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Giuseppe Toniolo: ‘l’uomo come fine’

di Mario Bozzi Sentieri - 04/04/2012

 

Dimenticato, per anni, dallo stesso mondo cattolico, che pure è stato debitore delle sue intuizioni politiche e sociali (Pio XII lo definì “maestro dei cattolici italiani in campo sociale”),  torna la figura di Giuseppe Toniolo, intellettuale esemplare, vissuto a cavallo tra Ottocento e Novecento.

A richiamare l’attenzione non solo un convegno di studi storici (Giuseppe Toniolo: ‘l’uomo come fine’) ospitato dall’Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano, anche in vista della prossima beatificazione, prevista per  il 29 aprile, ma la stessa crisi economica contemporanea, con l’emergere di un capitalismo finanziario senza regole, una sempre più marcata cesura tra etica ed economia, una domanda partecipativa da parte delle forze sociali.

Di questi temi Toniolo è stato studioso rigoroso ed insieme appassionato, in un periodo di passaggio della storia politica ed economica italiana, tra un’emergente “questione sociale” ed una rinnovata domanda di rappresentanza da parte del mondo cattolico. Nato a Treviso nel 1845, laureatosi a Padova, libero docente di economia politica prima  a Padova, Venezia e Modena, poi, nel 1882,  Pisa, dove rimase tutto il resto della vita, avendo, tra gli altri, come allievo Werner Sombart, l’autore de Il capitalismo moderno, a Toniolo si deve l’iniziativa delle “Settimane Sociali” dei cattolici, il cui primo congresso , avvenuto a Genova nel 1892, approvò la sua relazione, nella quale la soluzione corporativa veniva indicata come la sola idonea a risolvere la “questione sociale”. L’idea di fondo è quella di una convergenza tra struttura sociale ed impianto statale, sia a livello territoriale che “di classe”, con un richiamo alle persone reali, viventi nelle categorie produttive, nelle famiglie, negli enti locali. 

Di questa “visione”, che, pur partendo dallo spiccato interesse di Toniolo verso la società medievale, dà un’immagine tutt’altro che nostalgica della realtà moderna e dei suoi sviluppi, il recente convegno milanese ha offerto, in particolare nella seconda sessione, dedicata a “Studi e analisi”, spunti di grande attualità, a partire dal concetto di “Stato leggero”, sviluppati  dalla medievista Maria Pia Alberzoni e poi riprese da Alberto Cova nella parte dedicata al suo pensiero sul corporativismo, inteso come libera associazione dei lavoratori;  a  lavoro e capitale anche in relazione reciproca;  ai suoi trattati sull’argomento incentrati sulla produzione e distribuzione della ricchezza; ai concetti di usura e di funzione e uso del capitale, fino all’idea di democrazia etica, analizzata da Antonio Magliuolo, evidenziata sia dall’impegno diretto di Toniolo finalizzato  all’inserimento dei cattolici nella vita politica, sociale e culturale della nazione italiana sia dalla sua teoria sociologica, sviluppata intorno al  prevalere dell’etica e dello spirito cristiano sulle dure leggi dell’economia, con una serie di proposte concrete quali  il riposo festivo, la limitazione delle ore lavorative, la difesa della piccola proprietà, il valore sociale della religione, la tutela del lavoro delle donne e dei ragazzi.

Di fronte a questo sforzo, encomiabile, per ridare nuovo slancio ad un’idea sociale per troppi anni messa sotto silenzio, sull’onda di più facili convergenze politiche e culturali (pensiamo all’egemonia  classista e marxista subita, durante gli Anni Settanta-Ottanta dal mondo politico, sindacale e culturale di estrazione cattolica) l’impressione è che certi “recuperi” continuino  a subire la guerra delle parole, per la quale talune espressioni  appaiono ancora imbarazzanti. Basti pensare – proprio per restare all’opera di Toniolo – al termine  “corporativismo”. Più facile, come si è visto al convegno milanese, sostituirlo con corpi intermedi, associazionismo, sussidiarietà, magari glissando sulla essenza reale. 

Eppure basterebbe andare alla più ortodossa dottrina cattolica per avere risposte non equivocabili. A cominciare da quanto scrisse, nel 1931, Pio XI,  nella Quadragesimo Anno: “Le corporazioni sono costituite dai rappresentanti dei sindacati degli operai e dei padroni nella medesima area e professione, e come veri e propri organi ed istituzioni dello Stato, dirigono e coordinano i sindacati nelle cose di interesse comune. Lo sciopero è vietato; se le parti non si possono accordare, interviene il Magistrato. Basta poca riflessione per vedere i vantaggi dell’ordinamento per quanto sommariamente indicato: la pacifica collaborazione delle classi, la repressione delle organizzazioni e dei conati socialistici, l’azione moderatrice di una speciale magistratura”.

Malgrado fosse scomparso nel 1918, c’è molto di Toniolo in questo scritto, segno dell’influenza e del perdurare di analisi che, malgrado il tempo trascorso, invitano ad un’ attenta rilettura. Pur nel mutare degli scenari, i grandi temi del rapporto tra etica ed economia, produzione e giustizia sociale, partecipazione e accesso alla proprietà, restano all’ordine del giorno del Sistema-Italia.