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Considerazioni sul super-vertice di Bruxelles

di Francesco Mario Agnoli - 05/07/2012

  Proprio alla vigilia del super-vertice  di Bruxelles, quello dal quale   sarebbero usciti  Monti vincitore e la Merkel sconfitta  per 2 a 0 peggio che la Germania calcistica da Prandelli e Ballotelli, il Centro Studi di Confindustria aveva diffuso un comunicato in nero, ricco solo  di drammatiche considerazioni e fosche previsioni.  Addirittura si sosteneva  che l'Italia è “nell'abisso”  e che i "danni economici fin qui provocati dalla crisi sono pari a quelli di una guerra perduta” e che “sono state colpite  le parti più vitali e preziose del sistema Italia", quelle "da cui dipende il futuro del Paese".

   Due giorni dopo tutto è cambiato. La versione ufficiale italiana (confermata, anche se col grugno invece che col sorriso, dalla stampa e dai politici tedeschi) è che Monti ha trionfato a Bruxelles come Ballotelli a Varsavia:  via libera al  Patto per la crescita e l'occupazione  con stanziamento di 120 miliardi di euro per stimolare lo sviluppo economico; accelerazione  dell'Unione  bancaria e attribuzione alla Banca Centrale Europea della sorveglianza  su tutti gli istituti di credito; intesa sui meccanismi anti-spread; Tobin-tax (unico contentino – ma utile anche all'Italia - concesso alla Merkel) entro la fine  dell'anno.

   Per di più nell'unico giorno di lavoro borsistico  seguito  fino ad oggi (domenica 1° luglio) al supervertice  i mercati hanno approvato anche se lo spread è rimasto abbondantemente sopra i 400 punti.

   Dobbiamo  allora concludere che le disastrose  previsioni del giorno prima sono  superate,  che Luca Paolazzi, capo-economista di Confindustria deve rielaborare le sue previsioni,  che i primi segnali di ripresa  vanno  anticipati di almeno sei mesi, che nel 2013 il calo del Pil non sarà più del 1,6% e che a  dicembre di quell'anno i disoccupati non raggiungeranno più la cifra record di  un milione e mezzo?  Che il Pil pro-capite non calerà del 10% rispetto alla media del 2007 e  che la pressione fiscale non  salirà ulteriormente (Paolazzi parla di un 55% effettivo)?

    Non ho preconcetti da difendere e nemici ideologici (personali tanto meno) da attaccare, sicché    mi attengo al “se son rose fioriranno” degli avi, consapevole anche che le rose per fiorire richiedono  tempo. Il che però non  mi impedisce  di rendermi conto  che per ora a Bruxelles  ci si è fermati a poco più delle dichiarazioni di principio e che la fase  della concretizzazione   offre mille possibilità di rivincita  al teutonico rigorismo della Merkel (che, per altro, potrebbe anche non essere così sbagliato  come lo si è fatto passare).

    La fioritura  richiede  tempo, ma l'Italia e gli altri paesi in difficoltà di tempo ne hanno poco. Soprattutto, hanno assoluta necessità che lo  spread  cali molto rapidamente. Venerdì 28 giugno si è salutato come un grandioso successo la discesa a quota 420-430, ma si è anche finto di dimenticare  che ai tempi del Berlusca  questa quota veniva definita insostenibile e drammatica. Insomma le domande sono   se  basti la minaccia di un intervento del Fondo Europeo perché lo spread cali  drasticamente e se davvero  l'intervento del Fondo Europeo non sottoporrà i paesi che vi fanno ricorso ai controlli e ai piani  della  “troika” (Ue, Bce, Fmi)  massacratrice della  Grecia.

     Intanto sul piano interno tutto continua come prima con  le famiglie  sempre più tartassate con conseguente diminuzione  di quel potere d'acquisto indispensabile per innescare la ripresa. Non solo dal 1° luglio sono aumentate  le tariffe del gas e dell'energia elettrica, ma la stessa   attesissima  “spendig review” finisce con l'avere, almeno in parte, lo stesso effetto dell'aumento dell'Iva che si vorrebbe evitare o di nuove tasse. Difatti gran parte della “revisione” riguarda i servizi sanitari con tagli alla spesa farmaceutica e la riduzione delle spese per le prestazioni in convenzione.  Ne conseguono sì risparmi per  Stato e Regioni,  ma anche un corrispondente aggravio per  i cittadini, che dovranno o farsi carico  in proprio di ciò che il “pubblico” non passa più o rinunciare.

    Un altro aspetto della revisione della spesa (per dirla  all'italiana) riguarda  il taglio dei dipendenti pubblici. Nessuno dubita che in Italia vi sia un eccesso di burocrati sicché alla lunga il taglio potrebbe  riuscire utile, ma intanto, nel breve e nel medio periodo, diecimila dipendenti pubblici in meno significano diecimila famiglie in maggiore difficoltà economica e un'ulteriore riduzione della disponibilità alla spesa.

   Insomma il problema   è in che condizioni si troveranno gli italiani al momento della fioritura?

                        

-10% BENESSERE ITALIANI IN SEI ANNI DI CRISI - "A sei anni dall'inizio della crisi, nel 2013 l'Italia si troverà con un livello di benessere, misurato in Pil pro-capite, del 10% inferiore alla media 2007". Lo stima il centro studi di Confindustria, calcolando che è un calo "pari quasi a 2.500 euro in meno (prezzi costanti dal 2005)". Per gli economisti di via dell'astronomia è "una perdita difficilmente recuperabile in assenza di riforme incisive che riportino il Paese su un sentiero di crescita superiore al 2% annuo come è alla sua portata".

PRESSIONE REALE FISCO SCHIZZA A 54,6% 2013  - La pressione fiscale effettiva , depurata dal sommerso, "schizzerà al 54,6%" nel 2013 dal 54,2% del 2012, secondo il Centro studi Confindustria. E' al 51,1% nel 2011. Continua la corsa anche della pressione apparente, dal 42,5% del 2011 al 45,1% del 2012 fino al 45,4% del 2013. Le entrate fiscali sono "in forte accelerazione", +5,2% quest'anno, per poi rallentare al +2,6% nel 2013.

SQUINZI, ITALIA IN ABISSO CRISI, MANTENERE LA CALMA  - "In questo momento il Paese deve essere unito, solidale e determinato. E deve mantenere la calma nell'affrontare una crisi che ha portato l'Italia nell'abisso". il presidente di Confindustria, Giorgio Squinzi, lo ha detto commentando le previsioni del centro studi di via dell'Astronomia.