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NO Dal Molin SI Pussy Riot

di Marco Cedolin - 27/08/2012



Ricordo ancora molto bene il febbraio del 2007, quando il movimento nato per contrastare la nuova base militare Dal Molin di Vicenza, chiamò a raccolta "il popolo" da tutta Italia, per sostenere la lotta attraverso una grande manifestazione nazionale. Nonostante fosse stata preceduta da una settimana ad alta tensione, il 18 febbraio la manifestazione fu oceanica e solamente dalla Val di Susa riuscimmo ad organizzare oltre 50 pullmann che insieme alle auto portarono a Vicenza migliaia di Valsusini. Bandiere colorate, folla sterminata e politicamente trasversale, striscioni e slogan, in un clima assolutamente pacifico.
Tornai a Vicenza nel corso dell'estate, nell'ambito di una delegazione del movimento NO TAV che era stata invitata a presenziare ad un coordinamento nazionale volto a discutere le strategie da adottare sul campo nel momento in cui fossero arrivate le ruspe. Atmosfera serena, tanta voglia di fare e altrettanto interesse di "apprendere" dalle parole di chi aveva già sperimentato sulla propria pelle situazioni di quel genere.....


Tornato a casa portai con me la sensazione di un gruppo di persone assai corposo, tanto motivato quanto compatto, che si sarebbe opposto fisicamente alle ruspe, in maniera pacifica ma ferma. E giunto il momento topico era in programma di richiamare le centinaia di migliaia di persone di febbraio, per sostenere fattivamente la lotta sul campo.

Purtroppo a distanza di qualche anno devo constatare che in tutta evidenza si trattò solamente di un'abile operazione di marketing politico, costruita usurpando la buona fede di tutti coloro che realmente aspiravano a contrastare tanto la guerra quanto l'imperialismo americano.

Chi gestiva il movimento, all'atmosfera spartana del presidio preferì di gran lunga la comodità delle poltrone del consiglio comunale, dove accoccolarsi a sostenere il nuovo sindaco del PD Variati, che sostituì il "cattivo" Hüllweck, portando avanti la sua stessa politica di prono servitore degli interessi a stelle e strisce.
Quando arrivarono le ruspe alla "moltitudine" fu consigliato di restare a casa e la CMC (ah gli amici delle cooperative rosse) non incontrò resistenza di sorta, se si esclude qualche azione simbolica assolutamente insignificante.
La "chiamata a Vicenza" non arrivò mai e le operazioni di contrasto si focalizzarono intorno all'indizione di un referendum intempestivo e assolutamente privo di senso, per poi dirottare sulla concessione da parte del buon Variati di un'area verde da adibire a parco della pace, proprio accanto alla futura base militare. Futura oltretutto è una parola ormai superata, perché nel silenzio generale e senza che la CMC sia incappata in alcuna difficoltà, la base militare Dal Molin è praticamente completata e fra non molto verrà inaugurata, si presume nel tripudio generale.

In compenso il brand "NO Dal Molin" è più in salute che mai, ormai integratosi nel marketing della sinistra che conta è sopravvissuto alla costruzione della base e oltre a procurare voti e vendere gadget e magliette, viene utilizzato per organizzare annuali "Feste dell'Unità" sotto la denominazione doc. di Festival No Dal Molin.
In quello di quest'anno non poteva mancare un tetarino di dubbio gusto, nel corso del quale gli organizzatori hanno ribadito il proprio sostegno ad una delle migliori (o peggiori fate voi) creazioni di Washington quali le Pussy Riot, celebrate a Vicenza in qualità d'icona del femminismo al futuro, contro il cattivo Putin e la sua politica anti americana.

Da NO Dal Molin a SI Pussy Riot, da non faremo mai passare le ruspe ad abbiamo vinto il parco della pace, da lotta dura all'imperialismo americano a quinta colonna dello stesso, si è consumata la storia di una metamorfosi esistita probabilmente solo nell'animo della molta gente in buona fede che ha fortemente creduto in quello che stava facendo, mentre chi tirava le fila aveva fin dall'inizio ben chiaro il proprio reale obiettivo.
In tutta evidenza le miserie umane non allignano solo nell'animo di chi governa il paese, ma anche in quello di chi si prodiga per "governare" le proteste, portando la gente su un binario morto dove non possa infastidire chi gestisce il potere.