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Le Pussy Riot, finte martiri del libero insulto

di Alessio Mannino - 27/08/2012

Fonte: nuovavicenza


Ieri sera al Festival No Dal Molin organizzato dal Presidio Permanente al park Farini è andata in scena l’esibizione di un gruppo di ragazze incappucciate per manifestare solidarietà alle Pussy Riot, le tre punk russe condannate a due anni di reclusione per “teppismo blasfemo”.
Questo can can mondiale a favore delle attiviste moscovite, perchè musiciste propriamente non sono, scusate, ma non convince per niente. Le Pussy Riot (nei democraticissimi Usa scrivono P***y, pensate un po’ che liberali) hanno usato la cattedrale ortodossa di Mosca per inscenare una provocatoria “preghiera” di protesta contro il dittatore Putin. Com’era prevedibile, la polizia le ha arrestate e portate via di peso. Ora sono il gruppo rock femminile più famoso della Terra e hanno incassato pure i complimenti  di Gene Simmons, leader degli storici Kiss: «Sono delle ragazze molto carine, non sono una buona band, ma hanno il diritto di fare tutto quello che vogliono».
E invece no, questo diritto non ce l’hanno, ed è giusto che non ce l’abbiano. Nessuno può fare tutto quello che vuole. Altrimenti la libertà diventa arbitrio. Questo in generale. Nel caso particolare, non si vede davvero cosa c’entri la libertà d’espressione, sacra alla liberal-democrazia, con il mimare un rito religioso all’interno di una chiesa col preciso intento di dissacrarla. Gli occidentali scopertisi amanti dell’iconoclastia, cancelliera Merkel in testa, sostengono in pratica che una contestazione politica al governo val bene una messa punk. Vorremmo sapere dai liberaloni col culo degli altri se, negli Stati Uniti, in Germania, in Italia e nelle “democrazie avanzate”, un musicista che facesse irruzione in un luogo di culto sarebbe lasciato fare tranquillamente, sotto i loro occhi compiaciuti.
Ricordiamo che qui da noi per una battuta, gratuitamente volgare, detta in piazza nella cornice di una manifestazione, Sabina Guzzanti è stata crocifissa dall’opinione pubblica moderata, che non è solo cattolica. Le ragazzine moscovite hanno trasformato un altare in un palco, il che è molto peggio. E non ci si venga a parlare della tradizione punk (di per sé già un ossimoro): i Sex Pistols, i Damned, i Clash, i Ramones, notoriamente non proprio quello che si dice dei bravi ragazzi borghesi, urlavano predicavano e facevano gli atti più scandalizzanti e di sano cattivo gusto, ma on stage e nella vita di tutti i giorni, tenendosi alla larga come dalla peste dai santuari della gente che disprezzavano. Cosa si direbbe se delle scalmanate rockettare anti-Monti improvvisassero un concerto contro la Goldman Sachs dentro San Pietro a Roma? Gli stessi che adesso si atteggiano a situazionisti farebbero il ponte isterico, gridando allo scandalo. La sinistra antagonista delle nostre parti applaudirebbe in ogni caso, è vero. Ma è vero anche che si esalta parlando di anticapitalismo e poi è in torta con le amministrazioni del Pd (Venezia, Vicenza, Padova) anzichè okkupare. Il che non è molto punk, nè molto antagonista.
Putin, dicono, è un despota. Ammesso che lo sia, e per molti versi indubbiamente lo è, non si capisce come si concili il legittimo desiderio di dargli addosso con un’irriguardosa mancanza di rispetto per un credo religioso e per i suoi fedeli. La Chiesa Ortodossa Russa è il braccio spirituale del potere putiniano? Si prendano di mira il patriarca e la gerarchia ecclesiastica, ma non il tempio, che è come una casa, sia pur aperta al pubblico, lo spazio di un gruppo, la sede di chi vede e pensa in un certo modo. Sarebbe come occupare gli uffici di un partito avversario e organizzarvi una kermesse per sputtanarlo. Si può fare? Certo. Ma non è libertà d’opinione, è violenza. Pacifica finché si vuole, magari, ma sempre violenza.
Lo si ammetta, la sceneggiata delle Tumulto della Fica (traduzione letterale) questo è stato: una piccola, dimostrativa ma prepotente violenza. Per noi in Occidente, dove abbiamo rotto tutti gli argini, la galera è troppo, e personalmente piacerebbe fossero punite con una full-immersion di ore di religione, perché anche la religione è cultura, utile a laici, atei e miscredenti. Fermo restando che, se i Russi intendono attenersi ai princìpi liberal-democratici, devono poter protestare e berciare contro il Cremlino quanto vogliono. Senza sputare nelle case altrui, però. Ma considerare quelle tre sceme martiri del libero pensiero, suvvia, anche questo è decisamente troppo. E ora datemi pure del “fascista del web”, visto che in Italia, come scrive giustamente il Fatto di oggi riguardo la querelle su Napolitano (personalmente sto col Fatto: il Capo dello Stato non può parlare con un indagato delle indagini, punto e basta), è tornato di moda l’anatema per ghettizzare chi dissente dal pensiero unico.