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I nemici dei miei nemici sono miei amici

di Luciano Fuschini - 27/04/2012

 




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L’Islam è l’ultima grande fede, diciamo pure l’ultima grande visione del mondo, che si oppone tenacemente al mercatismo e al pensiero unico liberal-scientista. Vediamo in atto il tentativo di minarlo laicizzandolo e liberalizzandolo. Eppure l’Islam militante, quello dei movimenti politici più estremi, contrariamente a quanto si pensa, è spesso alleato dell’Occidente. Il paradosso si spiega facilmente avendo presente una regola non scritta ma ferrea, che in politica funziona sempre, senza eccezioni: i nemici dei miei nemici sono miei amici. Nel XVI secolo i cattolicissimi Re di Francia si allearono di fatto col nemico della cristianità, il Sultano turco, evidentemente non per affinità ideologica  ma perché avevano un comune nemico: il cattolicissimo impero asburgico. Nei recenti anni Settanta del Novecento la Cina di Mao, baluardo del comunismo più intransigente, si alleò di fatto con gli USA, evidentemente non per affinità ideologica ma perché avevano un comune nemico, l’URSS, avvertita da entrambi come una potenza espansionista e minacciosa. Si potrebbero fare decine di altri esempi, comprese certe “strane” alleanze nelle due guerre mondiali.
Il colonialismo occidentale ha un grande nemico: i regimi laici, nazionalisti e in varia misura socialisteggianti, i più tenaci nell’opporsi alla penetrazione imperialista. Questi regimi sono anche gli acerrimi nemici dell’islamismo estremista, che li identifica con un laicismo ateo, materialista, un concentrato di negatività che viene bollato come “comunismo”, anche quando quei regimi i comunisti li impiccano. Da ciò una convergenza di fatto fra colonialismo occidentale e islamismo militante, di cui si danno molti esempi eloquenti.
L’iraniano Mossadeq, deciso fautore della nazionalizzazione delle risorse del suo Paese, non fu sostenuto dal radicalismo islamico e fu rovesciato da un colpo di Stato organizzato dai servizi segreti inglesi e americani. L’egiziano Nasser, nazionalista e socialista, fu il campione della rinascita araba e dell’anticolonialismo. Il suo era un nazionalismo panarabo, perchè sognava una Repubblica Araba Unita che andasse dal Marocco alla Siria. Fu il grande nemico dei colonialisti e di Israele, ma all’interno fu combattutto dai Fratelli Musulmani. Più recentemente, nell’Afghanistan invaso dai sovietici, la resistenza patriottica poté contare su una internazionale islamica armata e addestrata dalla CIA (Al Qaeda nacque in quell’occasione e un giovane Bin Laden fu l’uomo su cui gli USA giocarono le loro carte). In Bosnia e nel Kosovo le bande degli estremisti musulmani combattevano sotto la protezione dei bombardieri della NATO. In Libia l’alleanza fra NATO ed estremisti musulmani è stata aperta ed esplicita, per spodestare il nazionalista laico e sia pure ambiguamente socialisteggiante Gheddafi. La stessa operazione è stata tentata in Siria, con esiti ancora incerti. Del resto lo Stato che più di ogni altro si erge a custode dell’islamismo più rigoroso e intransigente, l’Arabia Saudita, è un pilastro del sistema di potere imperiale americano e israeliano. L’internazionale islamica che sconfisse i sovietici in Afghanistan era armata dalla CIA ma finanziata dall’Arabia Saudita, che fu decisiva nel crollo dell’URSS molto più del papa polacco. Infatti negli anni Ottanta l’Arabia Saudita, coordinandosi come sempre con gli USA, inondò di petrolio i mercati, determinando il crollo del suo prezzo e togliendo così la risorsa fondamentale alla disastrata economia sovietica, ulteriore colpo che ne preparò il collasso. Tutti questi fatti incontrovertibili dimostrano che fra Islam e potere occidentale non c’è quel conflitto politico che si è voluto far intendere.
Per la verità si potrebbero citare altri fatti che dimostrerebbero la tesi contraria: il terrorismo di Al Qaeda, gli ayatollah iraniani, la resistenza talebana, gli Shabaab somali. A ben guardare, l’Islam non c’entra molto nella loro opposizione all’Impero. Per l’Iran si tratta dell’ orgoglio patriottico di un’antica e nobile nazione, che usa l’Islam sciita per i suoi progetti di potenza regionale; Al Qaeda resta un’entità  sfuggente e  ambigua; la resistenza talebana e degli Shabaab ha a che fare più col tribalismo e la tenace difesa del proprio territorio che con la causa universalistica dell’Islam.
In definitiva, credo sia dimostrabile che il vero nemico del colonialismo sia sempre stato il nazionalismo laico e socialista, non l’Islam militante. Possiamo riconoscerlo pur non essendo noi nazionalisti né fautori di un socialismo statalista e accentratore. Quello che appare certo è che l’11 Settembre e la mobilitazione imponente della propaganda che dipingeva il terrorismo islamico come il nuovo Nemico, era solo una cortina fumogena per nascondere i piani di espansione nelle aree ricche di fonti energetiche strategiche e per completare una rete di basi che circondano Russia e Cina, nella prospettiva di una grande guerra prossima ventura contro i veri nemici, che non sono i barbuti guerrieri di Allah dallo sguardo allucinato.