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La Fede e l’intuizione del Logos cosmico

di Giovanni M. Tateo - 02/07/2012

Fonte: centrostudiparadesha

 

Comunemente si ritiene che la fede in Dio sia un fatto che appartiene esclusivamente alla sfera religiosa, intesa come un dominio specifico all’interno della più vasta realtà universale, o, secondo un’idea più ristretta, della vita mentale dell’essere umano. La fede sarebbe solo un sentimento, più o meno indefinibile, e comunque difficilmente giustificabile, che non avrebbe alcun legame immediato con la nostra comprensione della realtà, non avendo nulla in comune con la razionalità, e quindi nemmeno con un’intelligente interazione col mondo, la quale dovrebbe invece dipendere dalla sola conoscenza delle sue dinamiche concrete. In base a questo assunto, il credo in un’entità superiore chiamata «Dio» sarebbe dunque un’opzione che si può liberamente scegliere oppure no, senza che ciò possa avere alcuna incidenza od influenza sul rapporto effettivo che abbiamo col mondo di cui siamo parte, con la nostra ordinaria e continua esperienza di esso. In verità, tutto ciò potrebbe sembrare vero ed evidente unicamente a tutti coloro i quali, malgrado le apparenze, e nonostante il loro pragmatismo, hanno un contatto assai superficiale con il mondo, e soprattutto con se stessi. A quella concezione estremamente riduttiva della fede si contrappone innanzitutto il caposaldo indispensabile di qualunque autentica teologia: Dio è l’Intelligenza Suprema, l’Essere la cui Sapienza ha creato l’universo e lo governa costantemente. Intendiamo quindi dimostrare come questi dogmi siano del tutto connaturati alla stessa intelligenza umana, ossia come inconsciamente essi siano la parte più essenziale della nostra presenza cosciente nell’universo, e come, in questo senso, essi siano inconsapevolmente fondamentali anche per coloro i quali si professano atei. Procederemo applicando a questa questione il precetto apollineo del «conosci te stesso». Ebbene, se vi poniamo la dovuta attenzione, ci accorgiamo che ogni nostro pensiero, ogni nostro singolo gesto o atto quotidiano dipende essenzialmente dalla nostra fede assoluta nel fatto che l’intero Cosmo sia una realtà essenzialmente unitaria, retta da leggi naturali inflessibili ed eterne. Noi tutti, infatti, crediamo in maniera assoluta nella legge di gravità, nella continuità ed irreversibilità del tempo, nella stabilità dello spazio, nelle invariabili dinamiche energetiche, nell’ordinamento ferreo delle orbite celesti, nella legge che presiede alla luce ed all’oscurità, nell’ignota intelligenza che plasma tutte le forme di vita. Crediamo assolutamente, in definitiva, che nell’intero Universo, nell’intera sua storia, in ogni istante, sia totalmente impossibile che possa mai verificarsi anche un solo evento che sia del tutto contrario alle sue leggi naturali, o che sia del tutto gratuito, ossia privo di una qualche causa specifica prevista e consentita da tali leggi; siamo inoltre assolutamente certi che una qualunque catastrofe, per quanto grande possa essere, non potrebbe mai sconvolgere quelle leggi, e che anzi esse governino anch’essa, limitandone appunto la portata distruttiva ed esaurendone ad un certo punto il corso; e crediamo quindi sia pura pazzia il poter pensare l’esatto contrario di tutto ciò. Crediamo in modo assoluto, in definitiva, che il Cosmo sia sempre e dappertutto il risultato di un’unica logica adamantina, onnipotente e misteriosa. Chiunque, con un’adeguata introspezione, potrebbe in ogni momento verificare tale verità della sua coscienza profonda e darne piena conferma.

A tutti questi spontanei e continui atti di fede abbiamo dato una formulazione esplicita e precisa, ma è evidente che quasi sempre gli individui ne hanno al massimo una percezione vaga e sfocata, un sottofondo costante della loro vita psichica, che solo coloro i quali professano un credo religioso esprimono con una certa chiarezza. Questa fede nell’ordine onnicomprensivo ed immutabile della natura, infatti, è una componente talmente fondamentale della mente umana, un istinto, anzi un’intuizione talmente immediata, e profondamente radicata nella psiche, da restare troppo spesso praticamente inavvertita nel suo essere del tutto scontata nella nostra esistenza. Paradossalmente, appunto, ciò risulta essere un fatto concretamente ignoto a moltissimi di noi, proprio perché costituisce la necessità primaria della nostra vita concreta; infatti, come potremmo mai avere un’esistenza normale e psichicamente sana qualora dubitassimo dell’inalterabilità di tale ordinamento cosmico? In assenza di tale indispensabile convinzione, come potremmo avere alcuna presa sulla realtà? Su cosa potremmo mai contare se davvero pensassimo o solo ipotizzassimo che l’universo fosse, o potesse eventualmente divenire, il luogo dell’arbitrio o addirittura del caos? Dove ciò che vale in un istante possa non valere più in quello successivo? Dove tutto possa avvenire senza una ragione? Senza obbedire ad alcuna legge o logica?

La Fede, dunque, a prescindere dal fatto che sia percepita come tale oppure no, risulta essere l’autentico fondamento della nostra comprensione della realtà, ed il presupposto indispensabile della nostra efficace relazione con essa.

Ad ogni modo, si dovrebbe riconoscere che l’affermazione secondo cui l’ordine cosmico, o specialmente l’intero mondo delle specie viventi, non sarebbe altro che il frutto del caso, non significa assolutamente niente, ed è pertanto del tutto ridicola quale pretesa di spiegazione. Affermare, da ultimo, che tutto nasce dal caso significa semplicemente che si ignora completamente quale sia l’origine reale dell’Universo o della vita. Il “Caso” è semplicemente il nome che convenzionalmente si dà alla propria ignoranza o alla propria incapacità di comprendere la realtà. È assolutamente assurdo che la scienza ufficiale, con la sua dogmatica pretesa di costituire la quintessenza della razionalità, finisca in questo modo per dare di sé la prova esattamente contraria, giacché la “spiegazione” “casuale” – e non causale – del Cosmo è del tutto priva di senso, e quindi assolutamente irrazionale, oltre che perfettamente vuota ed inutile. L’intelligenza umana, per istinto od intuizione – quando infatti non sia ormai divenuta vittima dei sortilegi ideologici del nichilismo, mascherato da modernismo o postmodernismo, fattosi pensiero unico dominante -, rifiuta categoricamente qualunque assurda asserzione circa la presunta assenza di logica e di significato dell’esistenza nella sua interezza, e la respinge sia per la sua stessa immediata consapevolezza di sé in quanto coscienza capace di comprendere sia se stessa che il mondo esterno, e sia perché effettivamente dimostra continuamente a sé stessa che tale logica e tale significato esistono realmente; anche quando, senza scomodare alcuna metafisica o teleologia, ci si fermi alla sola constatazione dell’universale validi della legge di causa ed effetto, o delle leggi dei fenomeni sensibili. È infatti la sua esperienza comune e continuativa a dimostrare immancabilmente all’intelligenza umana la verità dell’oggetto della propria fede o intuizione nell’Intelligenza del Cosmo.

Bisogna inoltre sottolineare anche l’enorme contraddizione secondo cui la scienza moderna, se da un lato nega ufficialmente l’esistenza di un’unica Intelligenza trascendente dell’universo, dall’altra lo indaga di fatto considerandolo come un tutto unitario, una realtà omogenea governata da un’unica logica onnipervadente e conoscibile. Come ha giustamente sottolineato Titus Burckhardt* – basandosi evidentemente sulla metafisica non-dualista dell’Induismo – l’uomo non potrebbe affatto pensare l’Intelligenza Divina del Cosmo, e nemmeno essere effettivamente capace di comprenderlo mediante l’indagine scientifica, qualora l’intelligenza umana e quella divina non fossero effettivamente e profondamente legate tra loro, anzi, se tra di esse non vi fosse una qualche misteriosa unità. In questo senso, è chiaro che, se si considera l’aspetto immanente dell’Intelligenza Divina, essa si manifesta in maniera eminente nella mente umana. Non è questa la sede per affrontare il discorso sulla natura trascendente dell’anima, per cui ci limitiamo a concludere ricordando la tesi rilanciata da Burckhardt sulla presenza nell’uomo del «Testimone», ossia dell’Intelletto Divino, che è l’unica garanzia assoluta della possibilità umana di conoscere la verità del Tutto.

 


 

* Si vedano i due illuminanti saggi: Cosmologia perenne e Scienza non saggia, in Titus Burckhardt, Scienza moderna e saggezza tradizionale, traduzione di Angela Terzani Staude, Borla, Torino, 1968.