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Newtown, l'ennesima strage

di Michele Paris - 17/12/2012


Il più recente episodio di efferata violenza compiuto da una singola persona negli Stati Uniti è avvenuto nella mattinata di venerdì presso una scuola elementare e materna di una ricca cittadina del Connecticut. La strage di bambini e insegnanti ha lasciato ancora una volta i media istituzionali e i politici di Washington senza parole, tutti come al solito incapaci di dare un senso ad un orrore che, per la sua serialità, non può che affondare le proprie radici nei mali che affliggono la società americana.

Come è ormai noto, il 20enne Adam Lanza ha sparato alla madre 52enne nell’abitazione di Newtown dove i due vivevano prima di recarsi in automobile alla Sandy Hook Elementary della città nella contea di Fairfield, a poco più di 100 km a nord-est di New York. L’assassino ha fatto irruzione con la forza nell’edificio ed ha sparato ai bambini presenti in due aule, inizialmente da lontano e poi da distanza ravvicinata. Secondo le ricostruzioni delle autorità di polizia, alcune vittime sarebbero state colpite fino a 11 volte. L’esito del massacro è stato così raccapricciante che molti genitori hanno riconosciuto i figli uccisi tramite fotografie.

Il bilancio complessivo è stato alla fine di 28 morti, inclusi l’autore della strage, che si è tolto la vita all’interno dell’edificio scolastico, e la madre. Delle altre 26 vittime, 20 erano bambini tra i 6 e i 7 anni e 6 dipendenti della scuola, tra cui la preside, 4 insegnanti ed una psicologa.

I racconti dei famigliari e delle persone che conoscevano Adam Lanza hanno descritto un giovane intelligente ma estremamente schivo, con problemi mentali, ma che mai aveva mostrato alcuna propensione alla violenza. I genitori si erano separati da qualche anno e il padre e il fratello di quattro anni più vecchio si erano trasferiti nel non lontano New Jersey.

Nella loro abitazione di Newtown, Adam Lanza e la madre conservavano svariate armi, frutto della passione di quest’ultima che pare essere stata trasmessa al figlio minore. La legge del Connecticut consente la vendita di armi da fuoco solo a chi ha compiuto 21 anni ma Adam Lanza ha potuto comunque avere accesso senza difficoltà a due pistole - una Glock e una Sig Sauer - e ad un fucile semi-automatico Bushmaster calibro .223, simile a quelli in dotazione delle forze armate americane in Iraq e in Afghanistan.

Per la seconda strage più grave per numero di vittime della storia americana, avvenuta a pochi giorni da un’altra sparatoria mortale in un centro commerciale dell’Oregon, gli investigatori del Connecticut hanno fatto sapere di non avere ancora trovato alcun indizio che possa rivelare le ragioni del comportamento di Adam Lanza.

Nei resoconti dei media e nelle reazioni di politici e commentatori, i termini maggiormente  ricorrenti in relazione al massacro sono stati come sempre “inspiegabile” e “senza senso”. Recatosi immediatamente a Newtown dopo il massacro, il governatore del Connecticut, il democratico Daniel Malloy, ha parlato di “una tragedia indicibile”, mentre, ad esempio, il Washington Post ha ritenuto utile sentire il parere di un docente di teologia morale, il quale ha avvertito che la risposta iniziale all’accaduto “non deve essere il tentativo di individuarne le cause”, appellandosi perciò al silenzio.

Altri esperti hanno poi chiesto un maggiore impegno nello studio del disagio mentale, mentre l’argomento preferito soprattutto dai media liberal è stato prevedibilmente il controllo sulla vendita di armi da fuoco. Lo stesso presidente Obama, recatosi in Connecticut domenica sera, nella dichiarazione pubblica dalla Casa Bianca dopo il massacro ha fatto un vago accenno alla necessità di adottare regolamentazioni in questo ambito, dopo che la sua amministrazione in questi quattro anni ha sempre evitato di sollevare una delle questioni politicamente più delicate a Washington.

Quasi in lacrime, Obama ha affermato la necessità di “prendere provvedimenti significativi per prevenire altre tragedie simili, al di là delle differenze politiche”. In molti hanno rimproverato al presidente di non avere assunto toni più decisi nel sollecitare un dibattito sul controllo delle armi, ma è evidente che qualsiasi restrizione sarà pressoché impossibile da implementare una volta che la strage di Newtown sarà sparita dai titoli dei giornali vista la profonda influenza della lobby delle armi su praticamente tutti i politici repubblicani e su buona parte di quelli democratici.

Se l’accessibilità delle armi da fuoco ha indubbiamente un peso nelle stragi in America e, soprattutto, nel numero spesso elevato di vittime, è altrettanto vero che altri paesi, come ad esempio il vicino Canada, che hanno una diffusione di armi simile fanno segnare livelli di violenza nettamente inferiori. Allo stesso modo, se è evidente che i disturbi mentali dei responsabili dei massacri hanno un ruolo importante, queste patologie non sono limitate agli Stati Uniti né questo paese sembra averne il primato.

Ciò che appare evidente dal ripetersi ininterrotto di simili massacri di massa, e che rimane puntualmente al di fuori dai tentativi ufficiali di spiegarne le ragioni, è piuttosto un contesto sociale americano caratterizzato da profonde tensioni che non possono trovare alcuna espressione “sana” all’interno degli attuali rapporti di classe e di un sistema segnato dal grave deteriorarsi dell’ambiente democratico e da crescenti disuguaglianze.

A ciò si aggiunga una cultura della violenza imposta dalle classi dirigenti, alimentata sia dai conflitti imperialisti del dopo 11 settembre, condotti da una gigantesca macchina da guerra, che dall’innalzamento dell’accumulazione di ricchezze ad ogni costo a ideale assoluto, da raggiungere per le élite economiche e finanziarie attraverso l’impoverimento di milioni di persone appartenenti ad una classe media e lavoratrice sempre più disorientate e senza alternative politiche.

Un processo, questo, accelerato dalla crisi irreversibile del capitalismo americano e dalla risposta data ad essa dalle classi dominanti a partire almeno dagli ultimi tre decenni. Non a caso, infatti, delle dodici peggiori stragi della storia americana, ben dieci hanno avuto luogo a partire dalla metà degli anni Ottanta. Di queste, inoltre, addirittura sei si sono verificate negli anni 2000, un decennio segnato appunto dalla guerra al terrore e dall’apparato pseudo-legale anti-democratico creato dal governo americano dopo l’11 settembre, nonché dalla più pesante crisi economica dalla Grande Depressione.

Oltre alla recente strage di Newtown, i più gravi episodi di violenza in questi anni comprendono quelli della Virginia Tech (32 morti, aprile 2007), di Binghamton nello stato di New York (13 morti, aprile 2009), di Fort Hood in Texas (13 morti, novembre 2009), di Aurora in Colorado (12 morti, luglio 2012) e della Contea di Geneva in Alabama (10 morti, marzo 2009). Nel solo 2012, infine, i media d’oltreoceano hanno elencato ben 13 uccisioni di massa per un totale di 81 morti e svariate decine di feriti.

Oltre ai luoghi dove il disagio sociale appare più evidente, la violenza esplode ormai anche nelle località più insospettabili e apparentemente risparmiate dalle tensioni e dal degrado, come nella idilliaca e benestante cittadina di Newtown, Connecticut, fino ad ora considerata una delle città più sicure di tutti gli Stati Uniti.