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Julian Assange, Eroe o Agente Provocatore?

di Alessandro Lattanzio - 24/08/2012


Le ‘rivelazioni’ di Wikileaks, sito di ‘controinformazione’ gestito dall’australiano Julian Assange, negli ultimi mesi del 2009, hanno sconvolto il mondo mediatico-diplomatico. Il mondo dei mass media governativi e aziendali, il ‘mainstream’ come dicono gli anglosassoni, il mondo della politica  ufficiale e accademico ha accolto le ‘fughe’ (Leaks) diplomatiche riportate da Assange con un’apparente sorpresa, sbalordimento e indignazione. Perfino il ministro degli esteri Franco Frattini è giunto a parlare di una ‘Pearl Harbor che avrebbe potuto portare alla terza guerra mondiale’.
Facezie e amenità a parte, in realtà, chi si occupa di tematiche legate alla geopolitica, alla diplomazia, alle questioni energetiche e militari, ha sempre saputo quelle informazioni ‘rivelate’ da Wikileaks. Ma essendo verità scomode, e ve ne sono di molto più scomode di quelle ‘rivelate’, il ‘mondo dell’informazione’ governativo, filo-governativo o legato alle grandi imprese, per almeno dieci anni ha tenuto nascoste queste notizie, che oggi vengono definite ‘sconvolgenti’.
I documenti rivelati da Wikileaks, generalmente definiti dalla stampa con il termine ‘Cablegate‘, riguardano 251.287 tra cablogrammi, telex, messaggi e-mail inviati a Washington dal personale di 274 ambasciate e consolati statunitensi, generalmente quadri medio-bassi del ministero degli esteri USA. Non sono neanche documenti segreti, ma ‘riservati’ (15.652) o ‘confidenziali’ (133.887): ovvero non contengono dati e informazioni relativi a operazioni militari, armi segrete o accordi occulti. Ma semmai contengono dati legati alla privacy dello stesso personale diplomatico statunitense, essendo, nella maggior parte dei casi, non documenti elaborati da organismi militari o governativi, ma appunto pareri e considerazioni personali dei vari ufficiali governativi operanti nelle ambasciate USA sparse nel mondo.
Julian Assange avrebbe avuto questi documenti da un soldato statunitense: Bradley Manning, che in precedenza avrebbe consegnato altri 300.000 documenti dell’esercito USA e il famoso video di un elicottero statunitense che attaccava un gruppo di civili iracheni, che ha permesso a Wikileaks di emergere per la prima volta nei mass-media tradizionali.
Julian Paul Assange fin da giovanissimo ha fatto parte del mondo degli hacker, i pirati informatici. Nel 1988 fece parte del Chaos Computer Club di Amburgo, un’organizzazione che avrebbe creato virus informatici e che era coinvolta in un grave caso di spionaggio in Germania occidentale. Poi aderisce all’”International Subversives“, un altro gruppo di cyber-pirati. Nel 1991 viene arrestato sempre per hackeraggio e nel 1992, nonostante 24 capi d’accusa, viene rilasciato dopo aver pagato una multa di 2100 dollari. Ma è noto che gli hacker, una volta catturati, o abbandonano la loro attività informatica, oppure la continuano per conto del governo, soprattutto proprio con i servizi d’intelligence. È nel 2007 che Assange lavora con Wikileaks. Ora, bisogna dire che parecchi suoi collaboratori e colleghi lo hanno criticano per il comportamento autoritario e oscuro che ha tenuto nell’ambito di Wikileaks. Ad esempio il suo vice, il tedesco Daniel Domscheit-Berg si è dimesso nell’ottobre 2010, per contrasti con Assange sulla linea fin troppo appariscente tenuta da Wikileaks, mentre in precedenza altri soci e colleghi di Assange, come John Young e Deborah Natsios, fondatori del sito di controinformazione Cryptome.org, il 7 gennaio 2007 abbandonarono l’impresa, ritenendo troppo oscuri i metodi e gli obiettivi perseguiti da Assange. Young chiuse il rapporto con Assange con queste parole: “Wikileaks è una frode… che lavora per il nemico“.
Fatti oscuri che riguardano anche le accuse di presunte molestie di Assange verso due donne svedesi. Fatto ‘curioso’ è che la sua principale accusatrice, la giornalista svedese Anna Ardin, collabora con l’USAID e il NED, due enti governativi statunitensi per gli ‘aiuti’ all’estero, ovvero sono la facciata legale della CIA, coinvolte in operazioni per influenzare la politica degli stati esteri. Infatti Ardin collabora col ‘profugo politico cubano’ Carlos Alberto Montaner, ricercato da Cuba per terrorismo.
Ciò si comprende da questa vicenda, è che l’amministrazione di Barack Obama ne esce danneggiata, mentre l’immagine della segretaria di stato (il ministro degli esteri degli USA) Hillary Rodham Clinton è notevolmente offuscata, non solo per l”inefficienza’ dimostrata da Washington nel saper tenere al sicuro documenti riservati, ma anche per via di irriguardosi giudizi personali da lei stessa espressi verso altre figure internazionali.
Julian Assange, dopo esser stato agli arresti per 48 ore, è stato rilasciato su cauzione ed è ospitato dal giornalista Henry Vaughan Lockhart Smith, ex capitano dei granatieri inglesi, che scrive per la rivista ufficiale della NATO, ed è anche il presidente del Frontline Club, un’organizzazione legata ai media governativi e aziendali britannici finanziata dall’Open Society Institute, l’organizzazione creata del miliardario speculatore finanziario statunitense, George Soros.
Infine, ecco cosa hanno detto alcuni personaggi oggetto dei giudizi poco lusinghieri espressi nel ‘Cablegate‘:
Il primo ministro russo Vladimir Putin, aveva avvertito gli USA a “Non ficcare il naso nei nostri affari” dopo la pubblicazione dei documenti, mentre il ministro degli esteri russo, Sergej Lavrov, ha definito i documenti riservati una “lettura divertente” aggiungendo minacciosamente che “prenderemo in considerazione il comportamento dei nostri partner (statunitensi)“.
Il presidente iraniano Mahmoud Ahmadinejad aveva detto che “Non crediamo che queste informazioni siano trapelate per caso, pensiamo che sia stato organizzato per rilasciare regolarmente questi documenti e che il tutto persegua fini politici.
Il presidente venezuelano Hugo Chávez aveva dichiarato, invece: “Devo congratularmi con quelli di Wikileaks per la loro audacia e il loro coraggio. Qualcuno dovrebbe studiare la stabilità mentale della signora Clinton, il minimo che può fare è dimettersi, insieme agli altri delinquenti che lavorano nel Dipartimento di Stato degli Stati Uniti“.
Il primo ministro dell’Argentina, Horacio Rodríguez Larreta, aveva detto che le notizie sono “una vergogna per la diplomazia statunitense” e che “gli USA dovranno dare molte spiegazioni, in molte nazioni e a tanta gente“.