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Le amare passioni dei potenti

di Claudio Risé - 14/11/2012


L’uomo e la donna moderni sono di rado all’altezza della loro grandezza, intelligenza, forza fisica, ricchezza e generosità. L’amara vicenda di due famosi primi della classe globale, il generale David Petraeus, attuale capo della Cia e vincitore del conflitto irakeno, e della sua amica Paula Broadwell, laureata a West Point e a Harvard, atleta, scrittrice e altre cose eccellenti, lo dimostra.
Il fatto è che i famosi di oggi sanno meno sull’amore di quanto l’Occidente ha sempre saputo.
Non solo Dante ed i poeti dell’amor cortese hanno esaltato la capacità dell’amore tra uomo e donna di riempire uno spazio emotivo assai ampio, che andava dalla tenerezza e condivisione dell’amore coniugale all’intensa partecipazione affettiva delle altre numerose e forti forme della passione. Il trovatore cantava all’amata lontana: la distanza, accettata, lo rendeva capace di amare più intensamente, in modo elevato.
Negli ultimi secoli però, dopo l’industrializzazione, l’amore viene percepito dalla coscienza come scisso in due forme: quella sociale del matrimonio, e quella del rapporto sessuale. Quest’amputazione indebolisce entrambe.
Il matrimonio diventa così «la tomba dell’amore». Mentre, diceva Benedetto Croce, sarebbe più giusto dire che «il matrimonio è la tomba dell’amore selvaggio».
D’altra parte la passione amorosa, rinchiusa nella relazione sessuale, spesso trasgressiva, diventa violenza: contro la società (che schizofrenicamente la vieta, ma insieme la trasforma in mito), contro gli amanti, la cui vita viene sconvolta, e le altre persone coinvolte, mogli, mariti, figli.
Ma questa visione “selvaggia” (come la chiama Denis De Rougemont nel suo classico L’amore e l’Occidente), è del tutto anacronistica dopo il cristianesimo, quando amare diviene un’azione positiva, un’azione di trasformazione lontana dagli aspetti mortiferi dell’Eros (talmente pazzo che i Greci non l’ammettevano tra gli Dei).
L’amore cristiano è valorizzazione del presente, amore per la realtà nella sua enorme ricchezza e multiformità (come quella goduta dalla coppia Petraeus-Broadwell), non c’è bisogno di distruggere nessuno, e neppure se stessi.
Per riuscire nell’impresa di amare senza distruggere niente e nessuno, però, occorre non tanto essere potenti (come questa coppia famosa), ma forti. Vale a dire saper riconoscere i propri sentimenti, come appunto l’amore, senza lasciarsi travolgere dalle pulsioni che vengono dal mondo indifferenziato e impersonale degli istinti. Vivere il sentimento in modo pieno, umano, dunque ampio, salvaguardando il carattere sacro sia di noi stessi, che dell’altro e del sentimento d’amore. Che, al di là del desiderio di possesso, o di fusione, va verso il dono: di te all’altro, e dell’amore al mondo in cui hai costruito la tua grandezza.
Difficile? Forse. Ma l’Occidente è stato anche questo.