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La “strage di civili”: l’immancabile prologo della “guerra umanitaria”

di Enrico Galoppini - 04/06/2012

Fonte: europeanphoenix


 

Le moderne “democrazie” ufficialmente non fanno più la guerra a nessuno. La guerra, questo “orrore assoluto” condannato da tutte le parti e con ogni mezzo (politici, preti, cultura, scuola, musica, cinema ecc.), sembra una cosa arcaica, confinata nel passato, come se la Seconda guerra mondiale – come c’indottrinano i demenziali “libri di testo”- segnasse uno spartiacque tra un mondo “prima” e un mondo “dopo la guerra”, quest’ultimo percepito come quello della “pace perpetua”. E se, com’è constatabile da chiunque, conflitti armati esistono ancora (anzi, ve ne sono sempre di più!), lo si dovrebbe solo al fatto che la “democrazia” non è arrivata dappertutto a portare “pace e bene”… Di questo sofisma sono perfettamente convinti i suoi apologeti sciocchi e autoreferenziali, le marionette che si agitano nel teatrino della “fabbricazione del consenso”; certo di meno i suoi astuti e scaltri pupari… La “pace mondiale” di “un mondo senza guerre” – che non ha niente a che vedere con la Pace interiore con la “P” maiuscola – è difatti un vecchio sogno di costoro, a fini di dominio planetario, e a tale scopo hanno istituito le farisaiche Nazioni Unite (e prima la Società delle Nazioni) con tutte le agenzie collegate che veicolano il medesimo messaggio nei differenti domini dell’esistenza.

Intendiamoci, per attaccare un “nemico” c’è sempre stato bisogno d’individuare qualche buon motivo propagandistico da proporre ai propri sudditi. Ma fino alla Seconda guerra mondiale, però, si trattava ancora di guerra tra Stati, e non di “operazioni di polizia internazionale” (dove un “poliziotto planetario” – democratico – castiga un “gaglioffo”), quindi poteva anche bastare l’aizzamento sciovinistico quale, ad esempio, quello che additava nella “barbarie tedesca” il sacro movente per mandare al macello milioni di esseri umani.

Poi, dopo la fine del bipolarismo Usa-Urss e della falsa dicotomia tra “capitalismo” e “comunismo”, da una parte il “pacifismo”, dall’altra l’ipocrisia moralistica dilagante con la diffusione dell’ideale e del modo di vita democratico, hanno però posto nuovi problemi a chi deve escogitare qualche trucco pubblicitario prima di un’aggressione militare. Certo, il “pacifismo” è stato creato ed incoraggiato dagli stessi dominanti occidentali, ma tra i suoi esiti meno graditi che richiedevano un aggiustamento del tiro della propaganda bellica vi era l’irriducibile avversione ad ogni avventura in armi della propria nazione. Molti ricorderanno infatti con quale imbarazzo, nel 1990-91, in un’Italia in cui la guerra era effettivamente un tabù, dovettero far digerire una seppur minoritaria partecipazione italiana alla “coalizione” che si apprestava a flagellare l’Iraq.

Ma a partire dalla guerra alla Federazione Jugoslava (1999) è stato fatto il salto di qualità, inaugurandosi la stagione delle “guerre umanitarie”. Quella volta erano gli albanesi kosovari i poveri agnellini da difendere da un’altra proverbiale “barbarie”, quella serba, variante di quella atavica “slava”. E in un crescendo di demonizzazione a senso unico, giungeva ad un certo punto il “massacro di civili”, che anche usato a posteriori (vedasi il caso dell’affondamento del Lusitania, che dopo due anni venne addotto dagli Stati Uniti quale pretesto per il loro ingresso nella Prima guerra mondiale) rappresentava la scusa perfetta per gli “alfieri del Bene”. Dopo di che scattava l’attacco, con forza militare preponderante e – ben strano per chi vorrebbe evitare “massacri” e “sofferenze” – la strage della popolazione della parte dipinta come il “Male”, nonché la distruzione di tutte quelle strutture che le garantivano una vita dignitosa.

Ma ancora, nel 1999, si trattava di difendere una nazionalità (vera o presunta) contro un'altra, l’una “buona”, l’altra “cattiva”, seppur all’interno di uno Stato federale sovrano. E la Jugoslavia riscuoteva una residua simpatia da parte di certa sinistra “antimperialista”, disgustata per l’entusiasmo con cui quella socialdemocratica e “rifondarola” s’era convertita alla novella religione dell’interventismo “umanitario”. Oggi, il trucco s’è affinato, e, mentre il “pacifismo” s’è disgustosamente appiattito del tutto sull’agenda delle “liberazioni” occidentali, con la “Primavera araba” è stato stabilito il dogma dell’ingerenza negli affari interni d’uno Stato sovrano (e membro della stessa Onu che dovrebbe aborrire la guerra!), col pretesto di difendere “i civili” dalla “repressione” del proprio governo (“Gheddafi massacratore del suo stesso popolo”, ripetuto come un mantra).

Tutto il resto non conta. Né le inchieste che documentano la genesi di un’opposizione nient’affatto “pacifica” né le evidenze che mostrano come i morti addebitati al “regime” siano in realtà sulla coscienza di mercenari e tagliagole (nel vero senso della parola) a libro paga della Nato. Né serve appellarsi a quel barlume di logica rimasto nella zucca di individui che al posto del cervello devono avere una fanghiglia putrescente: nessuno spiegherà mai perché un governo dovrebbe tagliare la gola a dei bambini (con le “bombe”?), sperando, con ciò, di ripristinare l’ordine senza giocarsi il consenso…

Così, in un crescendo di “nefandezze” di cui viene incolpato uno Stato che non fa altro che attenersi a quello che farebbe qualsiasi altro Stato qualora s’insediassero bande armate sul territorio, arriva il giorno della “strage di civili” strombazzata a tutt’andare dai media-zerbino che lavorano di concerto con i criminali che sparano sulla gente presentando le cose sistematicamente al contrario.

Quella segna lo spartiacque, il punto di non ritorno. E se ancora si fingeva di poter “negoziare” con qualche “piano” – giusto perché l’osso è troppo duro (cioè armato quanto basta per difendersi)… o qualche potenza s’è messa di traverso -, dopo il “massacro di civili” la discussione, per quanto riguarda le “democrazie”, è chiusa. È una “questione di principio”!

A quel punto è tutto un piangere e disperarsi: “inammissibile”, “spaventoso”, “scioccante”. Non c’è uno, dicasi uno, tra i politici “democratici”, che non si dimostri platealmente inorridito e sconvolto.

La “strage di civili” chiede vendetta! Espulsione dell’ambasciatore!

Questi signori, prima d’infilarsi in politica devono aver fatto un corso di recitazione.

Sono infatti più di sessant’anni che la popolazione palestinese viene massacrata dai sionisti e nessuno di loro fiata. Quei pochi che hanno osato, sommessamente, esprimere un pensiero non omologato, sono stati prontamente zittiti, silurati e, in qualche caso, ammazzati.

Questo teatrino a chi si scandalizza di più per la “brutalità del regime siriano” risulta perciò particolarmente stucchevole ed insopportabile. Mi chiedo se abbiano visto le immagini della popolazione palestinese di Gaza fatta oggetto di tiro al bersaglio sionista con armi le più devastanti nell’operazione cosiddetta “Piombo fuso” (fine 2008-inizio 2009).

Qualcuno, a mezza voce, ma giusto per partigianeria (esponenti del PdL), osò nei giorni dell’attacco alla Libia affermare che le accuse rivolte a Gheddafi erano smaccatamente false. Dunque, per una volta, ma proprio perché era impresentabile passare dal “baci e abbracci” di pochi mesi prima al teatrino della indignazione democratica”, qualcheduno dimostrò che, quando vogliono, anche questi automi hanno una barlume di coscienza critica. Anche nei giorni dei bombardamenti su Belgrado, qualcuno – la Lega Nord e parte dei comunisti - dimostrò di non voler portare il cervello all’ammasso prestandosi all’unanime e rituale esecrazione nei confronti del “tiranno” (Milosevic, “suicidato” poi nel carcere del “tribunale della giustizia mondiale”).

Ma stavolta son tornati tutti uniti appassionatamente, a starnazzare all’unisono, battendo i tacchi di fronte all’“attenti” dello Zio Sam.

D’altronde, che cosa di più adatto che dei “civili” massacrati, peggio che mai se sono “bambini”, per ottenere un consenso a buon mercato?

Inoltre, la grande questione inevasa è stabilire con precisione cosa s’intenda ormai per “civili”, termine con cui si mira ad evocare nella mente della maggioranza l’idea di persone inermi, perlopiù vecchi, donne e bambini. Se per l’appunto fossimo ancora in presenza di una guerra vera, di un conflitto tra Stati regolamentato dal diritto di guerra e dalle convenzioni internazionalmente riconosciute, potrebbe aver ancora un senso la distinzione tra “civili” e “militari”. Ma è possibile definire “civili” degli armati irregolari, per giunta dall’esterno, che eseguono atti ostili nei confronti dei militari e delle forze di polizia e che taglieggiano la popolazione (quella sì “civile”) di interi quartieri, secondo lo schema adoperato a Nahr el-Bared (Libano, 2007)? Uno Stato non ha il diritto di reagire? I morti dell’esercito regolare – un esercito che ha ancora la “leva” - meritano ancora un po’ di rispetto oppure ci si deve rassegnare alla neolingua che parla sempre di “miliziani del regime”? Com’è che i membri armati della “opposizione siriana” quando vengono uccisi dai governativi vanno ad ingrossare il computo delle “vittime civili”, mentre i caduti palestinesi delle differenti fazioni non meritano altrettanta considerazione, ma, anzi, vengono bollati come “terroristi”? Allora non è una “questione di principio” quest’ostentata passione – anche da parte di “intellettuali” che firmano “petizioni” - per dei romantici “guerriglieri”… Com’è che si fa di tutto per coprire gli evidenti crimini sionisti contro famiglie intere palestinesi, mentre appena ci sono dei bambini siriani ammazzati la colpa è senz’altro del governo? E se gli eserciti regolari del nemico di turno vengono considerati alla stregua di bande criminali che lo “sceriffo planetario” deve debellare, che cosa resta della categoria del “militare”, necessaria affinché si possa distinguere dei “civili”?

Un bel groviglio di contraddizioni insanabili e di vomitevole ipocrisia, non c’è che dire.

Ma soprattutto, chi ha cominciato a bombardare a tappeto le città dimostrando che dei “civili” non gli è mai importato un accidente? Chi ha fatto scuola nell’arte macabra delle “stragi di civili”?

Basta non insistere troppo, anzi proprio per niente, e magicamente la gente non si rende conto che chi s’è inventato la “guerra umanitaria” è stato il primo che ha programmato i massacri d’intere popolazioni (tra l’altro accusate di bellicosità, d’aver tradito gli “accordi” ecc.). Se il buongiorno di vede dal mattino, una fandonia come quella della “guerra umanitaria”, con tutto il suo corredo di bugie e falsità, non poteva che uscire da chi era stato subito ben individuato da uomini d’una saggezza e una perspicacia infinitamente superiori. Chissà perché, infatti, il “viso pallido”, l’americano, al quale ci siamo adeguati anche noi, per quelle “vittime civili” ante litteram senza diritto ad alcun piagnisteo “umanitario” parlava sempre con “lingua biforcuta”…