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La grandezza invisibile di Thea von Harbou

di Miguel Martinez - 14/01/2013


E’ bello essere ignorante, perché scopro ogni giorno, in tutta la loro freschezza, cose che magari altri già sanno benissimo.

Sono partito da una canzone di Justin Sullivan, in cui si accennava alla “falsa Maria”, un personaggio che compare in Metropolis. Che conoscevo vagamente come titolo di un famoso film, a suo tempo d’avanguardia, prodotto da Fritz Lang, in cui si parla di una distopia futura.

Poi scopro che Metropolis in origine fu un romanzo. Scritto, non da Fritz Lang, ma da sua moglie Thea von Harbou, che fu anche responsabile almeno per metà della produzione del film, come di tutta la migliore produzione di Fritz Lang.

E allora cerco di capire qualcosa della sconosciuta Thea von Harbou.

Sono ricerche che potete fare anche voi, roba da Google, ma i risultati sono interessanti messi insieme.

Protestante di famiglia, aristocratica, violinista, sceneggiatrice di almeno trentadue film e autrice di molti romanzi.

Appassionata delle opere di Karl May, il Salgari della Germania (ma l’impatto dell’autore tedesco fu ed è molto maggiore di quello italiano), che pur con tutti i limiti di un certo orientalismo romantico, presentava a milioni di lettori mondi e popoli misteriosi, sostenendo il loro diritto a resistere all’imperialismo.

Militante femminista, Thea von Harbou si battè per il diritto all’aborto.

Nazionalista romantica, cultrice della vasta costruzione mitologica tedesca.

Fu grazie a lei che Fritz Lang ebbe successo; e dopo il misterioso suicidio della sua prima moglie, Lang la sposò.

I due si lasciarono, e Thea entrò in una relazione con un giovane indiano, Ayi Ganpat Tendulkar, impegnato nel movimento per l’indipendenza del suo paese e che guardava con speranza verso la Germania, vista come unica potenza europea senza mire su ciò che oggi chiamiamo il “Terzo Mondo”. Sostanzialmente un’illusione, in quanto Hitler non avrebbe mai privato dell’India l’impero inglese che tanto ammirava.

Ma qui c’è un lato della storia del Novecento ancora tutto da esplorare: i tanti intellettuali e non che in quegli anni, in America Latina, nel mondo arabo, in Iran, in India e nell’Estremo Oriente interessati alla politica tedesca e soprattutto giapponese. E magari delusi da partiti comunisti che, per comprensibile solidarietà con l’Unione Sovietica, avevano finito per schierarsi anche con l’Inghilterra (Ayi Tendulkar avrebbe poi scritto un libro proprio su questo argomento).

Solo in questo contesto mondiale possiamo capire l’unica traccia che i media ancora ricordino, la simpatia del Mufti di Gerusalemme per la Germania.

Ayi Tendulkar rientrò in India appena prima della guerra, e fu imprigionato dagli inglesi.

Lui ebbe poi una figlia (non dalla von Harbou), Laxmi Dhaul, che oggi scrive libri sul sufismo e scivaismo indiano, ma anche un libro che dovrebbe uscire tra poco e il cui titolo dice tutto sulla diversa percezione della storia che si ha fuori dall’Europa: Love and Freedom: Three Lives in Hitler’s Germany and Gandhi’s India.

Thea von Harbou si tesserò al Partito Nazionalsocialista a partire dal 1940, collaborò alla preparazione di film anche politici e fu operaia volontaria durante la guerra.

Ma soprattutto era impegnata, assieme alla propria segretaria, Michaela Purzner (sposata con rito induista a Balakrishna Sarma) a fianco della comunità indiana tedesca, rimasta senza risorse. Thea von Harbou si mise a rintracciare gli indiani – soprattutto studenti – dispersi in tutta la Germania, e poi anche prigionieri di guerra catturati in Africa e passati dalla parte dei tedeschi; e adottò legalmente anche una studentessa, Lilli Farroqhi.

Thea von Harbou e Michaela Purzner con gli indiani di Berlino

Thea von Harbou mantenne gli indiani con piccoli prestiti, che dovevano impegnarsi a restituire con gli interessi, ma non a lei – ad altre persone bisognose, quando ne avessero avuto i mezzi. Gli indiani la conoscevano come Taiji, “sorella maggiore”, e i combattenti della Legione Indiana l’avrebbero ricordata come la loro grande e disinteressata benefattrice.

Nel 1941, Thea von Harbou pubblicò il romanzo  Aufblühender Lotos, che ruota attorno alla figura di due studenti indiani rivoluzionari, lui figlio di brahmini, lei di infima casta, che si trovano bersaglio della repressione inglese.

Dopo la guerra, Thea von Harbou fu detenuta dagli inglesi nell’Internierungslager Staumühle, casualmente nello stesso campo di concentramento in cui vennero rinchiusi i suoi amici indiani che avevano combattuto nella Libera Legione Indiana.

Li fu sottoposta a lunghe procedure di “denazificazione”, in cui è interessante come gli inquisitori britannici le abbiano chiesto le sue opinioni religiose.[1] Thea von Harbou, pur precisando di aver aiutato alcuni ebrei, evitò accuratamente di dare alcun segno di pentimento per la propria adesione al nazionalsocialismo.

Appena rilasciata dal campo, a quasi sessant’anni, lavorò volontariamente come Trummelfrau, raccogliendo quasi a mani nude i mattoni e i rottami di una Germania distrutta.

Mi sono procurato una copia del romanzo di Thea von Harbou, Metropolis.

Nel poco tempo libero che ho, e con le mie conoscenze imperfette del tedesco, ho letto finora solo una trentina di pagine. Che già però dipingono un affresco notevole dei rapporti di dominio con cui la Maschinenstadt, la “città-macchina” di Metropolis, insaziabilmente affamata di esseri umani viventi, inaridisce i cuori:

“Er fühlte das Nahesein der lautlos wartenden Diener, die auf Befehle harrten, um lebendig zu dürfen”

“Sentì la prossimità dei servitori che aspettavano senza far rumore, in attesa di un ordine per osare diventare vivi”.

Thea von Harbou era certamente affetta dalla maledizione di Cassandra, capace di cogliere l’orrore profondo di ciò che agli altri sembra mera normalità. Il protagonista riflette sulla sua Macchina/Creatura, il vero oggetto d’amore dell’intero dispositivo:

“Nulla al mondo è più vendicativo della gelosia di una macchina, che si crede trascurata. Sì, questo lo so… Voi siete dominatrici esigenti… ‘Non avrai altro Dio all’infuori di me’… Non è vero? Un pensiero che si allontana da voi, lo sentite subito e lo percepite come una sfida. Come può restarti nascosto, che tutti i miei pensieri non sono per te?”

Una cosa interessante: almeno in Italia, nessuno rivendica Thea von Harbou alla “cultura di destra”. In questo, almeno, lei è stata più fortunata di Ezra Pound.

Nota:

[1] Mi ha fatto venire in mente questo notevole filmato  girato dagli alleati, in cui spiegano che una delle finalità loro è di trasformare la Germania in una “nazione cristiana”. La parte importante non sono le immagini, ma il parlato, per cui vale la pena vederlo tutto solo se avete una certa confidenza con l’inglese.

E’ interessante anche vedere quanto la propaganda sia degenerata e si sia infantilizzata da allora: evidentemente agli inglesi del 1946, era necessario parlare con un rispetto per la loro intelligenza che oggi sarebbe inconcepibile.