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L’alloro

di Giuseppe Gorlani - 27/01/2013


 

Lo scirocco ha sciolto la neve in una notte. L’alloro davanti alla mia finestra è tornato a raddrizzarsi nel suo abito verde.

Mentre lo guardo si fa strada in me il bisogno di dire l’inesprimibile. Il suo verde lucido sale dalle viscere al cuore, alla gola, al capo e ridiscende nel centro del petto. Qui si dilata in iridescenza. Ma è sempre il medesimo cespuglio di alloro in gennaio.

Quantunque una simile bellezza si offra allo sguardo di tutti, molti uomini insistono ad arrecare assassinio e sopraffazione in ogni angolo della terra. Costoro non onorano la vita, includente la morte, ma corteggiano la sua impossibile negazione, votandosi al nulla. Non perseguono l’equilibrio in cui si apre una porta sulla totalità, non abbracciano l’insieme, ma dividono, affamano, torturano, inquinano, vivisezionano ingannati da un tornaconto effimero. Tessitori di menzogne, proclamano di combattere terrore e fanatismo, alimentandoli.

In loro l’empatia, la ragione pienamente espressa e l’intuizione sovrasensibile giacciono soffocate dai luoghi comuni. Pretendono d’espandersi oltre la terra, quando non sanno nemmeno riconoscersi nella coscienza-suono-vibrazione che li sorregge. Erroneamente si definiscono sapiens e si autocompiacciono per aver inventato macchine “intelligenti”, risibili persino al cospetto della polvere. Credono che accumulare dati a miliardi sia sapienza; in realtà sono di gran lunga più ottusi di quanto uno stupido in cui si sia risvegliato un barlume di anamnesi possa immaginare.

Per loro l’alloro resterà muto.

Accecati dall’illusione di progredire illimitatamente precipiteranno nell’abisso da essi stessi evocato, dove raccoglieranno gli amari frutti dell’ignoranza. Sino a che, sazi di sofferenza, riconosceranno nel servaggio all’apparenza la propria miseria e se ne libereranno.

Allora, in un chiaro giorno d’inverno, l’alloro parlerà.