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La fine della rete spionistica dell’USAID in America Latina

di Nil Nikandrov - 27/09/2012


 

L’espulsione dell’USAID dalla Russia era uno sviluppo a lungo atteso e gradito. Mosca ha ripetutamente messo in guardia i suoi partner statunitensi, attraverso una serie di canali, che la tendenza dell’USAID ad interferire negli affari interni della Russia era inaccettabile e che, in particolare, il radicalismo delle sue ONG presenti nel Caucaso non sarebbe stato tollerato. Quando il 1° ottobre, la decisione presa dalla leadership russa avrà effetto, il personale dell’USAID di Mosca, che aveva ostinatamente ignorato tali segnali, dovrà fare le valigie e trasferirsi in altri paesi accusati di avere un regime autoritario…
In America Latina, l’USAID ha da tempo la reputazione di organizzazione nei cui uffici ospita, difatti, i centri di intelligence che progettano l’indebolimento dei governi legittimi di un certo numero di paesi del continente. La verità è che l’USAID quale ospite di operativi della CIA e delle agenzie di intelligence della difesa degli Stati Uniti, non è poi così ignota, così come quello di aver avuto un ruolo in ogni colpo di stato in America Latina, così come nel sostegno finanziario, tecnico e ideologico delle rispettive opposizioni. L’USAID cerca anche, in genere, d’infiltrare le forze armate e le forze dell’ordine locali, reclutandovi degli agenti pronti a dare una mano all’opposizione, quando ce ne sia l’occasione.
In diversa misura, tutti i leader populisti latinoamericani sentono la pressione dell’USAID. Senza dubbio, il Venezuela di H. Chavez è l’obiettivo numero uno della lista dei nemici dell’USAID. Il supporto agli oppositori del regime del paese si è ridotto notevolmente, a partire dalle enormi proteste del 2002-2004, mentre la nazione ha visto il governo concentrarsi sui problemi socio-economici, l’assistenza sanitaria, l’edilizia residenziale e le politiche giovanili. L’opposizione ha dovuto iniziare a fare affidamento sempre più sulle campagne nei media, circa l’80% dei quali sono gestiti dal campo anti-Chavez.
Stimolando il panico con voci su imminenti interruzioni dell’approvvigionamento alimentare, con relazioni che esagerano il livello di criminalità in Venezuela (dove, in realtà, c’è meno criminalità che nella maggior parte dei paesi amici degli Stati Uniti), e con accuse di incompetenza del governo nel rispondere alle catastrofi tecniche, divenute sospettosamente frequenti mentre le elezioni si avvicinano, che poi vengono diffuse presso il pubblico nell’ambito di uno scenario sovversivo che coinvolge la rete di organizzazioni non governative venezuelane. In alcuni casi, l’appartenenza a queste ultime si limita a 3-4 persone, ma assieme al forte sostegno dei media, l’opposizione è in grado di dimostrare di essere una forza inquietante. I commentatori pro-Chavez temono che gli agenti dell’USAID contenderanno l’esito della votazione e, in modo sincronico, gruppi paramilitari trascineranno le città venezuelane nel caos, per dare agli Stati Uniti un pretesto per l’intervento militare.
L’USAID è nota per aver contribuito al recente fallito colpo di Stato in Ecuador, nel corso del quale il presidente R. Correa era scampato a un attentato. Le forze di elite della polizia, fortemente sponsorizzate dagli Stati Uniti e dai media che hanno strumentalizzato la legislazione liberale sulla libertà di espressione siglata da Correa, sono stati gli attori chiave della sollevazione. Successivamente, ci sono voluti i seri sforzi di Correa per fare approvare in parlamento un codice multimediale riveduto, contrastando le pressioni delle lobby dell’USAID.
Diversi tentativi per rovesciare il governo di Evo Morales, hanno chiaramente utilizzato il potenziale operativo dell’USAID in Bolivia. Secondo la giornalista e autrice Eva Golinger, l’USAID ha speso almeno 85 mioni di dollari per destabilizzare il regime del paese. Inizialmente, gli Stati Uniti speravano di ottenere il risultato desiderato sollevando i separatisti, in prevalenza bianchi, della provincia di Santa Cruz. Quando il piano fallì, l’USAID passò a corteggiare le comunità indigene con cui le ONG didattico-ambientaliste avevano iniziato a mettersi in contatto, alcuni anni prima. Resoconti disorientanti furono forniti agli indiani, secondo cui la costruzione di una superstrada nella loro regione avrebbe lasciato le loro comunità senza terra, e le conseguenti marce di protesta indiane nella capitale, erosero la posizione pubblica di Morales. Ma poco dopo emerse che molte di quelle marce, tra cui quelle inscenate dal gruppo TIPNIS, erano state coordinate dall’ambasciata degli Stati Uniti. Il lavoro era stato svolto da un funzionario dell’ambasciata, Eliseo Abelo, un elemento dell’USAID che si occupava della popolazione indigena boliviana. Le sue conversazioni telefoniche con i leader della marcia furono intercettate dall’agenzia del controspionaggio boliviana e furono rese pubbliche, così dovette fuggire dal paese, mentre l’inviato diplomatico statunitense in Bolivia si lamentava delle intercettazioni telefoniche.
Nel giugno 2012, i ministri degli esteri dei paesi del blocco ALBA hanno approvato una risoluzione sull’USAID, che dice: “Citando la pianificazione e il coordinamento degli aiuti stranieri come pretesto, l’USAID s’intromette apertamente negli affari interni di paesi sovrani, sponsorizzando le ONG e le attività di protesta volte a destabilizzare quei governi legittimi che non sono amichevoli dal punto di vista di Washington. I documenti resi pubblici dagli archivi del Dipartimento di Stato, sono la prova che il sostegno finanziario veniva fornito ai partiti e gruppi di opposizione nei paesi dell’ALBA, una pratica equivalente ad aperte e audaci interferenze per conto degli Stati Uniti. Nella maggior parte dei paesi dell’ALBA, l’USAID opera attraverso le sue estese reti di ONG, che gestisce al di fuori del quadro normativo, e anche finanziando in modo illecito media e gruppi politici. Siamo convinti che i nostri paesi non hanno bisogno del sostegno finanziario esterno per mantenere la democrazia stabilita dagli Stati latino-americani e caraibici, o di organizzazioni guidate esternamente che tentano di indebolire o mettere da parte le nostre istituzioni governative”. I ministri hanno chiesto alla leadership di ALBA di espellere immediatamente i rappresentanti dell’USAID, poiché minacciano la sovranità e la stabilità politica dei paesi in cui operano. La risoluzione è stata firmata da Bolivia, Cuba, Ecuador, Repubblica Dominicana, Nicaragua e Venezuela.
Lo scorso maggio Paul J. Bonicelli è stato confermato, dal Senato degli Stati Uniti, assistente amministratore dell’USAID per l’America Latina e i Caraibi. L’ex capo della USAID, Mark Feuerstein, acquisì una tale notorietà, in America Latina, come cervello dietro i golpe contro i legittimi capi di Stato di Honduras e Paraguay, che i politici del continente hanno semplicemente dovuto imparare a evitarlo. La credibilità dell’USAID si riduce sempre più, ed è improbabile che Bonicelli, un ricercatore e un conservatore, sarà in grado di invertirne la tendenza. Il suo curriculum comprende la guida di diverse divisioni dell’USAID e la ‘promozione della democrazia’ di concerto con il Consiglio di Sicurezza Nazionale degli Stati Uniti. La visione di Bonicelli si riflette nelle pagine della rivista Foreign Policy. Per Bonicelli, Chavez non è un democratico, ma un capo ansioso di sbarazzarsi di tutti i suoi avversari. Il nuovo capo dell’USAID sostiene che, a parte la minaccia della droga, la visione di Chavez ispira i suoi seguaci populisti in Ecuador, Bolivia e Nicaragua, ponendo la più grande sfida agli interessi degli Stati Uniti in America Latina. Bonicelli esorta, pertanto, gli Stati Uniti a sostenere l’opposizione venezuelana in ogni modo possibile, fornendole supporto materiale e addestramento, in modo che possa  prendere parte a pieno alle elezioni e alle attività civili. Un altro articolo di Bonicelli ritrae l’attuale evoluzione della Russia come una cupa regressione e uno scivolamento verso il ‘neo-zarismo’. Sulla base di tale percezione, Bonicelli sostiene che l’occidente dovrebbe ritenere la Russia e i suoi dirigenti responsabili di tutto ciò che riguarda la libertà e la democrazia, anche se la libertà nel paese è importante solo per una manciata di persone, e cita il caso della Polonia, dove gli Stati Uniti supportarono Lech Walesa.
Sono scarse le probabilità che una riforma della USAID possa ripristinarne la credibilità in America Latina. Attenendosi a una ristretta lista di priorità, l’USAID punta su pochi programmi secondari e chiude i suoi uffici in Cile, Argentina, Uruguay, Costa Rica, Panama e prossimamente Brasile. L’USAID ritiene che questi paesi abbiano già una forma ragionevole di democrazia, e che non hanno più bisogno di assistenza, in modo che l’agenzia possa scagliare tutta la sua forza contro i suoi nemici principali: i populisti e Cuba, e fare del suo meglio per far abbattere i politici ostili a Washington in tutto l’emisfero occidentale. Il bilancio dichiarato dell’USAID per l’America Latina è di circa 750 milioni di dollari, ma le stime indicano che la parte segreta dei finanziamenti, che viene sfruttata dalla CIA, potrebbe arrivare a due volte tale importo.

É gradita la ripubblicazione con riferimento alla rivista on-line della Strategic Culture Foundation.

Traduzione di Alessandro Lattanzio - SitoAurora