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Perché la Siria non cadrà: la schiacciante sconfitta dell”esercito libero siriano”

di Ghaleb Kandil - 26/08/2012



I recenti sviluppi in Siria hanno rivelato una serie di segni importanti che avranno ripercussioni decisive sulla guerra globale degli Stati Uniti per distruggere questo paese. A differenza delle informazioni e delle impressioni degli strateghi statunitensi e dei loro complici europei e arabi, trasmessi da centinaia di media impegnate nella battaglia, gli squadroni della morte, i mercenari e i gruppi takfiristi provenienti da tutto il mondo, hanno subito una pesante sconfitta in battaglia. Tuttavia, gli ufficiali turchi e i loro alleati del Qatar e dell’Arabia Saudita avevano promesso, come hanno già fatto l’anno scorso e durante lo stesso periodo, che il mese di Ramadan vedrà la caduta del regime che resiste in Siria. Queste illusioni sono ancora una volta crollate sul campo di battaglia, in cui le bande armate hanno subito la perdita di migliaia di morti, feriti e prigionieri.
In effetti, l’attacco globale lanciato dagli estremisti contro Damasco si è concluso, anche con il riconoscimento dei media occidentali, con perdite enormi. Di conseguenza, la forza che comprendeva mercenari locali e jihadisti di tutto il mondo, è stata completamente annientata dall’esercito siriano, che sta rastrellando i resti, alla periferia della capitale. Di conseguenza, tonnellate di armi sono state confiscate e le infrastrutture pesanti dei gruppi armati sono state smantellate e distrutte, ciò richiederà mesi per ricostruire i gruppi armati, se saranno sempre in grado di farlo.
L’esito della battaglia di Aleppo d’altro canto era già noto, mentre gli estremisti cadono a migliaia di fronte ai progressi metodici dell’esercito, che è stato in grado di tagliare completamente le linee di rifornimento dei mercenari, che venivano addestrati campi della CIA in Turchia. Di conseguenza, le bande armate non possono più inviare rinforzi, senza dover pagare un prezzo pesante. Per quanto riguarda i convogli di 4×4 dotati di armi pesanti, e che sono stati offerti dai loro sponsor regionali, si muovono sotto il fuoco degli elicotteri dell’esercito e degli aerei, cadendo nelle imboscate tese dalle forze d’elite che si sono infiltrate nelle linee nemiche.
Secondo gli esperti, un terzo dei gruppi estremisti era composto da jihadisti del Maghreb arabo, della Libia, del Golfo, dell’Afghanistan, del Pakistan e della Cecenia. A questo punto, il capo dell’intelligence dell’Unione Europea, il francese Patrice Bergamini, ha riconosciuto in un’intervista con il quotidiano libanese al-Akhbar del 17 agosto, l’importante ruolo svolto dai jihadisti nel conflitto siriano, sottolineando che l’opinione pubblica occidentale era ormai consapevole della minaccia che rappresentavano. E’ chiaro che la pulizia dell’esercito siriano della città di Aleppo e nella sua periferia, sia ora una semplice questione di tempo.
La schiacciante sconfitta subita dalle bande armate in tutta la Siria rivela che l’esercito arabo siriano è stato costruito su solide basi ideologiche, traendo rapidamente le lezioni della guerra e sviluppando strategie di contro-guerriglia urbana e rurale, che gli ha consentito di colpire gli estremisti, nonostante l’aiuto militare massiccio, il materiale, i mezzi finanziari e mediatici che gli sono stati generosamente offerti dalla coalizione di decine di paesi, per non dimenticare le sanzioni adottate contro il popolo siriano e il suo stato, al di fuori del quadro delle Nazioni Unite.
Al fine di comprendere gli sviluppi della situazione, è anche importante analizzare lo stato mentale del popolo siriano. Senza un reale sostegno popolare, naturalmente ignorato dai media occidentali, il presidente Bashar al-Assad e il suo esercito non sarebbero stati in grado di resistere e di scoraggiare questo tipo di attacco. Il sostegno popolare è dovuto a tre fattori. In primo luogo, la maggior parte dei siriani è consapevole del fatto che il loro paese è bersaglio di un complotto che mira a soggiogare la Siria, a includerlo nel campo occidentale imperialista, e di conseguenza rimuoverlo da tutte le equazioni regionali, sapendo che nel corso di questi ultimi quattro decenni la Siria è stata al centro degli equilibri di potere, e che nulla poteva essere fatto in Medio Oriente senza la sua presenza e partecipazione. Queste ampie fazioni popolari sono collegate all’autonomia politica del loro paese e sono disposte a lottare per difenderla, il che spiegherebbe perché migliaia di giovani si sono volontariamente uniti ai ranghi dell’esercito.
D’altra parte, gli esperti ritengono che il venti per cento dell’opinione pubblica, che a un certo punto ha simpatizzato con l’opposizione, ha scoperto il vero volto degli estremisti, che moltiplicavano i loro atti di ferocia nelle zone sotto il loro controllo (stupri, esecuzioni, massacri, saccheggi …). Alla luce di questa trasformazione che interessa lo stato d’animo popolare, soprattutto nelle zone rurali, dove le persone si sono spaventate e stancate, lo Stato siriano ha avviato una sistema di comunicazione discreto permettendo alla popolazione di informare l’esercito sulla presenza di terroristi, il che spiegherebbe come e perché, in queste ultime settimane, le unità speciali e la forza aerea sono state in grado di portare a termine attacchi ben progettati, contro le basi delle bande armate.
In parallelo a tutti gli sviluppi sul terreno, gli alleati regionali e internazionali di Damasco hanno dimostrato rigore, sviluppando iniziative politiche e diplomatiche per evitare di lasciare campo libero agli occidentali. A questo livello, il successo della riunione a Teheran tra trenta paesi, tra cui Cina, India, Russia, nove paesi arabi e latino-americani e dell’Africa australe, ha creato questo nuovo equilibrio di potere. La formazione di questo gruppo costituisce un messaggio forte per gli occidentali, mettendo seriamente in pericolo il loro progetto di istituire, al di fuori del quadro delle Nazioni Unite, una no-fly zone nel nord della Siria. Gli ultimi mesi del 2012 saranno decisivi, con l’emergere di nuovi equilibri regionali e internazionali, e l’elaborazione di una nuova immagine, partendo da Damasco, grazie alla vittoria dello stato nazionale siriano nella guerra globale condotta contro di esso.

Sviluppi in rapido movimento
Fino alle elezioni presidenziali statunitensi, che si terranno all’inizio di novembre, gli sviluppi interni siriani, regionali e internazionali saranno sempre più veloci. Ovviamente, l’intervento militare straniero, siano esso interno o esterno al Consiglio di sicurezza, è fuori questione, mentre le sanzioni hanno raggiunto i livelli più alti, mentre il capitolo VII è scoraggiato dal diritto di veto. Dopo le elezioni presidenziali statunitensi, vedremo la materializzazione degli obiettivi politici statunitensi, e in particolare della NATO, della Turchia e del Golfo, in parallelo alle ripercussioni che interesseranno la macchina militare che operava attraverso il confine e nei territori siriani.
Quindi, ci dovrebbe essere un riconoscimento dell’impossibilità di indurre cambiamenti nella geografia e nel ruolo della Siria, cosa che dovrebbe indurre i preparativi a negoziati seri e a soluzioni politiche, che sono stati respinti dagli statunitensi, che si rifiutano anche di rispondere all’invito rivolto dalla Russia a un incontro; o a sostenere l’alleanza bellica e la mobilitazione delle ostilità da tutte le direzioni, vale a dire dalla conferenza della Mecca alla visita del ministro degli esteri francese negli stati confinanti con la Siria, per assemblare la carta della maggiore pressione possibile.
Non ci saranno zone di sicurezza, e senza embarghi aerei o sforzi per isolare completamente alcune regioni di confine dal controllo dello Stato, al fine di verificare le possibilità di stabilire mini-stati, simili a quelli stabiliti da Saad Haddad e Antoine Lahd sotto la tutela israeliana, nel sud del Libano. A questo punto, la scommessa è sulla campagna di Aleppo, al quale tutti coloro che hanno venduto il loro onore tra i dissidenti, saranno introdotti a seguito dei preparativi a Doha, Riyadh e Amman per concedere una forma di legittimità al progetto di frammentazione.
D’altra parte, Lakhdar Brahimi è stato nominato inviato e mediatore per la soluzione politica e la missione di osservatori era volta a preparare il campo a tutte le possibilità. Brahimi passerà del tempo da turista, prima che una decisione venga adottata, mentre la Siria resiste con il suo esercito e il suo popolo tracciando, a partire da Aleppo e dalla sua periferia, il corso del cambiamento imminente.

fonte: Global Research, – New Orient Center for Strategic Policies

Traduzione di Alessandro Lattanzio – SitoAurora