stata criticata dal giornale di Stato cinese nel novembre scorso. Se l’Australia favorirà in qualsiasi modo gli Stati Uniti per danneggiare gli interessi cinesi, era il senso dell’articolo, l’Australia potrebbe rimanere ‘presa in mezzo’ al fuoco incrociato. Uomo avvisato.