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Dante entra nella lista di proscrizione dell’Inquisizione Liberal

di Giulio Zotta - 02/04/2012


Abolire la Divina Commedia dai programmi scolastici? Sembra una follia o, nel migliore dei casi, una sciocca provocazione studiata per sollevare un polverone mediatico. Invece è una proposta concreta portata recentemente avanti dall’organizzazione “Gherush92”, niente poco di meno che consulente speciale del Consiglio Economico e Sociale delle Nazioni Unite. La richiesta è quella di eliminare il capolavoro dantesco dall’istruzione scolastica italiana o perlomeno “purgarne” alcune parti. Quali? Quelle che, secondo questi “ricercatori”, inneggiano ad antisemitismo, omofobia e islamofobia e giudicate pertanto offensive e inadeguate per l’educazione dei ragazzi. Il rapporto dell’associazione è molto dettagliato: nel mirino ci sono almeno cinque canti colmi di inaccettabili sentimenti anti-giudaici e intolleranze di vario genere. Nell’ultimo canto dell’Inferno compare Giuda, traditore per eccellenza della tradizione cristiana e associato al termine “giudeo”, indicante anch’esso una persona avida, infida e malefica e estesa per antonomasia a tutto il popolo ebraico. In un altro canto, il XXIII, Dante punisce il Sinedrio che, sempre in accordo con la secolare tradizione cristiana, aveva complottato contro Gesù, secondo la famosa teoria dei “giudei uccisori di Cristo”. Tutto ciò, afferma l’organizzazione, fa sì che “i giovani sono costretti, senza filtri e spiegazioni, ad apprezzare un’opera che calunnia il popolo ebraico, imparano a convalidarne il messaggio di condanna antisemita”. Poi l’Islam. Nel XXVIII dell’Inferno vengono descritte le pene per i seminatori di discordie, tra cui Dante inserisce Maometto e il successore Alì, entrambi straziati da pene raccapriccianti. Queste immagini atroci rappresenterebbero un’”offesa” alla cultura islamica, soprattutto quella in cui il corpo spaccato di Maometto è paragonato a una botte rotta, che, in quanto botte, contiene il vino, proibito dalla cultura islamica. Infine, per completare il presunto quadretto di “intolleranza” ci sono gli omosessuali, i “sodomiti” in lingua dantesca, puniti numerosi sia nell’Inferno che nel Purgatorio, tra le file dei lussuriosi anche eterosessuali. Dopo aver pazientemente messo in evidenza tutto ciò, il comunicato di “Gherush92” parla di un’opera “il cui contenuto denigratorio è evidente e contribuisce, oggi come ieri, a diffondere false accuse costate nei secoli milioni e milioni di morti. (…) Questo è razzismo che letture simboliche, metaforiche ed estetiche dell’opera, evidentemente, non rimuovono.” E poiché il razzismo è ritenuto un crimine, gli ideatori della petizione affermano che è loro dovere “segnalare alle autorità competenti, anche giudiziarie, che la Commedia presenta contenuti offensivi e razzisti che vanno approfonditi e conosciuti.” Portare Dante in tribunale (?), quindi, per poi “espungere la Divina Commedia dai programmi scolastici ministeriali o, almeno, inserire i necessari commenti e chiarimenti.” Eliminare il componimento dantesco o censurarlo a dovere. Adesso, ben sapendo che una simile proposta non potrebbe mai essere presa seriamente in considerazione né tantomeno applicata da un qualsiasi Ministero dell’Istruzione, è bene porsi alcune domane su una richiesta senza dubbio fuori dalla realtà, ma in fin dei conti figlia di questa realtà in cui viviamo. E’ fuori discussione che la Commedia di Dante Alighieri rappresenti non solo un capolavoro assoluto della letteratura italiana e mondiale ma anche un pilastro portante di tutta la nostra cultura, invidiata ed ammirata nelle più disparate nazioni, lontanissime dalla nostra per lingua, storia e tradizioni (recentemente è stata pubblicata una traduzione vietnamita!). E’ un’opera immensa e ricchissima di spunti di ogni genere che desta continuamente stupore e curiosità in ognuno dei suoi numerosi lettori e studiosi. Nonostante ciò, come abbiamo visto, non è impossibile imbattersi in chi, portando motivazioni assolutamente pretestuose, si spinga addirittura a chiedere di purgarla dai percorsi scolastici, e per di più nel Paese che ha prodotta! Che Dante Alighieri sia un uomo nato e vissuto in pieno Medioevo non c’è bisogno di ripeterlo. Come non è difficile accorgersi di quanto l’opera sia perfettamente figlia del suo tempo tanto quanto il genio che l’ha creata. Il Duecento e il Trecento furono epoche complesse e contrassegnate, in Italia, da sanguinose lotte tra fazioni e dallo scontro tra due poteri titanici, la Chiesa di Roma e il Sacro Romano Impero, e Dante vive sulla propria pelle la durezza di quegli anni, sperimentando un’appassionata militanza politica che lo porterà a un esilio e a un vagabondaggio da cui non tornerà più indietro. In Europa vedeva luce l’Inquisizione e iniziavano a brillare i primi roghi di eretici, e con la crisi del Trecento la popolazione, aizzata dalle classi dominanti dava il via a numerosi massacri di ebrei che vivevano nei ghetti delle grandi città, mentre il vasto Impero Arabo, che si era esteso fino a tutta la Penisola Iberica, iniziava ad essere lentamente respinto dai regni cattolici, soprattutto nel caso della celeberrima Reconquista spagnola. Evidentemente perciò gli anni di Dante non potevano certo essere contrassegnati da moderni dibattiti sulla tolleranza e sulla fratellanza tra religioni e popoli. Di questo, però, pare che non se ne sia accorta “Gherush92”, impegnata com’è in questa grandiosa quanto inutile opera di mistificazione totalmente decontestualizzata e superficiale. All’alba del Ventunesimo secolo, la società occidentale, cullatasi nell’illusione di un “secolo Americano” e di una “fine delle ideologie”, è vissuta nella percezione di un “politically correct” che è diventato ben presto un codice da applicare a qualsiasi cosa, con i suoi dogmi e crismi a volte (il più delle volte) intoccabili e inviolabili, pena l’esclusione e l’emarginazione dalla società stessa o perlomeno dall’opinione pubblica benpensante. Quindi ecco scatenarsi una corsa all’ “untore” che viola i crismi del politically correct, che passa attraverso tanti aggettivi tutti accomunati dal suffisso “-fobo” o “anti” o altre connotazioni: antisemita, antiamericano (in senso spregiativo), omofobo, islamofobo, anglofobo, razzista, “estremisti di ogni tipo e per ogni categoria. A questo discorso ci siamo ormai purtroppo abituati, perché i media che influenzano la società non fanno altro che rafforzare ogni giorno questo codice da applicare a chi, spesso, fa la voce fuori dal coro. Non eravamo abituati, però, a sentire applicate queste categorie a un autore della letteratura universalmente conosciuto e apprezzato per la sua opera: Dante Alighieri, appunto. Il povero sommo poeta, figlio del suo tempo con tutte le sue contraddizioni e aspetti negativi, non poteva immaginare forse che la sua opera sarebbe diventata così famosa ma neanche che sarebbe stata criticata per così pretestuosi motivi, abituato com’era a stare nel mezzo di lotte politiche e ideologiche ben più importanti. La Commedia, com’è ovvio, è un’opera complessa e non certo riducibile, in quanto a interpretazione critica, ai canoni di una società occidentale che ama dare etichette frettolose a destra e a manca. Per questo è ancora più sconvolgente la malsana idea proposta da “ricercatori” dell’ONU non meglio identificati, che pretendono di dare indicazioni su come riscrivere i programmi scolastici di un Paese quale l’Italia patria di eccelse opere letterarie. E oltre all’opera stessa, questo sembra essere un attacco rivolto anche agli insegnanti di letteratura che, a quanto sembra, non sarebbero in grado di “filtrare” (se anche ce ne fosse bisogno) i passaggi più controversi di Dante, e sarebbero perciò colpevoli di inculcare negli alunni una concezione intollerante e distorta. Tutte queste insinuazioni non erano mai venute in mente a nessuno in anni e anni di dibattiti scolastici e culturali, e allora perché, nel 2012, era proprio necessario, per di più da parte di un organo ufficiale delle Nazioni Unite, fare il processo a Dante e ai suoi canti? La vera risposta, forse, implica degli scenari ben più foschi e preoccupanti di quanto si possa pensare. Evidentemente, in tempo di globalizzazione senza freni, alcuni poteri neanche troppo occulti, dopo averci levato la sovranità popolare e nazionale (o quel poco che rimaneva) e aver imposto al Paese un governo di banchieri che rispondono non ai cittadini ma ad altri organismi privi di controllo e legittimità, vogliono sottrarci anche la nostra veramente preziosa cultura. Perché una buona colonia lo deve essere innanzitutto mentalmente. I risultati si vedono già da qualche anno con una preparazione media culturale sempre più bassa e record imbarazzanti (pare che il 71% degli italiani abbia difficoltà a comprendere un testo italiano di media difficoltà) e quindi non sembra strano che dopo averci bombardato con programmi televisivi spazzatura, dopo aver lanciato il germe di un’esagerata egemonia linguistica, quella dell’inglese che sta lentamente riducendo il nostro vocabolario a poche centinaia di parole italiane, adesso vogliano farci gettare nel dimenticatoio anche i grandi protagonisti della nostra tradizione capaci di creare opere immortali nello stile e nel messaggio. Resistere a questo mirato impoverimento spirituale deve essere una missione improrogabile per tutti, e Dante, a secoli di distanza, può ancora esserci d’aiuto: la sua lezione è quella di un uomo fiero ed avido di libertà che non accettò mai di piegarsi a certi voleri tirannici e che si proiettò così avanti da sognare un’Italia unita e libera dai “barbari”. Facciamo in modo che il suo non rimanga un sogno vano e irrealizzabile.