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In Siria tutte le superpotenze giocano duro

di Fabio Polese - 28/05/2012

Fonte: Secolo d'Italia



È sera e, nel quartiere di Dahie, a Beirut sud, c’è un po’ di movimento. In lontananza si vede del fumo e si sentono delle grida. Diverse persone sono scese in strada per manifestare dopo il rapimento dei dodici pellegrini sciiti libanesi avvenuto tre giorni fa nella provincia di Aleppo, in Siria.
In Libano, negli ultimi giorni, gli scontri tra gli oppositori e i sostenitori del governo siriano del presidente Bashar al Assad, da Tripoli, si sono spostati anche a Beirut, e hanno causato la morte di due persone nella notte tra domenica e lunedì. In questa situazione che potrebbe diventare di reale tensione, ho incontrato nella sede del partito, Ali Darmush, il responsabile dei rapporti esteri di Hezbollah, ossia il Partito di Dio, partito politico sciita libanese.

Cosa pensa Hezbollah di quello che sta succedendo in Siria?

Quello che sta succedendo in Siria è molto chiaro: gli Stati Uniti e alcuni Paesi arabi stanno sostenendo i ribelli. Stanno sostenendo gli scontri armati e il caos. Non possiamo pensare che la situazione del conflitto sia dovuta alle riforme per la ricerca della democrazia e della libertà. Bashar al Assad ha fatto passi significativi. Hezbollah crede che il popolo siriano stia pagando il sostegno alla resistenza palestinese e libanese. Gli Stati Uniti vogliono avere il comando nella nostra regione; vorrebbero tanti piccoli Stati che si combattono tra loro per lasciare Israele nei territori occupati dal 1948 a oggi. Noi crediamo a una soluzione politica tra il governo e l’opposizione.

E se il presidente Bashar al Assad cadesse, quali ripercussioni ci sarebbero sul Libano?

Non sappiamo cosa potrebbe succedere. Se regna il caos in Siria, potrebbe riflettersi anche in Libano.

Negli ultimi giorni gli scontri si sono spostati da Tripoli alla vostra capitale. Come si comporta Hezbollah in queste situazioni che potrebbero degenerare da un momento all’altro? E avete notizie dei libanesi rapiti martedì scorso vicino Aleppo?

Essere diversi è una cosa normale ed Hezbollah è aperto a tutti i pensieri. Una delle caratteristiche dell’Islam è proprio quella di convivere con le altre religioni. Qui in Libano abbiamo diciotto comunità religiose e noi le rispettiamo tutte. All’interno dei Salafiti ci sono correnti molto violente ed è per questo che martedì in Siria hanno rapito quei dodici libanesi sciiti. Sempre con la forza, in altre zone sono stati attaccati dei cristiani. Questa situazione è molto pericolosa, ma la cosa più preoccupante è che gli Stati Uniti sostengono proprio queste persone, ossia persone pericolose che creano il caos. Anche in Libano stiamo vivendo questo pericolo: ci sono elementi che entrano nel Paese e lo sabotano. Noi questo pericolo, siamo pronti ad affrontarlo.  

Hezbollah, nelle zone di confine con la Siria, effettua dei controlli del territorio affinché non arrivino armi agli oppositori del governo?

Siamo forti, abbiamo la massa che ci segue e siamo presenti in tutto il Paese ma noi non siamo l’alternativa allo Stato e all’esercito libanese. Sono loro che devono salvaguardare il confine e la stabilità del Paese. Il Libano ha dichiarato di essere neutrale nella “questione Siria” e ha negato il passaggio di armi attraverso i propri confini.

Quali sono in questo particolare momento le relazioni tra il vostro movimento e il movimento palestinese Hamas?

Consideriamo Hamas ancora un movimento di resistenza che rivendica i diritti dei palestinesi. In questo momento non è chiara la posizione che stanno assumendo rispetto alla questione siriana. Noi, tuttavia, capiamo il loro imbarazzo per via dei rapporti con altri movimenti sunniti.

Israele mantiene un profilo alto nei vostri confronti. Recentemente, prima il primo ministro Benjamni Nethanyahu e poi un alto ufficiale israeliano hanno dichiarato al giornale inglese “Telegraph” che il Libano verrà presto raso al suolo. Cosa pensa di queste dichiarazioni?

Ci siamo abituati, fanno queste dichiarazioni ogni giorno e rivelano il loro carattere aggressivo. Vogliamo ricordare che in tutta la nostra storia noi ci siamo solo difesi. Israele sa benissimo che la resistenza è organizzata e che se vuole colpirci avrà una risposta forte. È chiaro che attaccare il Libano non è più una passeggiata.

Tra pochi giorni si saprà l’esito delle elezioni presidenziali in Egitto. Quali scenari potrebbero cambiare se vincesse il candidato dei Fratelli Musulmani?

Noi rispettiamo la volontà del popolo egiziano. Certamente, se vincessero i Fratelli Musulmani noi daremmo il benvenuto. Siamo legati da rapporti che possiamo definire abbastanza buoni.
Frattanto l’atmosfera di insicurezza che negli ultimi dieci giorni si è diffusa in Libano come conseguenza della crisi siriana ha avuto un immediato contraccolpo sull’economia del Paese, in particolare sul commercio e sul turismo, una delle sue colonne portanti, che aspettava l’estate con la speranza di una ripresa dopo risultati deludenti lo scorso anno. In pochi giorni, da domenica a mercoledì, le attività commerciali a Beirut hanno subito «un crollo praticamente del 75%». Lo rivela il quotidiano “L’Orient le Jour”.