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Albright e Clark alla conquista del Kosovo

di Massimo Sideri - 03/09/2012

 

I "clintoniani" che bombardarono la Jugoslavia a caccia di affari nella repubblica balcanica. L'ex segretario di Stato punta alla telecom, l'ex comandante NATO alle miniere

La Albright Capital Management LLC, società dell'ex segretario di Stato Usa all'epoca di Bill Clinton, Madeleine Albright, potrebbe presto controllare le telecomunicazioni del Kosovo. Sulle relazioni tra la repubblica indipendente dal 2008 (ma riconosciuta da soli 92 Paesi) e quella che, prima dell'era di Condoleeza Rice e di Hillary Clinton, era considerata la donna più potente degli Stati Uniti ci sarebbe materiale per un libro. C'è un'intera generazione di teenager kosovare, troppo giovani per seguire sui giornali l'affaire delle privatizzazioni nazionali in corso, che hanno come primo nome Madeleine — una delle cose di cui Albright va fiera come disse al Time Magazine nel 2004. Hanno ereditato il loro nome da genitori che hanno vissuto il dramma della guerra del Kosovo e l'intervento delle forze Nato, fortemente voluto dalla Albright, sotto il comando del generale Wesley Clark, una testimonianza semantica
del prestigio del 64esimo Segretario di Stato da queste parti. «Madeleine Albright» è anche una strada come lo è «Bill Clinton» a Pristi-a. Peraltro non è nemmeno la prima volta che Albright fa affari qui: dal 2004 è stata consigliere speciale del presidente del Comitato amministrativo di Ipko Net, un gruppo di telecomunicazioni fondato nel bel mezzo dei bombardamenti dell'ex Jugoslavia dal Comitato internazionale per l'aiuto ai minacciati. Con l'Ipko, più importante provider Internet locale, l'Albright Group ha partecipato anni fa all'acquisizione di una licenza per la telefonia mobile. Infine, non è nemmeno una novità che i «democratici» Usa abbiano fatto degli affari in loco: c'è chi lo chiama il «prezzo dell'indipendenza». Lo stesso Clark con la sua società Envidity sta tentando di ottenere la licenza in Kosovo per esplorare le risorse di carbon fossile e produrre benzine sintetiche.
Ma quella della FTK, Post and telecommunication of Kosovo, non è solo la più importante privatizzazione della breve storia del Paese più giovane .e povero del continente europeo ma è anche una buccia di banana sulla quale la Albright rischia di scivolare (peraltro in piena campagna elettorale Usa dove tutto vale). Il gruppo di telecomunicazioni posseduto dallo Stato e di cui il governo vorrebbe privatizzare il 75% era già stato al centro di uno scandalo nel 2011 quando il percorso di vendita si era impantanato dopo la fuga dei compratori a causa delle accuse di corruzione nei confronti dei manager. Due mesi fa il capo dell'Agenzia delle privatizza Dino Asanay, è stato trovato morto nel suo appartamento con 11 (non è un refuso: li) coltellate. Per le autorità locali si è trattato di «suicidio». La Serbia che chiaramente non riconosce l'indipendenza del Kosovo ha annunciato di voler mettere in discussione tutte le privatizzazioni dal 1999, anno dell'intervento della Nato, a oggi. Ora all'asta per acquistare il 75% di PTK partecipano anche altri gruppi, come la turca Turkcell e la Telecom di Monaco. Ma è facile immaginare che in caso di vittoria del consorzio guidato dall'Albright Group la Serbia userà il caso come ariete.
Anche perché, per quanto il Kosovo sia povero (il Pil è pari a soli 6 miliardi) il prezzo di cui si parla, pari a circi 600 milioni di euro, è già stato messo sotto la lente. Conviene al compratore o al venditore? Certo gli scandali non hanno aiutato la valutazione. Ma forse non aiuta nemmeno che l'ex ministro delle Telecomunicazioni, Fatmir Limaj, metta in dubbio il valore del maggior asset locale, andando contro gli interessi nazionali. Nel 1999 era uno dei capi dell'Esercito di Liberazione del Kosovo.