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L’uranio del Niger e il colonialismo francese al tempo delle democrazie

di Andrea Camboni - 24/01/2013

Fonte: osservatorioiraq


La Francia importa dal Niger il 40% dell’uranio necessario per il funzionamento dei suoi reattori nucleari. Nel 2008, il colosso francese Areva ha ottenuto i diritti sul sito di Imouraren con un investimento di 1,2 miliardi di euro. Una partita con la quale Parigi si gioca il suo futuro energetico e la sua egemonia sull’area del Sahel.

Nei primi giorni del 2012, la Francia perde un’altra fetta del supermercato nigerino di uranio.
Divorata dai cinesi che in quei giorni firmano con il Niger due accordi, il primo relativo all’avvio di una cooperazione economica e tecnica, il secondo sull’aiuto alimentare di urgenza, che spianano la strada allo sfruttamento della risorsa da parte di Pechino.
Un’ascesa, quella cinese, cominciata nel 2006, con la concessione di Tegguida, e proseguita nel 2007 con la costituzione della società sino-nigerina Somina per lo sfruttamento del giacimento di Azilik nell’Agadez.
E proprio da Azelik, lo scorso 30 ottobre, è partito il primo carico di uranio destinato alla Cina, dopo che la produzione pilota nella miniera era stata avviata nel marzo 2011.
I cinesi, che nel 2008 risultano essere i maggiori investitori nelle miniere di uranio del paese, hanno in programma di incrementare l’estrazione ad Azilik, portando la produzione a 4-5mila tonnellate entro il 2020.
Un rollino di marcia che ha come obiettivo quello di pareggiare le 5mila tonnellate all’anno di uranio che la società francese Areva si è garantita per 35 anni siglando, il 5 gennaio del 2009, un accordo con il governo del Niger per lo sfruttamento del giacimento di Imouraren (che prevede anche un incremento del prezzo dellla materia prima del 50%) .
Ma è proprio sui progetti legati a questo grande giacimento che la Francia sembra restare indietro nel cambio di passo che il governo nigerino vuole imprimere all’estrazione e al trattamento della risorsa.
Il 14 gennaio 2013, infatti, trapela la notizia secondo la quale Areva ha acconsentito di pagare al Niger la somma di 35 milioni di euro come compensazione per i ritardi accumulati in ordine al progetto della miniera di Imouraren, che puntava a raddoppiare l’estrazione di uranio facendo del sito il secondo esportatore mondiale di combustibile nucleare.
Un progetto di incremento massiccio, inizialmente previsto per il 2012, ma fatto slittare da Areva al 2014 o al 2015 (secondo quanto riportato da fonti governative nigerine).
In realtà, leggendo il verbale di un incontro riservato avvenuto il 9 novembre 2012 a Parigi tra i vertici di Areva e i rappresentanti del governo del Niger, il fiato corto della Francia si rivela essere un escamotage strategico finalizzato ad affondare maggiormente le unghie nell’economia del paese sahariano.
Nel documento – pubblicato dall’Observatoire du nucléaire sul proprio sito – i rappresentanti di Areva, compagnia che detiene il 66,5% del capitale della società Imouraren SA, lamentano l’assenza di infrastrutture per accedere al cantiere e la difficoltà di attirare investitori internazionali a causa della situazione e della sicurezza regionale incerta.
In sostanza, la Francia (che detiene quote dell’Areva per il 90%) tira la corda sulla data di ultimazione dell’impianto estrattivo prospettando dunque un ulteriore ritardo sulla produzione del primo stock di uranio che sarebbe disponibile a metà 2016, paventando comunque un rischio de glissement di ulteriori 6 mesi.
Una contropartita di scambio per chiedere a Niamey il congelamento del prezzo dell’uranio, rinnovare i permessi alle altre miniere di Tagait 1, 2 e 3 e concedere il permesso Toulouk 3.Il 2017, infatti, sarebbe una data inaccettabile per il Niger.
In vista delle prossime elezioni nel 2016, il presidente Issoufou non può bruciare la carta dello sviluppo e della lotta alla povertà con la quale ha vinto le scorse elezioni (2011) e, in quest’ottica, non può certamente far naufragare il Progetto Imouraren.
Si tratta del più grande piano mai avviato in Niger (e il secondo su scale mondiale), che consentirebbe una produzione annuale di circa 8.000 tonnellate di uranio e la creazione di 1.400 posti di lavoro.
Per questo – si legge nel documento – “il Niger non ha grandi margini di manovra per la data di avvio del Progetto Imouraren, essendo un progetto che rientra in un programma più vasto del presidente della Repubblica promesso al popolo nigerino”.
Attraverso il pagamento di tre tranche (16 milioni di euro nel 2013, 10 milioni nel 2014, 9 milioni nel 2015) la Francia ha dunque riaffermato la propria influenza nella regione, al costo di 35 milioni di euro.
Una negoziazione che non trova riscontro nella dichiarazione fatta a gennaio 2009 della ex presidente di Areva, Anne Lauvergeon, secondo la quale il gruppo francese “intende rimanere un protagonista industriale che non si immischia negli affari politici interni del Niger”. Né del suo vicino malinano.