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L’alternanza di generazione, elemento caratteristico delle Briofite e Pteridofite

di Francesco Lamendola - 09/01/2013




 

Lo studio della botanica ci mostra che, nelle Briofite – ossia nelle Epatiche e nei Muschi – la generazione sessuata, rappresentata dal gametofito, aploide (con un solo assetto cromosomico), che produce gli anterozoidi e l’oosfera, prevale nettamente su quella asessuata, rappresentata dallo sporofito, diploide (con due copie di ogni cromosoma), che produce le spore; mentre nelle Pteridofite – Licopodine, Selaginelle, Equiseti e Felci – è lo sporofito, ossia la fase asessuata, a prevalere (e nelle piante con fiore si può dire che l’albero è un enorme sporofito).

Le Pteridofite sono piante assai più evolute delle Briofite: sono piante superiormente organizzate, in cui è presente un cormo ben organizzato e distinto in radice, fusto e foglie; mentre le Briofite, al confronto, sono piante ancora decisamente primitive, sebbene assai più evolute delle Alghe e dei Funghi e anche se alcuni studiosi le considerano non più delle Tallofite, ma delle Cormofite, nelle quali organi caulinari e fogliari sono già, almeno in talune specie, notevolmente differenziati. Ma gli organi radicali, le rizine, sono dei filamenti cellulari simili a quelli di talune Alghe, e la struttura del fusto e della foglia, come ha osservato Valerio Giacomini, ai cui studi soprattutto ci riferiamo, non coincide ancora con quella delle vere Cormofite. Per capire meglio questo discorso, si mettano a confronto il ciclo di sviluppo di una tipica Briofita, un Muschio, e di una tipica Pteridofita eterosporea (cioè con due sorta di spore: microspore e macrospore), come la Selaginella, e poi con una tipica Pteridofita  isosporea (cioè con spore di una sola sorta), come la Felce.

Nel Muschio (stiamo parlando di una pianticella piccolissima, alta pochi centimetri o pochi millimetri e prosperante sulla superficie delle rocce o dei tronchi) vi è un piccolo gametofito foglioso, dotato di archegoni e di anteridi; dalla fecondazione trae origine lo sviluppo dello sporofito, destinato ad aprirsi a maturità per liberare le spore, le quali producono prima un protonema filamentoso e ramificato, e quindi i piccoli fusti fogliosi. Il gametofito, dunque, è la parte fogliosa e verde della pianta, che custodisce tra le foglioline i due organi produttori dei gameti: gli anteridi e gli archegoni; lo sporofito, che produce le spore, è confinata nella parte superiore della pianticella, con una sorta di coperchietto, l’opercolo, e una cuffia che lo chiudono fino a che sia avvenuta la maturazione delle spore.

Nella Selaginella (una piantina erbacea che si può coltivare in vaso), le macrospore e le microspore sono prodotte rispettivamente in macrosporangi e microsporangi, che si formano in rametti spiciformi del fusto foglioso; le microspore mature producono gli anterozoidi che fecondano l’oosfera, situata nell’archegonio che si è venuto a formare, contemporaneamente, sulle macrospore. Dopo la fecondazione, nelle macrospore si sviluppa un embrione, da cui si produce lo sporofito foglioso: e qui già appare chiaramente come il gametofito si sia enormemente ridotto rispetto allo sporofito, rispetto a quanto accade nelle Briofite.

Infine in una tipica Felce, come il «Polypodium vulgare», lo sporofito è costituito da una fronda verde lobata che reca sui lobi dei sori, ossia degli aggregati di sporangi; quelli muniti di anello, giunti a maturità, si aprono e lasciano libere le spore, le quali germinano e producono un gametofito veramente minuscolo, il protallo, sulla cui pagina inferiore si formano gli anteridi e gli archegoni. Avvenuta la fecondazione, si sviluppa l’embrione e poi il giovane sporofito, da cui si ritorna allo sporofito frondoso.

Colpisce, nel ciclo di sviluppo della felce, l’estrema piccolezza del protallo, ossia della piantina recante gli organi sessuali, rispetto allo sporofito, che rappresenta, in pratica, la parte visibile ed evidente dell’intera pianta. Inoltre il protallo, che nelle Felci ha una caratteristica forma cuoriforme, è molto più simile al tallo delle Alghe che al cormo delle Piante superiori. Un’ultima osservazione è che il gametofito, come si vede, ad esempio, in una bellissima felce arborea, la «Dicksonia antarctica», è destinato ad ospitare, per così dire, lo sporofito, fino a quando quest’ultimo diventerà troficamente autonomo (vale a dire autonomo dal punto di vista del nutrimento), evento che segna la “morte” del protallo invaso dallo sporofito.

Così sintetizzava l’alternanza di generazione il compianto naturalista, botanico ed ecologo italiano Valerio Giacomini (in: Giuseppe Montalenti, Valerio Giacomini, «Corso di Biologia per le scuole medie superiori», Firenze, Sansoni, 1963, 1970, pp. 316-17):

 

«A conclusione della breve trattazione delle briofite e delle pteridofite – che nel loro insieme vengono anche dette archegoniate – è opportuno ritornare su un fatto biologico di grande interesse al quale si è accennato nelle generalità sul ciclo di riproduzione di queste piante: l’alternarsi di due fasi ben distinte (talora perfino come piante di ben diversa forma e struttura), cioè di una fase destinata a produrre gli sporogoni – e quindi le spore – (sporofito), e di una fase destinata a produrre gli anteridi e gli archegoni – e quindi gli anterozoidi e l’oosfera – (gametofito).

Nelle briofite e più particolarmente nei muschi che il gametofito è rappresentato dalla pianticella verde a minuscole foglioline che costituisce la parte più appariscente e visibile, mentre lo sporofito si sviluppa quasi parassita al sommo o lateralmente al germoglio verde, recando su un filamento più o meno lungo un’urna che contiene le spore.

Passando alle pteridofite è facile constatare una novità significativa: non è più il gametofito la fase più appariscente, bensì lo sporofito. Il gametofito costituisce infatti una minuscola pianticella distinta, pressoché impercettibile – il protallo – mentre le belle fronde pennate delle felci, i germogli verticillati “ a coda di cavallo” degli equiseti, sono propriamente degli sporofiti.

Che cosa è avvenuto dunque? Perché si è così ridotta una fase, e l’altra si è così avvantaggiata? Per comprendere questo episodio è necessario riflettere su certe caratteristiche del gametofito e dello sporofito. Il gametofito produce i gameti e costituisce perciò la fase o generazione sessuale. Di questi gameti quello maschile – l’anterozoide – è mobile a mezzo di ciglia, perché deve raggiungere e fecondare l’altro gamete immobile, l’oosfera. Ma l’anterozoide richiede per spostarsi che nell’ambiente sia presente dell’acqua, anche soltanto un velo, anche soltanto una goccia, ma in ogni caso dell’acqua. Lo sporofito produce le spore e costituisce perciò la generazione non sessuata (asessuata). Tali spore, leggere, asciutte si spargono a mezzo del vento per poi germinare sul suolo dando origine al gametofito.

Il gametofito è dunque una pianta se non proprio acquatica certo con speciale esigenza d’acqua. Lo sporofito è invece pianta tipicamente terrestre. Se riflettiamo allora all’ipotesi largamente ammessa che la vita ha avuto origine dalle acque e si è poi gradatamente evoluta con forme terrestri, ecco che il prevalere dello sporofito - generazione terrestre – sul gametofito – generazione acquatica – appare un episodio molto significativo nel grande quadro dell’evoluzione  delle piante da forme acquatiche a forme terrestri. È un episodio molto più generale di quel che si potrebbe credere, perché nelle piante più primitive acquatiche – le alghe – è facile constatare esempi di ancor più assoluta prevalenza del gametofito. Ci possiamo allora domandare se un’alternanza di generazione si manifesti anche nelle piante superiori con fiori e semi – le spermatofite – […] che costituiscono la vegetazione oggi prevalente sulle terre emerse. Si può subito rispondere che le due generazioni esistono anche nelle spermatofite, ma con assai minore evidenza che nelle archegoniate. Si può dire che è un’alternanza di generazione mascherata.

Per comprendere tale condizione è necessario rifarci  a un esempio molto significativo che ci viene offerto ancora dalle pteridofite. Abbiamo già detto che esiste un gruppo di pteridofite “etero spore”, cioè con due tipi di spore: microspore – che germinando al suolo danno un gametofito maschile – e macrospore – che producono invece un gametofito femminile -. Immaginiamo ora che le macrospore e le microspore non cadano al suolo, ma possano germinare e produrre i due gametofiti restando attaccate allo sporofito. Si avrebbero allora sullo sporofito  delle foglie specialmente differenziate allo scopo di recare e proteggere le macrospore e le microspore, le une produttrici di gameti maschili, le altre di gameti femminili. Il gamete maschile, raggiunta la maturità, deve essere trasportato con speciali mezzi – appropriati alla vita terrestre dello sporofito cui restano legati – a fecondare il gamete femminile. Se il gamete femminile (oosfera)  dopo la fecondazione si sviluppa a dare un embrione, racchiuso in speciali tessuti che gli permettono di conservare vitalità per periodi più o meno lunghi, anche se avulso dalla pianta e disperso più o meno lontano, allora noi ci troviamo di fronte alle condizioni più essenziali che caratterizzano le piante superiori con fiori e con semi, o spermatofite.

Si può concludere allora che nelle spermatofite esiste ancora un’alternanza di generazione, ma la generazione sessuale è ridotta a poche cellule nascoste in speciali organi talora semplicissimi, talora complessi, che sono appunto detti fiori. Si può conservare il termine di microspora per indicare il granulo di polline che […] produce la cellula spermatica (gamete maschile), e il termine di macrospora per la cellula uovo (gamete femminile) destinata ad essere fecondata.

A questo punto il passaggio dalle pteridofite, piante morfologicamente evolute ma senza fiori, alle spermatofite, diventa abbastanza logico e comprensibile.»

 

Giungiamo così alla conclusione che lo sporofito è una modalità di generazione tipicamente terrestre, perché le spore si diffondono a mezzo del vento, mentre il gametofito è una modalità tipicamente acquatica, o, almeno, abbisognante della presenza di acqua, sia pure di una singola goccia di pioggia o di rugiada, perché, senza questo elemento, la fecondazione a mezzo dei gameti maschili non sarebbe possibile.

Le Pteridofite sono piante tipiche dei climi umidi e nelle quali prevale, appunto, lo sporofito; dopo aver dominato il mondo nelle antiche epoche geologiche, esse si sono ritirate, sconfitte, davanti all’avanzata travolgente delle piante con fiori e semi, che si erano rese indipendenti dall’acqua come mezzo di trasporto dei gameti maschili fino ai gameti femminili. Basti ricordare le numerose forme estinte delle Pteridofite, che conosciamo solo attraverso la documentazione fossile. Anzitutto le Psilofitine, le più antiche piante terrestri (vissute oltre 300 milioni di anni fa); poi i Lepidodendri e le Sigillarie (che erano piante arboree alte fino a 30 metri, parenti delle odierne Licopodine) e Le Calamitacee del Paleozoico, anch’esse di dimensioni arboree, pur essendo parenti degli attuali Equiseti, che non superano il metro e mezzo ma che, in genere, si fermano a qualche decina di centimetri d’altezza.

Le piante con semi, ossia le Spermatofite (“sperma” in greco significa “seme”), accentuano la prevalenza dello sporofito rispetto al gametofito. Prendiamo il caso di una comune Gimnosperma, il «Pinus silvestris»: la fase a sporofito è dominante ed è rappresentata da un grande albero - come, del resto, avveniva ed avviene nelle Felci arborescenti -, sul quale si sviluppano fiori maschili e femminili, che assumono forma di coni o strobili (ecco perché è erroneo parlare delle Gimnosperme come di “piante senza fiore”, cosa che pure fanno, ad esempio, molti botanici americani), costituiti da foglie pollinifere e ovulifere. In tali foglie fiorali si producono i granuli di polline e le cellule uovo; sono ancora visibili delle cellule archegoniali a ricordo degli anteridi delle Pteridofite. Avvenuta la fecondazione per mezzo del budello pollinico, si sviluppa l’embrione e quindi la plantula con numerosi cotiledoni aghiformi, da cui si svilupperà, a sua volta, la pianta adulta.

Nelle Angiosoperme, infine – ossia nel “phylum” che, ai nostri giorni, domina la vegetazione terrestre -, il gametofito, ossia la generazione sessuata della pianta, è limitato al fiore, ossia ad una particolare foglia modificata, che rappresenta solo una piccolissima parte dell’albero adulto o della pianta adulta. Il gametofito, a sua volta, è suddiviso in un gametofito maschile, limitato alle cellule del polline, e in un gametofito femminile, consistente nel sacco embrionale con le cellule dell’apparato ovulare. Al posto dell’archegonio delle Pteridofite, che, insieme all’anteridio, si forma sulla pagina inferiore del protallo, nelle piante con fiori compare l’ovulo; e, attraverso la fusione del nucleo generativo  della microspora, il grano di polline, con quello della oosfera, si forma il seme. Il fiore femminile, dunque, è una forma più complessa del macrosporangio delle Selaginelle; quello maschile è un sacco pollinico, portato e protetto da una o più foglie trasformate.