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Animalisti con gli stivali di pelle e la menzogna fondante d’Italia

di Miguel Martinez - 14/01/2013


C’è una bambina di otto anni.

La nonna, italiana, la porta al circo. Un circo dove ci sono cammelli, topi, serpenti, tigri e canguri.

Bellissimo il circo, racconta la bambina.

Poi dice, “c’era gente davanti al circo con cartelli dove c’era scritto, il circo è tortura di animali.”

Con tutta l’intensità perplessa dell’infanzia credente, precisa:

“Ma lo sai che quelli con i cartelli portavano gli stivali di pelle?”

“E come fai a saperlo?”

“L’ha detto la nonna”.

Mi rendo conto che sto assistendo a qualcosa di enorme importanza, nella fabbricazione del carattere nazionale. Chi non se ne fa marchiare nell’anima, non sarà mai un Vero Italiano. Altro che Costituzione, Valori Cristiani, Resistenza o Romanità…

Innanzitutto, la nonna in questione, che è un po’ miope, non aveva alcun modo di sapere da lontano cosa portassero ai piedi i contestatori.

Quindi sappiamo che questa onesta signora se l’è inventata. Insomma, ha mentito.

Attenzione, non è stata una menzogna ideologica: la signora in questione non crede che sia fondamentale per il benessere del paese salvare i circhi, o che gli animalisti ci priveranno della bistecca fiorentina, e quindi che una piccola menzogna sia utile per una grande causa.

Anzi, è bene mettere da parte proprio ciò che gli italiani chiamano “ideologia”, perché altrimenti ci sfuggirà la natura vera di questa menzogna.

Si tratta infatti di una menzogna archetipo, che assume concretamente le forme poi dei propri pregiudizi. E’ intoccabile perché invisibile, ed è invisibile perché si nasconde dietro mille piccole sotto-menzogne, rappresentabili da frasi come queste:

Il comunista che ha i conti in banca in Svizzera

Il leghista che ha la colf filippina in nero

Il pio musulmano che beve whisky

L’ateo che vuole togliere il crocifisso in classe ma è favorevole al burqa

Il giovane estremista di sinistra che viene alla manifestazione sulla BMW

Il prete moralista che è omosessuale

Il dentista che denuncia un reddito inferiore a quello di un operaio

Il mendicante zingaro che ha la Mercedes

Lo statale che si porta il secondo lavoro in ufficio

E, come abbiamo visto, l’animalista con gli stivali di pelle.

L’accusa-archetipo è una menzogna sempre, persino quando è vera, perché viene mossa prima di avere la prova di alcunché. E’ quindi diversa dalla constatazione a posteriori di singoli casi di ipocrisia umana, che ovviamente esistono.

Ma perché una signora onesta si sente spinta a mentire davanti a una bambina di otto anni?

La prima funzione è quella di indurire le orecchie e l’animo.

Una persona mi dice che sto dando soldi a qualcuno che maltratta gli animali. Io posso riflettere su questa accusa, e decidere se accettarla oppure respingerla, o magari anche decidermi – perché no – che maltrattare gli animali è una cosa buona; ma posso anche fare una cosa più facile – dire, “io non ti ascolto nemmeno, e accuso te di essere un ipocrita”.

La seconda funzione è quella di convincere la gente sin da piccola a diffidare.

Si tratta di una diffidenza particolare: questa nonna mantiene in piedi con indefessa energia la menzogna di Babbo Natale, il grande produttore di regali che esige liste della spesa dai suoi innumerevoli clienti; e non diffida mai da ciò che sente alla televisione perennemente accesa.

Quindi la diffidenza non è generale, ma verso qualcosa di specifico.

Cioè verso persone che hanno storie diverse dalla mia, o che mi pongono davanti a cose cui forse non ho mai pensato prima.

Se l’accusa-archetipo entra in profondità, diventa un automatismo.

Ogni volta che incontriamo qualcosa di inatteso nella vita, invece di essere colti da curiosità, invece di chiederci se c’è qualcosa di vero, penseremo di avere già capito tutto. L’accusa-archetipo costituisce quindi un’educazione sistematica alla non empatia – nessuno vorrà mettersi negli stivali degli animalisti che protestano.

La natura automatica dell’accusa-archetipo ne fa una menzogna in buona fede: sorge da sola, e infatti si esprime con un tono di voce inconfondibile. E’ un tono basso, perché si sussurra un segreto; è leggermente divertito; e tradisce sempre una profonda stanchezza, perché si sta raccontando qualcosa che si è visto, o si crede di aver visto, mille volte.

E forse è per questo che sono rimasto talmente colpito, perché la bambina l’ha raccontata in tutt’altro tono: profondamente sorpresa dall’incomprensibile paradosso degli animalisti con gli stivali di pelle, che voleva capire.

Non lasciamoci integrare, mai.