Newsletter, Omaggi, Area acquisti e molto altro. Scopri la tua area riservata: Registrati Entra Scopri l'Area Riservata: Registrati Entra
Home / Articoli / Holocaustica

Holocaustica

di Costanzo Preve - 27/01/2013


Auschwitz è il grande campo di sterminio in cui i nazisti uccisero milioni di persone, fra cui moltissimi ebrei. Un filone di studi, fra cui in particolare Bauman, ha evidenziato la tragica modernità di Auschwitz, spesso interpretato erroneamente come tragico rigurgito barbarico medioevale, laddove purtroppo si trattò di un fenomeno orribilmente contemporaneo, nel doppio aspetto della mobilitazione tecnologica necessaria per realizzare l’eccidio, e della mobilitazione ideologica necessaria per tentare di legittimarlo. Devono pertanto essere respinti fermamente sia i revisionisti storici (l’ala moderata della legittimizzazione implicita nazifascista) sia i negazionisti storici (l’ala estremista della legittimazione esplicita nazifascista), che entrambi banalizzano un fatto storicamente eccezionale ed inaudito, lo sterminio razziale pianificato in base a motivazioni culturali di legittimazione diretta e/o indiretta. È anche giusto riconoscere il carattere specifico e particolare dello sterminio del popolo ebraico, dal momento che l’antisemitismo non era una componente secondaria della concezione nazista del mondo, ma ne era una componente essenziale, primaria e fondante, che ad esempio impedisce di inserire il nazismo nella lunga storia ‘normale’ del nazionalismo tedesco e pangermanista. È questa la ragione per cui è particolarmente pericolosa una visione misticamente giudeocentrica di Auschwitz, vista come il simbolo della Shoah, l’Olocausto del popolo ‘centrale’ del Novecento. Non posso qui soffermarmi sul cosiddetto "giudeocentrismo", su cui recentemente in Italia hanno scritto cose molto profonde saggisti di posizioni politiche opposte, come il marxista Domenico Losurdo ed il liberale Sergio Romano. Ciò che dicono è largamente condivisibile, ma a mio parere occorre essere ancora più radicali (come ha saputo esserlo, per esempio, l’orientalista Edward Said, a mio avviso uno dei modelli intellettuali più luminosi della cultura contemporanea). Auschwitz non può e non deve essere dimenticato, perché la memoria dei morti innocenti deve essere riscattata, e questo mondo nella sua interezza appartiene a tre tipi di esseri umani: coloro che sono già vissuti, coloro che sono tuttora in vita, e coloro che devono ancora nascere. Ma Auschwitz non deve diventare un simbolo di legittimazione del sionismo, che agita l’accusa di antisemitismo in tutti coloro che non lo accettano radicalmente, e che non sono disposti a derubricare a semplici errori i suoi veri e propri crimini. Ne conseguono vere e proprie mostruosità storiche, per cui tutti hanno commesso o commettono crimini (dai tedeschi ai serbobosniaci, dai turchi ai birmani, dagli iracheni agli stessi americani), ad eccezione dei sionisti, i quali soli nell’intero mondo possono al massimo aver commesso degli errori, ma mai dei crimini, e che investono con l’accusa ripugnante ed infamante di antisemitismo coloro che invece si limitano a considerarli come tutti gli altri gruppi umani e politici del mondo. Non ci si rende conto, in questo modo, che le povere vittime di Auschwitz vengono uccise per la seconda volta, perché si toglie loro il carattere di universalità negativa del loro sacrificio, annettendoli simbolicamente ad una politica particolare, e per di più ad una politica imperialistica. Ed infatti il segreto dell’intoccabilità simbolica del sionismo nella cultura occidentale sta proprio nel fatto che nel sionismo viene oggi trasfigurato simbolicamente l’intero imperialismo, legittimato così ex post nel suo doppio aspetto di fondamento biblico-religioso e di risarcimento per la colpa storica di non aver saputo impedire l’antisemitismo (risarcimento scaricato sulle spalle dei popoli arabi ed islamici, in proposito del tutto innocenti sul piano storico e politico). L’imperialismo sa bene che ci deve essere almeno un soggetto sciolto dal contratto simbolico istituente le relazioni internazionali, un soggetto cui è sfrontatamente consentito di fare tutto ciò che agli altri non è consentito, ed il sionismo oggi ricopre questa pericolosa funzione simbolica. È il sionismo a decidere chi è antisemita e chi invece non lo è, e questa decisione viene presa sulla base del consenso alla annessione dei territori palestinesi (e si vedano in proposito i patetici tentativi di Gianfranco Fini di farsi accreditare dal sionismo, che gli pone come condizione non tanto il ripudio storiografico di un passato vecchio ormai di mezzo secolo, quanto l’accettazione razzistica ed imperialistica del diritto dei sionisti di cacciare quanti palestinesi vogliono). Ancora una volta, riteniamo che il silenzio su questo problema sia una vergogna incancellabile per l’odierna cultura occidentale, e che il nazismo oggi si trovi non tanto nei patetici e disgustosi raduni di naziskin ignoranti e fanatizzati (ma fortunatamente marginali ed impotenti), quanto nel silenzio e nell’approvazione tacita di embarghi assassini come quello tuttora vigente contro il popolo iracheno. È per il rispetto verso Auschwitz che tutto questo dovrebbe finire.

 

(parte 1 su 8)