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I dirittumanisti dichiarano guerra alla Russia?

di Enrico Galoppini - 04/09/2012

Fonte: europeanphoenix




Chi tira le fila dell’azione delle marionette “Pussy Riot” non demorde, ed anzi rilancia con una maggiore “mobilitazione” contro la Russia. In un precedente articolo avevamo scritto che il circo della “libertà d’espressione” mobilita i suoi pagliacci, ma evidentemente ci eravamo sbagliati, poiché sarebbe più corretto dire che ad essere mobilitati sono dei veri e propri delinquenti senza scrupoli.

I pagliacci, per carità, hanno continuato a svolgere il loro mestiere, che è per l’appunto quello di far sbellicare dalle risate. Alcuni di loro, dei cosiddetti “centri sociali”, sono piombati (senza incontrare ostacoli…) nel padiglione russo alla recente Biennale del Cinema per intonare slogan ostili verso la dirigenza di quel paese e in appoggio alle “libertà civili” lì “calpestate”, rappresentate dalle povere ‘fighette riottose’: ma non hanno altro da fare ‘sti “figli di papà” che agitarsi per queste fesserie? Perché non si scaldano per ben più sostanziose e nobili cause quali, ad esempio, l’indipendenza, la sovranità e la libertà della nostra terra (“patria” non sia mai detto) da un tentacolare e soffocante dispositivo di oppressione e di controllo costituito da oltre cento basi ed installazioni Usa/Nato, un sistema che ha eretto l’usura della moneta-debito a sistema e una schiera di mezze calzette e lecchini nei settori della politica, dell’economia e della cultura?

Per la cronaca, per dare la misura di quanto ormai la “sensibilità” diffusa dalla suddetta “cultura” sia del tutto traviata, segnaliamo che si tratta della stessa Biennale del Cinema dove tra gli altri è andato in scena un film che non ha suscitato pari scandalizzate rimostranze degli “antagonisti”; quello in cui una “ossessionata dalla religione” (chissà perché le “ossessioni” per la “cultura” dominante, imbevuta di psicanalisi, sono solo “religiose”) si mette a fare del sesso con un crocefisso (si noti il tono minimizzante di “Repubblica”). A me, sinceramente, questa roba della stessa pasta delle scorribande di Pussy Riot e affini dà il voltastomaco, assieme ai “critici” che vi discettano sopra e il pubblico che s’infligge simili abomini, e soprattutto mette una gran pena, vedendo fin dove può arrivare l’essere umano nella sua foga di degradarsi dando libero sfogo ad uno psichismo in grado di evocare i peggiori spettri.

Ma se i pagliacci han proseguito a fare i pagliacci, le mignotte non hanno mai smesso di fare le mignotte. Eppure in questo mondo all’incontrario, dai riferimenti e dai valori invertiti, dove le brave madri di famiglia sono ostacolate in ogni modo e addirittura le si vuol far scomparire per ridurle a macchinette del produci-consuma-crepa, qualcheduno ha stabilito che donnacce senza pudore che dovrebbero solo ringraziare quel Dio che tanto odiano per averle dotate di cotanta bellezza fisica siano più degne di essere additate ad esempio di vita e di virtù.

Veniamo così a sapere da una segnalazione di “Stampa Libera” [non forniamo il collegamento diretto all’articolo perché contiene una foto oscena, ma chi vuole cercarlo deve scorrere le pagine del sito fino al 3 settembre] che alcune di quelle che poi sarebbero confluite nell’”operazione Pussy Riot” facevano parte di un'altra organizzazione anch’essa specializzata nel creare “rumore” sulla Russia tra le opinioni pubbliche occidentali drogate dalla propaganda. Degne parenti delle “Femen”, emulate nel loro tagliar croci per tutta la Russia da altre streghe scatenate. Dove sono in questo caso i “cristianisti”, i “crociati dello Zio Sam”? Non oso immaginare il delirio, la caccia all’“islamico” che avrebbero scatenato nel caso in cui con la motosega nell’atto di abbattere questo simbolo, peraltro “tradizionale” al di là del fatto che l’abbia adottato il Cristianesimo, si fosse fatto ritrarre qualche “attivista islamico”! Ma in questo caso tutto tace o si minimizza, e nessun “autorevole commentatore” mette in guardia sul “pericolo per la cristianità”…

Amnesty International, poi, ha gettato alle ortiche anche la residua credibilità che poteva vantare di fronte a chi dispone ancora della quantità di spirito critico in dotazione a un chihuahua. Essa infatti chiama ad una “azione urgente” in favore della libertà dell’ormai celeberrimo trio scomodando addirittura la definizione “prigioniere di coscienza”, e per far ciò quest’organizzazione - sulle cui finalità sovversive in quei paesi fuori dal controllo dell’Occidente non abbiamo mai avuto dubbi - da quando Vladimir Putin ha ripreso le redini della Federazione Russa, non perde occasione per “sensibilizzare” quel pubblico ingenuo che le dà credito. Un pubblico che però non è - anche se non lo ammetterebbe nemmeno sotto… tortura (!) – “per la libertà di espressione per tutti” come ama pensarsi, bensì di parte come chiunque altro, perché né la stessa Amnesty dà conto della persecuzione giudiziaria degli storici revisionisti in quasi tutta Europa né chi la sta ad ascoltare reclama da parte sua che si alzi una voce a difesa di chi ha commesso il solo “crimine” di aver studiato un argomento “proibito” applicando i principi basilari della ricerca storica e rendendo pubblici i risultati delle sue ricerche.

Ma c’è anche di peggio. Ad esempio c’è Avaaz, quello delle “azioni” condotte da un anonimo “team” composto emeriti sconosciuti, già tristemente noto per la sua campagna a senso unico contro la Libia. Nel suo estremismo “libertario” decisamente più spinto di quello di altre consolidate organizzazioni dirittumaniste, Avaaz rivela la vera intenzione di questa campagna pro-Pussy Riot: una “Russia libera”, che “sta inesorabilmente scivolando in una nuova autocrazia”. Al culmine del delirio, questi funamboli della lingua, affermano che l’azione delle loro più celebri sodali “ha galvanizzato la solidarietà verso la Russia nel mondo”; semmai è vero il contrario: tutta questa campagna di provocazioni architettate e pagate dall’Occidente (cioè dalle sue banche che noi dovremmo… “salvare”!) punta a provocare sentimenti di rigetto verso la Russia, la sua popolazione (che non vuole il “Gay Pride” eccetera) e la sua dirigenza.

E allora che s’inventa “il team di Avaaz”? Sotto la chiara minaccia a Putin “c’è un prezzo da pagare”, una iniziativa del Parlamento Europeo che consisterebbe in “un congelamento [“rapina”, nella neolingua] e uno stop alla libertà di movimento [!] per il potente gruppo di elite attorno a Putin, accusato di molteplici crimini [da chi?]”. La medesima cosa apparentemente senza senso per chi blatera di continuo di “fratellanza tra i popoli” applicata all’Iran o alla Siria, il che è da equipararsi di fatto ad una dichiarazione di guerra alla Russia. Le cose a questo punto sono due: o questi qua stanno delirando, e allora intervengano gli organi preposti alla sanità mentale, oppure siamo in mano a dei delinquenti senza scrupoli (e non a semplici pittoreschi “pagliacci”) che pur di andare in fondo al loro progetto di dominio planetario sono pronti a scatenare, sotto le suadenti parole d’ordine dei “diritti umani”, una guerra anche contro la Russia, la quale, è bene notarlo, non ci sta in alcun modo minacciando, né l’ha mai fatto, mentre è vero il contrario.

Purtroppo, di fronte all’istupidimento di gente che non si accorge di essere presa in giro poiché queste “battaglie” sono a misura di un tipo umano che ha completamente perso il senso di che cosa sia per davvero una “battaglia”, c’è poco da fare. Questo vogliono, e questo viene offerto al loro ego, per farli sentire “migliori” e con la “coscienza a posto”. Ma come si può facilmente notare, tutto questo agitarsi per i “diritti umani” in giro per il mondo non è affatto innocuo, poiché a furia di alzare la posta in gioco si giunge ad incitare alla guerra e alla divisione tra i popoli: i russi – comunismo o no - devono ancora essere pensati come “cattivi” se non si adeguano (ancora per cent’anni, orrore!) alla moda del “Gay Pride” ed insistono ad essere guidati da uno statista e non da un burattino della piovra finanziaria come avviene nella “libera Europa”.