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Il Qatar ha un ruolo chiave nei piani degli Stati Uniti sul Medio Oriente-Nord Africa

di Jean Shaoul - 12/02/2013


Arab heads of state pose for photos in RiyadhIn seguito all’eruzione delle proteste di massa che hanno rovesciato Ben Ali in Tunisia e Mubaraq in Egitto due anni fa, il Qatar, insieme con l’Arabia Saudita e la Turchia, è diventato un alleato cruciale degli Stati Uniti nel garantirsi i propri interessi predatori in tutto il Medio Oriente e il Nord Africa. Il Qatar è determinato ad assicurare il dominio proprio e quello delle altre cricche al potere nel Golfo Persico, in particolare del suo più grande vicino, l’Arabia Saudita, da cui dipende. A tal fine, ha cercato d’insediare regimi musulmani sunniti guidati dai Fratelli musulmani e dai loro affiliati, come mezzo per reprimere la classe operaia di tutta la regione. Ciò è in linea con la grande strategia di Washington per raffazzonare un’alleanza anti-Iran e reprimere le masse del Medio Oriente, al fine di avere il controllo delle risorse energetiche della regione, a scapito dei suoi rivali Russia e Cina.
Il Qatar, con le sue considerevoli risorse petrolifere, è il più grande esportatore mondiale di gas naturale liquefatto (GNL). Controlla il 14 per cento delle riserve di gas conosciute del mondo, il terzo più grande dopo la Russia e l’Iran, nel suo enorme giacimento off-shore a nord, adiacente al giacimento iraniano di South Pars. Il LNG fornisce al governo il 70 per cento delle sue entrate. Ma gli elevati costi di gestione richiedono economie di scala e mercati di grandi dimensioni che possono essere riforniti solo da una vasta rete di gasdotti che trasportano il GNL in Europa attraverso il Mediterraneo orientale, se il Qatar compete con l’Indonesia e la Nigeria. L’Arabia Saudita ha negato il permesso di transito ai gasdotti in tutto il suo territorio, nonostante sia il percorso più breve per l’Europa. Ciò ha determinato la politica estera interventista del Qatar, in particolare in Siria, che occupa una posizione strategica posta tra i principali produttori e i loro mercati chiave in Europa.
Il Qatar, governato dalla famiglia al-Thani fin dall’indipendenza dalla Gran Bretagna nel 1971, ha un reddito pro capite di 90.000 dollari US, il più alto del mondo, ma pochi ne beneficiano. Tutti tranne 225.000 su 1,7 milioni di abitanti, sono lavoratori migranti, soprattutto dal Sud e Sud-Est asiatico, che lavorano per una miseria senza diritti o protezione. Il regime ha mantenuto la sua presa sul potere reprimendo ogni dissenso, sciopero e protesta. Tuttavia, è stato costretto a rispondere al disagio sociale con un programma da 65 miliardi dollari di spese per l’edilizia e ampi progetti per  infrastrutture pubbliche e sociali, da sviluppare in cinque anni. Il Qatar ha utilizzato i suoi fondi sovrani per premiare e comprarsi amici e influenza, sostenendo i Fratelli musulmani come suoi emissari all’estero mentre li scioglieva in patria. L’emiro ha cercato di elevare il profilo del Qatar con la sua sponsorizzazione della TV al-Jazeera, canale satellitare, facendone il braccio della proprio politica estera. Al-Jazeera ha coltivato il religioso sunnita Yusif al-Qaradawi, di origine egiziana, che è a capo dell’Unione internazionale degli studiosi musulmani, e finanziato e trasmesso i suoi programmi di educazione religiosa. Questo ha generato militanti islamici, tra cui alti dirigenti di al-Qaida che il Qatar ha protetto, come la presunta mente dell’11/9, Khalid Shaikh Muhammad. E’ stato protetto dal ministro per gli Affari Religiosi del Qatar e ha ottenuto un lavoro dal governo presso il ministero per l’Elettricità e l’Acqua. Suo nipote, Ramzi Yousif, è stato giudicato colpevole di essere la mente dell’attentato al World Trade Center del 1993.
Il rapporto del Qatar con gli Stati Uniti è decollato dopo la prima guerra del Golfo, nel 1991, quando l’emiro permise alle forze della coalizione di operare dal Qatar, distrutto i propri missili antiaerei Stinger statunitensi, acquistati sul mercato nero, che erano fonte di attriti con Washington, e inviato truppe a combattere nella coalizione contro l’Iraq. Nel 1992, firmò un trattato di difesa che oggi prevede le esercitazioni militari congiunte e tre basi statunitensi. L’attuale sovrano, lo sceicco Hamad bin Khalifa al-Thani, che ha deposto il padre nel 1994, ha speso più di un miliardo di dollari per la costruzione della base aerea al-Udeid, a sud di Doha, che opera come hub per le operazioni degli Stati Uniti contro l’Iraq e l’Afghanistan, e le loro operazioni di assassinio da parte dei droni in Pakistan. Gli Stati Uniti hanno speso circa 100 milioni all’anno per la costruzione di ulteriori impianti ad al-Udeid, al Doha International Air Base, e alla base militare al-Sayliyah, per la sede centrale dell’US Central Command (CENTCOM), dove sono di stanza 5.000 soldati statunitensi.
Doha, insieme al resto del Gulf Cooperation Council (GCC), ha inviato truppe nel vicino Bahrain per schiacciare le proteste sciite contro la dinastia al-Khalifa. In Tunisia, il Qatar ha giocato un ruolo di primo piano nel portare al potere il partito al-Nahda, nelle elezioni del 2011, dopo la caduta di Ben Ali, dotandola di coperture finanziaria e mediatica favorevole di al-Jazeera. Ha firmato numerosi accordi per aiuti economici ed investimenti, tra cui un prestito di 500 milioni di dollari, per quadruplicare la capacità di raffinazione petrolifera della Tunisia. Il Qatar ha svolto un ruolo di primo piano nella guerra della NATO contro la Libia di Muammar Gheddafi nel 2011. Ha esercitato un’enorme pressione internazionale attraverso la Lega Araba e il GCC, ed inviato la sua forza aerea ad aiutare la NATO e le proprie forze speciali per armare, addestrare e guidare le milizie islamiche, in particolare quelle dei gruppi affiliati al Movimento per il cambiamento islamico libico. Mustafa Abdul Jalil, il capo del Consiglio nazionale di transizione (CNT), ha riconosciuto che il loro successo è dovuto in gran parte al Qatar, che vi aveva speso 2 miliardi di dollari. Jalil ha detto: “Nessuno si è recato in Qatar senza aver ricevuto una somma di denaro dal governo“. Con il sostegno del Qatar, questi stessi gruppi di miliziani libici adesso forniscono armi e volontari per i tentativi di spodestare il regime di Assad. Il Qatar aveva investito 10 miliardi di dollari in Libia, con la Società Immobiliare Barwa che ha investito 2 miliardi di dollari per la costruzione di un resort sulla spiaggia nei pressi di Tripoli. Doha aveva sostenuto diversi cavalli in gara, per potersi prendere la Libia, firmando accordi del valore di 8 miliardi di dollari con il CNT, e finanziando Abdel Hakim Belhaj, leader islamista, e Sheikh Ali Salabi, chierico residente a Doha.
Prima della cacciata di Mubaraq, Doha aveva sollecitato le relazioni con Damasco e Teheran della Turchia, soprattutto per via del giacimento di petrolio e gas in comune con l’Iran, e il Qatar aveva anche cercato di mediare tra gli Stati Uniti e l’Iran sul programma nucleare di Teheran. Ciò culminò, all’inizio del 2011, in un accordo per un gasdotto Iran-Iraq-Siria da 10 miliardi dollari, con la possibilità di ulteriori ramificazioni in Libano e Turchia, dall’Egitto al Libano, e da Kirkuk, nella regione irachena autonoma kurda, mentre scoppiava la guerra civile siriana, alla fine di marzo 2011. Tutto questo è cambiato con la decisione delle potenze imperialiste “di pianificare  un regime islamista sunnita con cui sostituire Bashar al-Assad“. Il Qatar vi ha giocato un ruolo chiave, finanziando e armando le bande armate islamiche che conducono attacchi settari e terroristici contro la popolazione civile, e favorendo il sostegno diplomatico della Lega araba e del GCC all’intervento occidentale. Lo scorso novembre, Doha ha mediato la creazione della Coalizione nazionale siriana delle forze rivoluzionarie e di opposizione (SNC), per sostituire l’irrimediabilmente frammentato Consiglio nazionale siriano.
Nell’ambito della sua offensiva per isolare il regime di Assad, il Qatar ha costretto Khalid Mishaal, leader in esilio di Hamas, ramo palestinese dei Fratelli musulmani, di rompere con la Siria. Assad aveva sponsorizzato il suo ufficio a Damasco dal 1999, quando fu espulso dalla Giordania. Mishaal si trasferì a Doha e ha cercato di rilanciare l’unità nelle discussioni con il presidente dell’Autorità Palestinese Mahmoud Abbas, per ordine del Qatar. Doha sta facendo del suo meglio per tenere in piedi il governo dei Fratelli musulmani nell’Egitto del presidente Mohammed Mursi, che affronta l’opposizione di massa della classe lavoratrice egiziana, fornendo 5 miliardi di dollari di prestiti per evitarne la bancarotta e 18 miliardi di dollari in fondi di investimento. Tra essi 8 miliardi di dollari per i grandi progetti a Sharq al-Tafria, East Port Said, per garantirsi il controllo del Canale di Suez come via di transito. I fondi sono arrivati dopo che Mursi ha dato il suo pieno e pubblico appoggio al rovesciamento di Assad alla conferenza dei non allineati a di Teheran, la scorsa estate.

Traduzione di Alessandro Lattanzio - SitoAurora