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L’origine della forza dell’eroe

di Claudio Risé - 05/07/2012



L’epopea vissuta in queste settimane dalla Nazionale italiana ha illustrato con una nuova storia, subito diventata leggenda, la commovente funzione e bellezza della famiglia adottiva. A fare grande la famiglia è sempre il dono, e la famiglia adottiva è spesso quella dove i doni sono più visibili, eroici e toccanti. Come nella storia di Mario Balotelli, nella cui vita appaiono immagini e temi frequenti nell’inconscio collettivo e nei diversi eroi che popolano le sue mitiche narrazioni.
La famiglia d’origine spesso non è in grado di prendersi cura adeguatamente del figlio; a volte riesce a stento a farlo nascere.
Il mito, le fiabe, le leggende, sono ricche di storie come quella di Edipo, dove è lo stesso dio Apollo (attraverso l’oracolo) a dire di affidare il figlio a genitori adottivi perché la sua permanenza nella famiglia di origine avrebbe causato solo guai. Anche Mosè, e tanti altri (come l’indiano Krishna) viene abbandonato, perché possa compiere le sue imprese.
L’abbandono come condizione per la crescita e la vittoria è caratteristico nella figura dell’eroe, di chi compie imprese eccezionali, di solito con eccessi ed errori da cui deve poi saper trarre insegnamenti importanti.
Tuttavia nel loro modo appunto “mitico” queste storie (che hanno spesso anche corrispondenze storiche), cercano di raccontarci qualcosa che appartiene anche all’esperienza comune: la famiglia biologica, che ti dà la vita, è molto importante, ma molto spesso non basta. Occorrono comunque anche “altri” genitori, altri padri e altre madri.
In casi di particolare difficoltà sono i genitori adottivi, figure di affido, in altri casi sono maestri, oppure figure di “genitori ideali” che vengono scelti perché hanno una particolare corrispondenza con la propria personalità.
A volte sono i genitori di amici, o della fidanzata/o, spesso inconsapevoli di venire scelti anche per le particolari caratteristiche psicologiche od esistenziali dei genitori.
L’essere umano insomma, a differenza dell’animale, e proprio per il suo complesso sviluppo (che in qualche modo continua tutta la vita), ha bisogno di essere “generato” più volte, la prima con la nascita, e poi ad ogni importante tappa dell’esistenza.
Per Balotelli la mamma Silvia e il papà Francesco sono il sicuro porto affettivo che gli dà forza e felicità, ma probabilmente anche Mancini, il primo dei grandi direttori di squadra che ha davvero puntato sul suo talento è stato un padre importante, come in questi mesi Prandelli.
L’eroe del mito, che nello sport è il campione, nelle aziende il ricco capitano di industria (tra i quali non pochi sono orfani e ragazzi abbandonati), è un tipo umano particolarmente forte che non si lascia distruggere dagli abbandoni e dalle difficoltà, ma anzi se ne serve per risorgere, per combattere per sé e per le persone e le cose che ama e in cui crede.
Ogni persona, però, è a suo modo chiamata a questo sviluppo, in cui è fondamentale l’amore da parte di chi ci accoglie, e la forza e determinazione da parte nostra. Per questo molti nell’adolescenza cominciano a sognare la mamma come una strega, o il papà come un losco individuo, che nelle fiabe è spesso pronto a vendere al diavolo la bella figlia.
Queste immagini dell’inconscio collettivo ci suggeriscono di cercare altre figure educative ed altre immagini adulte, che ci aiutino a crescere e ad emanciparci dai papà e mamma di cui cominciamo a percepire anche i limiti.
Occorre diventare dei piccoli eroi che provano a farcela da soli, anche se avranno sempre bisogno dell’amore di tutti. Lo sport ci appassiona perché è anche la nostra storia.