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Terremoto dell'Aquila ecco perché è ineccepibile la sentenza del Tribunale

di Massimo Fini - 07/11/2012


Se gli aruspici romani, dopo aver esaminato le interiora di un qualche animale, davano un responso che, a conti fatti, si sarebbe rivelato sbagliato, venivano immolati e squartati come gli animali da cui avevano preteso di trarre le loro divinazioni. Una giusta punizione per la loro presunzione. La sentenza con cui il Tribunale dell’Aquila ha condannato a sei anni di reclusione i sette esperti della Commissione Grandi Rischi è ineccepibile. I sette non sono stati condannati per aver sbagliato le previsioni, ma per averle fatte. Se, come afferma il sismologo Enzo Boschi (fra i condannati) "un terremoto non si può prevedere ma nemmeno escludere", allora non si fa previsione alcuna. Invece gli "esperti" l’hanno azzardata rassicurando la popolazione sperando nella loro buona stella. Una tremenda lezione per la presunzione degli scienziati, ma ancor più tremenda, perché pagata con 309 morti, per gli aquilani che han dato loro retta invece di seguire l’istinto che diceva di lasciare la città in tempo (pochissimi lo hanno fatto). La tragedia dell’Aquila si inserisce nel quadro più generale del rapporto moderno fra Scienza, Tecnologia e uomo. Ci siamo troppo abituati, in tutti i campi e non solo in quello delle emergenze naturali (si pensi solo alla medicina) ad affidarci alla Scienza e alla Tecnologia e troppo poco ai nostri istinti. Tanto che questa abitudine ha finito per ottunderli.

Invece l’istinto è la prima difesa naturale dell’uomo. Chiunque abbia avuto un grave incidente di macchina da cui sia uscito illeso sa che si è salvato non grazie a una manovra alla Alonso, di cui non sarebbe capace, ma perché l’adrenalina, annullando l’intelletto razionale a favore dell’istinto, gli ha dettato ciò che era meglio fare. L’11 settembre nelle Twin Towers si salvò un cieco. Per quelli che stavano nei piani sopra l’impatto degli aerei non c’era nulla da fare, salvo quell’atroce sventolare di fazzoletti bianchi. A quelli che stavano sotto, gli altoparlanti ripetevano ossessivamente: "State calmi, state fermi, non muovetevi dai vostri posti adesso arrivano i pompieri a salvarvi". Il cieco aveva un cane che, non sapendo nè leggere nè scrivere, nè avendo orecchi per ascoltare simili sciocchezze, fece la cosa più naturale e istintiva: si precipitò giù dalle scale, salvando se stesso e il padrone. Tutti gli altri furono seppelliti dal crollo. Tsunami 2004. Le isole Andamane erano, dopo Sumatra, le terre più vicine all’epicentro del maremoto. Le Andamane sono divise in due parti, la maggioranza è "civilizzata", turistica, ma ci sono alcune isole dove gli indigeni non hanno mai voluto saperne della civiltà. Nelle prime i morti furono migliaia, nelle seconde non ci fu nè un morto nè un ferito. Gli indigeni avevano "sentito" che c’era qualcosa di strano molte ore prima che il mare si ritirasse e si erano messi al sicuro. Del resto sarebbe bastato osservare il comportamento degli animali. Ha raccontato il guardiano di un faro in Sri Lanka: "Di colpo si fece un improvviso, impressionante silenzio. Gli uccelli smisero di cinguettare, le antilopi rizzarono le orecchie e dopo un attimo tutti gli animali correvano all’impazzata verso le colline. Guardavo il mare e non capivo: era tranquillissimo". Invece di usare gli animali per esperimenti più inutili di quelli degli aruspici, dovremmo osservarli meglio. Non perché siano "più buoni" di noi, come vuole la retorica animalista, ma perché hanno conservato quegli istinti che noi abbiamo perduto.