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Siria: gli amici e i mercenari

di Michele Paris - 04/04/2012


 
    

Il secondo summit dei cosiddetti “Amici della Siria” è andato in scena domenica scorsa a Istanbul, dove, sotto la guida degli Stati Uniti, si sono riuniti i rappresentanti di oltre 70 paesi per intensificare l’opera di destabilizzazione ai danni del regime di Bashar al-Assad. Il vertice, dopo quello organizzato a febbraio in Tunisia, è giunto a pochi giorni dall’accettazione anche da parte di Damasco del piano di pace dell’ex segretario generale dell’ONU, Kofi Annan, apparso proprio ieri di fronte al Consiglio di Sicurezza per fare il punto della situazione nel paese mediorientale.

Il piano di Annan era stato approvato da Russia e Cina dopo lo stralcio della richiesta esplicita delle dimissioni di Assad e l’inclusione di un appello rivolto anche ai “ribelli” armati a fermare le ostilità. Per Mosca e Pechino, l’appoggio alla missione sponsorizzata dall’ONU e dalla Lega Araba appare come il tentativo di risolvere la crisi in Siria con mezzi diplomatici, così da tenere in vita un alleato fondamentale per i loro interessi nella regione.

Come ha chiarito la stessa conferenza di Istanbul, tuttavia, gli Stati Uniti, i governi europei, la Turchia e le monarchie assolute del Golfo Persico intendono utilizzare il piano Annan come hanno già fatto con le precedenti iniziative diplomatiche, a cominciare dalla missione degli osservatori della Lega Araba fatta naufragare da Arabia Saudita e Qatar, cioè unicamente come arma per esercitare ulteriori pressioni sul regime fino alla sua caduta.

In quest’ottica, qualsiasi gesto o apertura da parte del presidente siriano non sarà comunque sufficiente, poiché l’obiettivo unico degli USA e dei loro alleati rimane il cambio di regime a Damasco, senza nessuno scrupolo per le possibili conseguenze di un intervento militare esterno, per l’appoggio dato ad un’opposizione dalla dubbia popolarità nel paese o per l’esplosione delle violenze settarie che si stanno pericolosamente alimentando nel paese.

A conferma di ciò, le dichiarazioni uscite dal vertice di Istanbul sono state puntualmente all’insegna delle minacce. Il premier turco, Recep Tayyp Erdogan, ha ad esempio affermato che “se il regime siriano non collaborerà con Annan, il Consiglio di Sicurezza dell’ONU dovrà adempiere alle proprie responsabilità per mettere fine al massacro”. Per il padrone di casa della conferenza, inoltre, “se il Consiglio di Sicurezza dovesse nuovamente sfuggire a questa responsabilità storica, la comunità internazionale non avrà altra scelta che appoggiare il diritto all’auto-difesa del popolo siriano”.

Mentre tutte le delegazioni presenti domenica in Turchia non hanno esitato a puntare ancora una volta il dito contro Assad per non aver implementato il piano Annan, nessuno ha ritenuto opportuno ricordare come la stessa proposta di pace preveda lo stop alle violenze anche per l’opposizione armata. Per Damasco, la cessazione unilaterale delle operazioni militari nel paese senza una simile iniziativa dei “ribelli” rappresenterebbe infatti un vero e proprio suicidio.

Per il Segretario di Stato americano, Hillary Clinton, “dopo quasi una settimana, dobbiamo concludere che il regime ha fatto una nuova aggiunta alla sua lunga lista di promesse non mantenute”. Per questo, secondo la ex first lady, “il mondo deve giudicare Assad per le sue azioni e non per le sue parole”.

Quest’ultima frase di Hillary esprime alla perfezione tutta l’ipocrisia che avvolge la politica estera statunitense, dal momento che parole simili potrebbero essere applicate precisamente ai crimini commessi dall’imperialismo americano nel mondo e nascosti dietro la retorica della democrazia e dell’intervento “umanitario”.

Proprio per aprire la strada ad un intervento esterno era stato creato il gruppo degli “Amici della Siria”, in modo da scavalcare il Consiglio di Sicurezza dell’ONU, dove nei mesi scorsi risoluzioni anti-Assad erano state bloccate dal veto di Russia e Cina per evitare il ripetersi della vicenda libica.

I governi di Mosca e Pechino, vale a dire i principali alleati di Damasco, erano entrambi assenti dal vertice di Istanbul. Nella metropoli turca erano invece presenti i rappresentanti del Consiglio Nazionale Siriano (CNS), il cui numero uno, Burhan Ghalioun, prima dell’apertura dei lavori ha invitato i governi presenti ad aumentare il loro impegno per armare il Libero Esercito della Siria e aprire al più presto corridoi “umanitari” nel paese, sostanzialmente una copertura per un intervento militare esterno.

Gli “Amici della Siria” si sono ancora una volta dimostrati poco interessati alle profonde divisioni interne al Consiglio Nazionale Siriano o alle recenti accuse di crimini guerra rivolte da Amnesty International ai gruppi armati che da esso dovrebbero dipendere. Il CNS è infatti stato riconosciuto domenica come “legittimo rappresentante di tutti i siriani”, anche se per il momento non l’unico.

La promozione del CNS e del Libero Esercito della Siria è proseguita con la conferma da parte di Hillary Clinton dell’impegno americano a fornire equipaggiamenti “non letali” all’opposizione, come aveva anticipato settimana scorsa a Seoul il presidente Obama in un faccia a faccia con Erdogan a margine di un summit sul nucleare tenuto nella capitale sudcoreana.

Il materiale promesso consisterebbe soprattutto in sofisticati sistemi di comunicazione per permettere un più efficace coordinamento non solo nella progettazione di attacchi contro le forze e le installazioni del regime, ma anche in vista di un eventuale intervento militare esterno.

A Istanbul si è discussa poi la creazione di un fondo a favore del CNS, anche se non è stato raggiunto un accordo sull’impiego del denaro da raccogliere. Paesi come Arabia Saudita, Emirati Arabi e Qatar, sebbene lo facciano già da tempo in maniera non ufficiale, spingono per fornire armi ai “ribelli”, mentre Washington, Ankara e l’Europa sembrano nutrire ancora qualche riserva.

Secondo le cifre fornite dai rappresentanti del CNS, starebbero per essere stanziati 176 milioni di dollari per assistenza “umanitaria” e 100 milioni per pagare direttamente i salari dei membri dell’opposizione armata. Questi ultimi diventeranno così a tutti gli effetti veri e propri mercenari al servizio delle potenze imperialiste occidentali per rovesciare un regime sgradito.

Nella dichiarazione finale degli “Amici” è stata inclusa la richiesta a Kofi Annan di stabilire una scadenza oltre la quale dovranno essere decisi i prossimi passi da fare per risolvere la crisi siriana. Lunedì al Consiglio di Sicurezza ONU, l’ex segretario generale ha così annunciato il prossimo 10 aprile come data concordata con Damasco per l’inizio dell’implementazione del piano. L’ambasciatore siriano al Palazzo di Vetro, Bashar Jafari, ha confermato l’impegno, vincolato però al rispetto del cessate il fuoco anche da parte dell’opposizione.

Sempre a Istanbul, i delegati dei governi hanno inoltre deciso di istituire un gruppo di lavoro per monitorare quei paesi che continuano a fornire armi o altro supporto al governo Assad. Questi movimenti, peraltro, sono ratificati da contratti legali stipulati con un governo legittimo, a differenza dei traffici illegali che dal Golfo vanno ad alimentare le violenze in Siria.

Infine, è stato raggiunto un accordo per facilitare la raccolta di prove che documentino la repressione del regime in vista di futuri processi per crimini di guerra contro Assad e la sua cerchia di potere. Questo sforzo, com’è ovvio, non comprende le prove di torture, rapimenti e uccisioni arbitrarie, anche a danno di civili, di cui si stanno macchiando i “ribelli”.

Il summit di Istanbul è stato duramente condannato dalla Russia che lo ha definito una distrazione dalla missione diplomatica di Annan e un nuovo tentativo di destabilizzare la Siria per aprire la strada ad un intervento militare. Il livello di impegno per la risoluzione pacifica della crisi da parte degli “Amici della Siria” è risultato d’altra parte evidente dall’esclusione dalla conferenza di quei gruppi dell’opposizione che hanno mostrato una certa disponibilità ad aprire un dialogo con il regime.

È il caso, questo, del Comitato di Coordinamento Nazionale Siriano, che, come ha scritto sabato Bloomberg News, dovrebbe incontrare il ministro degli Esteri russo Lavrov a Mosca tra un paio di settimane per discutere proprio quel piano Annan che, a differenza del CNS, i suoi vertici hanno approvato e che potrebbe però essere ben presto superato dai fatti.