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Lo Yemen e i droni della CIA

di Michele Paris - 27/04/2012

In risposta alla richiesta della CIA, l’amministrazione Obama ha concesso l’altro giorno maggiore discrezione nell’impiego dei droni in Yemen alla principale agenzia di intelligence americana e al comando delle operazioni speciali (Joint Special Operations Command, JSOC). La decisione presa dalla Casa Bianca sanziona l’impegno sempre maggiore degli Stati Uniti in questo paese della penisola arabica, consentendo l’implementazione di regole più blande nella gestione degli attacchi mirati contro presunti terroristi affiliati ad Al-Qaeda.

La richiesta alla Casa Bianca e al Consiglio per la Sicurezza Nazionale, come aveva rivelato la settimana scorsa un servizio speciale del Washington Post, era stata sottoposta dal direttore della CIA, generale David Petraeus, già promotore dell’escalation delle operazioni condotte sotto copertura dalle forze speciali a stelle e strisce in Afghanistan e in Pakistan.

I cambiamenti alle linee guida per le incursioni dei droni in Yemen prevedono in primo luogo la possibilità di colpire presunti militanti islamici di cui gli USA non conoscono nemmeno l’identità, come avviene appunto nelle aree tribali del Pakistan. La CIA e il JSOC avevano chiesto in realtà una discrezione ancora più ampia, così da ottenere mano libera per portare a termine i cosiddetti “signature strikes”, secondo i quali i bombardamenti con i droni sono consentiti sulla sola base di informazioni che indicano “una rete di comportamenti sospetti”.

La Casa Bianca aveva sempre rifiutato di concedere una simile autorizzazione, chiedendo alla CIA e alle forze speciali di limitarsi ad assassinare i militanti presenti sulle liste in loro possesso e che minacciano di portare a termine attentati terroristici in territorio americano. L’amministrazione Obama ha ora invece acconsentito parzialmente all’istanza, escludendo da future operazioni mirate solo alcuni potenziali bersagli, come i militanti di basso livello e i depositi di armi.

La distinzione tra affiliati di spicco ad organizzazioni integraliste e membri di secondaria importanza appare in ogni caso difficile da rispettare, dal momento che saranno ora possibili attacchi contro persone di cui non si conosce il nome basandosi su informazioni facilmente manipolabili relative al loro comportamento.

I presunti terroristi, inoltre, sono soprattutto guerriglieri armati, non necessariamente facenti parte di gruppi integralisti, che si battono contro il governo centrale, anche se Washington e i media americani continuano a sottolineare il pericolo proveniente dai militanti yemeniti per la sicurezza nazionale degli USA. Per questo motivo, il rischio che gli Stati Uniti finiscano per prendere parte, ovviamente a favore del governo, a quella che sta emergendo sempre più come una vera e propria guerra civile in Yemen, appare estremamente probabile.

Secondo alcune stime, negli ultimi tre anni gli americani hanno condotto una trentina di incursioni con i droni in Yemen, uccidendo 250 persone. Fino ai cambiamenti di pochi giorni fa, la CIA e il JSOC individuavano le proprie vittime scegliendole da una lista nera, su cui peraltro i presunti militanti finiscono senza passare attraverso un procedimento legale legittimo e senza che vengano rese note pubblicamente le prove della loro affiliazione ad un’organizzazione terroristica.

L’attenuazione delle regole relative all’uso dei droni renderà così ancora più probabile l’assassinio indiscriminato non solo di presunti militanti la cui colpevolezza di un qualche crimine è tutta da dimostrare, ma anche e soprattutto di civili. Questi ultimi sono già stati spesso il bersaglio delle incursioni americane, rendendole estremamente impopolari tra gli yemeniti, tanto che, come avevano rivelato alcuni cablo diffusi da WikiLeaks, il governo centrale nel recente passato si era assunto le responsabilità delle operazioni anti-terrorismo con i droni condotte in realtà dagli USA per evitare di scatenare proteste o rivolte nel paese.

La discrezione garantita all’intelligence e alle forze speciali americane è comunque già considerevole, come conferma un attacco con un drone effettuato domenica scorsa. Quest’ultimo blitz ha colpito un veicolo che gli Stati Uniti ritenevano stesse trasportando membri di Al-Qaeda, anche se i vertici della CIA hanno fatto sapere di essere ancora al lavoro per identificare le persone assassinate.

La svolta nell’impiego dei droni in Yemen è stata accuratamente preparata negli ultimi mesi da un’incessante propaganda sui media d’oltreoceano, impegnati a descrivere una inarrestabile espansione in questo paese delle attività di Al-Qaeda nella Penisola Arabica (AQAP), in particolare nelle regioni meridionali dove il controllo governativo è tradizionalmente blando. In questa campagna mediatica un ruolo fondamentale era stato attribuito al predicatore nato in America Anwar al-Awlaki, accusato di aver organizzato una serie di attentati terroristici falliti e ucciso proprio da un drone nel settembre dello scorso anno.

L’impegno americano in Yemen è giustificato in gran parte dall’importanza strategica di questo paese, situato in una posizione cruciale per le rotte commerciali (petrolio in particolare) che passano attraverso il Canale di Suez. Per questo motivo, l’esplosione delle proteste popolari lo scorso anno contro il regime dell’ormai ex presidente, Ali Abdullah Saleh, avevano spinto gli USA ad intensificare il proprio coinvolgimento nelle vicende yemenite, in modo da non perdere il controllo su un alleato così cruciale.

Dopo mesi di complicate trattative, Washington e le monarchie assolute del Golfo Persico un paio di mesi fa sono riuscite a negoziare le dimissioni di Saleh, orchestrando una transizione farsa, suggellata da nuove elezioni presidenziali a cui ha partecipato un solo candidato, l’ex vice-presidente Abd Rabbuh Mansour Hadi, ora alla guida del paese.

Secondo quanto riportato mercoledì dal Wall Street Journal, gli Stati Uniti avrebbero esercitato enormi pressioni sul governo di Sana’a per convincerlo ad accettare le nuove condizioni d’impiego dei droni sul suo territorio. Il regime yemenita, invece, intendeva limitarne il più possibile l’utilizzo per evitare di suscitare nuove protese nel paese, tanto più che, come ha fatto notare la fonte anonima del quotidiano newyorchese, “tutti gli yemeniti sono armati, perciò come è possibile distinguere un sospetto militante da un civile armato ?”.

Questo aspetto della società dello Yemen rende dunque estremamente rischiosa la nuova politica USA sui droni, dal momento che ogni incontro tra persone armate in ogni angolo del paese potrebbe virtualmente diventare il bersaglio di un attacco aereo.

Il nuovo governo dello Yemen, in ogni caso, ha alla fine dato il via libera alla CIA e al JSOC, anche perché l’intensificazione della campagna americana aiuterà in maniera decisiva il regime a colpire i movimenti indipendentisti e i gruppi islamici che contribuiscono alla destabilizzazione del paese più povero dell’intero mondo arabo.