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… e non nominare invano il posteriore di Michelle!

di Francesco Lamendola - 13/02/2013




 

Le Tavole della Legge democratica si sono arricchite di un nuovo comandamento: non nominare invano il posteriore della “first Lady” statunitense, Michelle Obama; che sia un tantino prominente oppure no, tu lascia perdere e fai finta di niente. Un allenatore di football dell’Alabama, che ha osato esprimere dubbi circa il fatto che la divina Michelle, con quel po’ po’ di deretano, sia titolata a dar lezioni di dietologia ai cittadini obesi, e le cui parole sono state registrate da uno dei giocatori mediante un telefonino, si è visto sospendere l’incarico dalla sera alla mattina. Un deputato democratico del Wisconsin aveva già dovuto scusarsi pubblicamente per una battuta analoga. Uomo avvisato, mezzo salvato: scherza coi santi, ma lascia stare il posteriore dell’inquilina della Casa Bianca. Tira un’aria come neanche ai tempi di Diocleziano e degli imperatori divinizzati…

In primo luogo, Michelle è una donna, e la dignità delle donne, per secoli brutalmente calpestata dal maschio padrone, ora vale il doppio di quella dei loro colleghi uomini: se vengono offese, vengono offese due volte, in quanto esseri umani e in quanto esseri umani di sesso femminile (vedi proposta di raddoppiare la pena ai colpevoli di “femminicidio”). In secondo luogo, Michelle è nera, e ogni allusione al suo robusto treno posteriore non può che suonare come una intollerabile provocazione non solo maschilista, ma anche razzista; cosa che non accadeva, evidentemente, o era considerata peccato veniale, per le battute sulle caviglie non proprio snelle di Hillary Clinton. Si sa che le donne africane ricevono da madre natura un sedere piuttosto voluminoso: ergo, scherzarci sopra equivale a fare del becero razzismo.

Tempi duri per chi crede di poter scherzare su certe cose; Berlusconi, per aver definito “culona” la signora Merkel, dovrebbe come minimo finire al rogo (quasi che non ci fossero ragioni più serie per mandarcelo). Anche perché in America tutto si misura in dollari, anche il prezzo delle offese: se fai un commento sul lato B di una donna di colore, che per puro caso è anche la moglie dell’uomo più potente del mondo, rischi una multa che stenderebbe K.O. anche Paperon de’ Paperoni. Insomma, il messaggio è chiaro: se qualcuna ha voglia di vivere di rendita, basta che registri una battuta sul proprio fisico pronunciata da un Pinco Pallino qualsiasi, e il gioco è fatto: non dovrà più lavorare per un bel po’ di anni. Così, per ora assistiamo allo spettacolo dei mariti divorziati che devono mangiare alla mensa dei poveri e dormire in macchina, dovendo versare alla ex moglie tre quarti del loro stipendio, come stabilito dal giudice; domani assisteremo allo spettacolo di un perfetto estraneo che dovrà mangiare alla mensa dei poveri e dormire in macchina per aver scherzato sulle chiappe di una esponente del gentil sesso. Del resto, ben gli sta: così impara a tener la lingua a freno e a rispettare i diritti umani, quel borioso aguzzino, quel nazista travestito da Uomo qualunque.

Bisogna stare all’erta: il nemico è ovunque, si annida nelle pieghe della nostra società democratica che ha il vizio di essere troppo tollerante con i suoi implacabili avversari, i quali, vili come sono, vorrebbero farsi scudo proprio di quel garantismo che sono i primi ad ignorare, quando si tratta di seminare parole d’ordine di sessismo e di razzismo. È giusto dare qualche esempio, affinché tutti gli altri imparino a regolarsi. Bisogna braccarli, bisogna stanarli, bisogna metterli all’angolo; bisogna ridurre questi mascalzoni all’impotenza, strappare le unghie a questi lupi travestiti da agnelli, che stanno sempre in agguato per sbranare le povere pecorelle dentro l’ovile.

Va bene la democrazia, ma non esageriamo. Se uno rompe un po’ troppo, bisognerà pure tirarlo giù dalle spese: come stabilisce quella norma dei servizi segreti americani che hanno licenza di uccidere, in qualunque parte del mondo, anche cittadini statunitensi, qualora il loro nome figuri sul libro nero della sicurezza nazionale. Altro che spedirli a Guantanamo, dove poi bisogna pure mantenerli, magari per anni senza processo, e far fronte a quei seccatori di giornalisti comunisti, con le loro inchieste ficcanaso: macché, un bel drone e via, il problema è risolto. Come fanno i servizi segreti israeliani, da un po’ di anni a questa parte, con i capi della resistenza palestinese.

Del resto, i seguaci della democrazia planetaria hanno avuto sin troppa pazienza, aspettando per così tanto tempo che i malvagi si ravvedessero: se ora si sono stufati d’aspettare, se qualche volta passano alle maniere forti, bisogna pur capirli: mettiamoci un po’ nei loro panni.

I popoli, si sa, sono attaccati ai loro vecchi modi di pensare: e questa benedetta umanità del terzo millennio non ha ancora capito che non si può andare avanti al rallentatore nell’era dei missili spaziali, bisogna mettersi al passo con i tempi, che sono tempi di progresso, di magnifiche sorti e di benessere e felicità universali. Prendiamo il caso di quei testoni di cittadini europei che non si sono ancora persuasi che “multietnico è bello”: be’, non si può mica aspettare un altro secolo e mezzo perché arrivino ad apprezzare le meraviglie della globalizzazione: se non le intendono con le buone, bisognerà che le capiscano con le cattive. Appena un poco, del resto: non è il caso di calcare troppo la mano; in fondo non sono cattivi, sono solamente un po’ stupidi e arretrati. È come per i contadini medievali: manipolati per secoli dall’oppressione politica e religiosa, stentano ad apprezzare le meraviglie della modernità, restano penosamente ancorati ai loro vecchi schemi, alle ragnatele delle loro sorpassate abitudini. Figuriamoci: credono persino che il matrimonio tra due uomini o tra due donne sia una cosa che non sta bene. Che razza di trogloditi, che uomini di Neanderthal: eppure bisogna levar loro il vizio dell’omofobia, magari a suon di multe salatissime (vedi, a titolo di modello, le nuove norme giuridiche sul sacro posteriore della nera “first Lady”). Bisogna civilizzarli: è questa, oggi, la vera missione di civiltà della cultura progressista.

Per esempio: qualcuno pensa ancora che i problemi più urgenti che il mondo deve affrontare, oggi, siano la crisi finanziaria ed economica; l’inarrestabile emorragia di capitali e di posti di lavoro dai Paesi ex benestanti; il debito pubblico degli Stati; l’inquinamento e il conseguente cambiamento climatico; la distruzione della biodiversità e la manipolazione genetica sulle colture alimentari; la desertificazione dell’Africa e dell’Asia centrale; il pauroso incremento demografico mondiale; l’esaurimento delle fonti energetiche e delle riserve planetarie d’acqua dolce; le stridenti ingiustizie sociali e lo strapotere delle banche e delle multinazionali: niente affatto. Questa è roba vecchia, oggi ci sono ben altri punti all’ordine del giorno dei potenti della Terra; di cose ben più serie si devono occupare i parlamenti ed i governi.

Il discorso di re-insediamento di Barack Obama (Premio Nobel per la pace, non lo si dimentichi, dopo soli pochi giorni dall’inizio del suo primo mandato presidenziale) parla chiaro: la priorità assoluta è ottenere l’abolizione di ogni e qualsiasi ingiusta discriminazione nei confronti «dei nostri fratelli e delle nostre sorelle gay» – davvero commovente quella nota di fratellanza francescana, farebbe intenerire anche uno che di tenerezze francescane se ne intende mica male, come il regista Franco Zeffirelli. E non è che l’Europa, frattanto, stia perdendo tempo: in Francia Hollande, e Cameron in Gran Bretagna stanno bruciando le tappe nel far approvare dei disegni di legge che equiparino, in tutto e per tutto, il matrimonio omosessuale a quello eterosessuale, compresa la parte riguardante l’adozione dei bambini (ma nel caso delle coppie lesbiche non c’è neanche bisogno di adozioni, basta ricorrere alla fecondazione eterologa: l’importante, come dicono oggi le anime belle, è che ci sia l’amore, tutto il resto conta poco).

Ed ecco che il capo dell’Eliseo si affretta a far approvare la sua brava legge anti-omofobia, nel solco della gloriosa Dichiarazione dei diritti dell’uomo e del cittadino del 1789, a dispetto della più grande e pacata manifestazione di piazza che si sia mai vista a Parigi dai tempi del maggio 1968: una folla enorme che ha percorso i “boulevards”, non per lanciare insulti contro gli omosessuali, ma semplicemente per ribadire che il matrimonio, da che mondo è mondo, è una faccenda che riguarda un uomo e una donna, non due uomini o due donne. Purtroppo siamo alle solite: è sempre il maledetto spirito della Vandea, spirito oscurantista e controrivoluzionario, che non vuol capire la bellezza della libertà e che non rispetta la cultura dei diritti. E allora tie’, dice giustamente il socialista Hollande: voi fate le vostre manifestazioni, io varo  le mie leggi; e vedremo chi la spunterà alla fine.

Il caso del premier britannico Cameron è ancora più significativo: perché se Hollande ha dietro di sé, per lo meno, tutto il suo partito, anzi tutta l’area della “gauche”, e magari anche qualcosina in più, lui non ha dietro nemmeno la maggioranza, non che la totalità dei conservatori: la sua decisione di far approvare a tappe forzate la legge sui matrimoni omosessuali ha spiazzato buona parte del partito, accendendo polemiche roventi che rischiano di minarne seriamente la compattezza e, forse, la tenuta stessa. E che gli fa tutto questo, al tostissimo David Cameron? Gli fa meno di un baffo: “de minimis non curat praetor”. E allora avanti tutta con la legge, così, giù dura e che sia finita una buona volta con queste incertezze, con questi tira e molla: chi ci sta, ci sta; e chi non ci sta, peggio per lui. Nemmeno Winston Churchill, quando aveva deciso di avventarsi come un mastino idrofobo contro Hitler, trascinando l’universo mondo addosso alla Germania, per la nobile causa della libertà del mondo (e non certo per i volgarissimi interessi dell’imperialismo britannico), aveva fatto un simile sfoggio di attributi virili; nemmeno quella vecchia volpe dello zio Winston, perdio!, aveva mostrato una così superba determinazione, un così stoico sprezzo del pericolo.

Certo, è una cosa che dà un pochino da pensare: ma chi glielo farà fare, a questi importanti uomini di governo, a puntare tutto, la carriera e perfino l’unità dei loro rispettivi partiti, per affermare con tanta tempestività, con tanta intransigenza, il principio che il matrimonio è tale indifferentemente dal sesso dei coniugi? Chi glielo farà fare, a sfidare così le loro opinioni pubbliche, le stesse opposizioni interne; a mostrare una tale pervicacia, una tale impazienza, una tale rocciosa sicurezza nella bontà della loro crociata, anteponendo ad essa ogni altro problema politico e sociale? Va bene che si tratta dei contenuti vitali della democrazia: l’uguaglianza di ciascuno davanti alla legge, a prescindere dal suo credo religioso, dalla sua fede ideologica, dalla sua razza (oh, non volevamo dire che le razze esistono davvero: è un modo di dire, per capirsi al volo) e, naturalmente, dal suo sesso: dove per sesso non s’intende il banalissimo fatto biologico d’essere nati maschio o femmina, ma le libere scelte sessuali (e ci mancherebbe altro che non fossero libere!) da parte di ognuno. Altrimenti, che specie di democrazia sarebbe?

L’essenza della democrazia è proprio questa: che la maggioranza ha sempre ragione; ed è essa a decidere cosa sia lecito e cosa no, cosa sia reato e cosa non lo sia. Dichiarare, per esempio, in sede storica, che nel genocidio degli Ebrei, durante la seconda guerra mondiale, non perirono sei milioni di persone, anche perché in tutta Europa non vi era neppure un tal numero di cittadini di origine ebraica, è stato stabilito che sia un crimine a termini di legge: ne sa qualcosa lo storico inglese David Irving, arrestato in Austria come un malfattore e schiaffato in carcere per aver sostenuto una cosa del genere.

Insomma, ci dobbiamo abituare: e prima ci abitueremo, meglio sarà per tutti. Ci dovremo abituare a stare rigorosamente entro i limiti che la democrazia totalitaria sta definendo in maniera quanto mai energica e chiara: prima di parlare, pensaci su due volte, meglio anzi se sono tre; potresti maledire la tua linguaccia imprudente, quando ormai il danno è fatto e non ti resta altro che pagarne lo scotto. Ci sono cose sulle quali non si può scherzare e ci sono cose rispetto alle quali non è lecito esprimere opinioni divergenti: son finiti i tempi barbarici della discriminazione contro i più deboli e contro i più indifesi.

I gay, per esempio: è giusto che passino alla controffensiva; hanno sofferto tanto. Venivano perfino incriminati e giustiziati (e questa è un’ombra che peserà per sempre sulla Chiesa cattolica). Sì, è vero che tali cose accadevano quattro o cinque secoli fa: ma che importa, è il principio che conta; e se essi, oggi, si sentono ancora parte lesa per quelle lontane vicende, ebbene ne hanno ogni diritto: non si sta a far le pulci sulla pelle delle povere vittime. (Per analogia: qualcuno si ricorda che nel 1964, a Zanzibar, un pazzo di nome John Okello scagliò i Neri contro gli Arabi, incitando questi ultimi a vendicarsi della tratta degli schiavi? Risultato: un  vero genocidio, che riempì le spiagge dell’isola con i cadaveri di migliaia di Arabi inutilmente in fuga. Qualcuno – come osservò il regista Jacopetti - si era scordato di dire ai Neri che la tratta aveva avuto luogo qualche secolo prima…).

Abbiamo la fortuna di vivere in un’epoca di emancipazione, di messa al bando di antichi pregiudizi: dovremmo essere grati di una simile fortuna. Un’epoca in cui un’attrice coraggiosa, come Jodie Foster, annuncia in pubblico la propria omosessualità, strappando applausi scoscianti per la sua bella sincerità. Sì, un maligno potrebbe osservare che, con la Mafia lesbica imperante a Hollywood, la “Ruyfruit Mafia”, forse oggi ci vuole più coraggio, per un’attrice, a dichiararsi eterosessuale, dato che, così, rischia di non trovare più lavoro. Ma, ecco, sarebbe solo la fastidiosa voce d’un maligno...