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La questione tirolese

di Eva Klotz - Gianni Sartori - 02/04/2013

 

Per molto tempo parlare di Tirolo nella penisola italiana è stato come parlare di Paesi Baschi a Madrid: inevitabile scontrarsi con ignoranza e malafede mischiate a indifferenza e ostilità. Con la speranza che qualcosa sia effettivamente cambiato, osservo che le analogie con Euskal Herria non finiscono qui. Sia i baschi che i tirolesi, popoli legati alle montagne, ben consapevoli della loro identità e determinati nel difenderla, sono divisi in due da un confine statale. Entrambi hanno poi subito tentativi di “pulizia etnica” da parte di regimi fascisti (la “limpieza” invocata da Franco) e una dura repressione (uno scenario da “guerra sporca” con utilizzo di tortura e squadre della morte...) anche in regime democratico. E, coincidenza, spesso con manovalanza fascista.

Altra analogia, il rapporto tra “Vascongadas” e Navarra. Ricorda quello del Sud Tirolo con il Trentino (Welsch Tirol, il  Tirolo Gallico). Non è un caso se la sezione di Pergine e Caldonazzo degli Schutzen (il corpo dei “difensori della patria” di Andreas Hofer che si oppose alle truppe di occupazione napoleonico-bavaresi) è intitolata a Giovanni Sartori che guidò gli Schutzen di Trento nella medesima resistenza.

Per saperne di più ne abbiamo parlato con Eva Klotz, militante storica della lotta per l'autodeterminazione e figlia del patriota tirolese Georg Klotz.

 

1)   D. Pensando ai partiti di riferimento della comunità tirolese, come si presenta il panorama politico in Sud Tirolo dopo le recenti elezioni?

R. Smentendo i pronostici, la Sudtiroler Volkspartei (SVP) è uscita rafforzata dalla ultime parlamentari. In campagna elettorale aveva puntato sulla paura sostenendo che l'autonomia era in pericolo e raccogliendo i voti anche di coloro che non pensano nemmeno lontanamente a iscriversi. Tutti si aspettavano un calo consistente a causa di alcuni scandali che ne avevano incrinato l'immagine. In particolare per le condanne  di un ex membro della Giunta provinciale (due anni di lavoro sociale) e di altri impiegati del gruppo che in Provincia gestiva l'energia elettrica. La SVP ha insistito sulla necessità di “mandare dei tirolesi a Roma per difenderci”.

In questa occasione si è ulteriormente agganciata ad un partito statale (Il PD) e quindi all'Italia. A mio avviso quelli della SVP ormai fanno una politica prettamente italiana, sono sempre più agganciati all'Italia (non solo a livello politico, ma anche di mentalità, culturale) con effetti devastanti per il popolo tirolese. I voti di SVP sono stati determinanti per consentire al PD di conquistare il bonus alla Camera dei deputati.

Secondo partito, Die Freiheitlichen (una formazione politica che si ispira al FPO di Jorg Haider) che è nato nel 1992 in contrapposizione a Union fur Sudtirol. Auspica un Sud-Tirolo indipendente, ma sottovaluta il principio dell'autodeterminazione, un diritto che va applicato in senso democratico. Si può arrivare ad uno stato indipendente con la democrazia diretta, con un referendum dove ognuno può partecipare e contribuire; non per decisione di un solo partito rischiando di incrinare ciò che sta alla base del nostro diritto all'autodeterminazione. Un diritto, lo sottolineo, che ci spetta in quanto siamo stati strappati dal Tirolo, dall'Austria contro la nostra volontà, senza consultazioni.

E poi naturalmente ci siamo noi, Sued-Tiroler Freiheit. Alle ultime elezioni abbiamo raggiunto il 5% ottenendo un buon numero di consiglieri così da essere presenti in una ventina di comuni.

Diversamente da altre situazioni europee di nazioni senza Stato, in Tirolo i Verdi (Gruene Suedtirols) si sono dichiarati contro l'esercizio del diritto dell'autodeterminazione.

 

2)   D.  Qual'è stato il suo personale percorso politico, in quali movimenti, partiti...?

R. Nel 1977 sono entrata a far parte dell'esecutivo del Sudtiroler Heimatbund, un'associazione di sostegno agli ex prigionieri politici (rimasti senza diritti e senza tutela, così come le loro famiglie); poi abbiamo cominciato a lavorare, sempre come associazione, a favore del diritto all'autodeterminazione. Negli anni ottanta, dopo che alcuni miei articoli e interventi avevano suscitato un certo interesse, mi chiesero di candidarmi con la Sudtiroler Volkspartei guidata da Silvius Magnago. Ho risposto negativamente per due-tre volte e alla fine ho accettato, ma solo per essere lasciata in pace. Invece venni eletta, al 3° posto come indipendente, consigliera comunale a Bozen. In seguito consigliera provinciale. Nel 1983, visto che il principio all'autodeterminazione veniva solo enunciato dallo statuto della SVP , ma senza che il partito si muovesse in quella direzione, come Sudtiroler Heimatbund abbiamo partecipato con un nostro simbolo alle elezioni parlamentari. Poi, autunno '83, anche alle regionali e sono stata eletta. Sempre rieletta nelle successive scadenze elettorali, attualmente sono in Provincia.

Nel 1989 con Alfons Benedikter, non più membro della Giunta provinciale, noi dell'Heimatbund insieme al Freiheitliche Partei Sudtirols (quello di allora, ovviamente) abbiamo fondato la Union fur Sudtirol. Nel 1989 Benedikter accusò la SVP di aver rinunciato alla richiesta di applicazione del diritto all'autodeterminazione. Dopo essere uscito dal partito (diventandone un duro oppositore, lui che era stato uno dei fondatori nel 1945 e rappresentava la memoria storica della SVP), Benedikter è stato consigliere provinciale per la Union fur Sudtirol fino al 1998 e osservatore internazionale in Russia e nel Kazachistan (1993 e 1994). Nel 1993 abbiamo ottenuto due consiglieri regionali (altrettanti andarono ai Freiheitlichen fondati l'anno prima e che attualmente hanno cinque consiglieri). In seguito nella Union fur Sudtirol sono spuntati personaggi poco trasparenti che volevano portare il partito altrove mettendo in pericolo il principio dell'autodeterminazione. Erano emersi anche legami con gruppi neonazisti e quindi siamo usciti dal partito (la metà circa) per salvaguardare il nostro obiettivo principale. Nel maggio 2007 abbiamo fondato il Sued-Tiroler Freiheit. Nel 2008 alle provinciali abbiamo ottenuto 2 consiglieri (e l'Union fur Sudtirol uno grazie alla legge elettorale, non maggioritaria, a favore dei piccoli gruppi che non raggiungono il quorum).

 

 

3)   D. Quali prospettive in ambito europeo in relazione con altre nazioni senza Stato (Euskal Herria, Paisos Catalans, Corsica...)?

R. Il nostro riferimento è l'Alleanza Libera Europea con un proprio gruppo consiliare nel Parlamento europeo (due parlamentari della Scozia, uno del Galles e, per la penisola iberica, un rappresentante a turno per Galizia, Paesi Baschi e Catalogna). Complessivamente ne fanno parte una quarantina di membri (Unione slovena, Nuova alleanza fiamminga, Partito sardo d'azione, Partito occitano, Blocco nazionalista gallego...).

Fin dall'inizio abbiamo fatto quanto possibile per rapportarci sia con l'Alleanza Libera Europea che con European Partnership for Independence (EPI). Non siamo membri del gruppo centrale, ma abbiamo assistito agli incontri; in questi giorni (marzo 2013) ero a Barcellona dove è stata presentato ICEC, un allargamento di EPI per consentire  la raccolta di un milione di firme. Tra i primi firmatari, il rettore dell'università di Barcellona e Aureli Argemì, storico esponente della difesa della lingua e della cultura catalane. Grazie a questa lungimirante iniziativa, la stampa internazionale quando parla del Tirolo parla anche di autodeterminazione (e viceversa). In questo periodo abbiamo intensificato i rapporti con altri rappresentanti delle nazioni senza Stato e iniziato la raccolta delle firme. Anche in Austria naturalmente.

 

5) D. Mi sembra che per il 2013 abbiate in cantiere qualche importante scadenza...

R. Il 12 aprile si terrà il Congresso annuale dell'Alleanza Libera Europea a Merano  (Sudtirolo) dove potremo informare sulle nostre attività.

Per il 27 ottobre sono previste le elezioni provinciali, a cui ovviamente partecipiamo; due mesi prima e un mese dopo intendiamo proporre un referendum sull'autodeterminazione, come i catalani nel 2009 e 2010.

E' un modo per rilanciare l'autodeterminazione e spingere la SVP a muoversi.

Certo, in Catalunya la situazione è diversa; in Parlamento gli indipendentisti sono maggioranza (anche i Verdi sono a favore dell'autodeterminazione) e abbiamo potuto verificare che il processo non si ferma. A mio avviso è questa l'espressione moderna dell'autodeterminazione: un obiettivo democratico, una nuova strada fondata sul consenso per la pace e la giustizia, inserito in un grande movimento europeo. Non importa chi lo realizzerà per primo, l'importante è che si faccia; poi la prima vittoria trascinerà anche le altre.

6) D. Un passo indietro nella storia ripensando alle vicende di suo padre magistralmente rievocate nella biografia di cui ora è disponibile anche l'edizione in lingua italiana (Eva Klotz “Georg Klotz una vita per l'unità del Tirolo”, Effekt! Buch, 2012). La “guerra sporca” condotta dall'Italia contro la resistenza tirolese ricorda quella spagnola contro gli indipendentisti baschi. Si era parlato anche di possibili sequestri dei rifugiati in Austria e l'assassinio di Amplatz evoca le azioni del GAL in Iparralde. Un suo commento...

R. L'analogia esiste anche se in Euskal Herria il numero delle persone coinvolte è stato sicuramente maggiore. Dobbiamo ringraziare la minore capacità operativa dei servizi segreti italiani se la loro azione è stata meno efficace. Diciamo che c'erano tutte le intenzioni, i progetti, ma poi non sono riusciti a realizzarli. Naturalmente non tutto è stato chiarito, ma in alcuni episodi si intravede una vera e propria “strategia della tensione”. Penso agli attentati di Cima Vallona e di Malga Sasso per i quali sono stati  giudicati dei cittadini austriaci. Sicuramente il gruppo di mio padre non ha avuto niente a che fare con questi avvenimenti. Oltre alla tortura (tra le vittime Franz Hofler, Anton Gostner, Sepp Kerschbaumer...)  vorrei ricordare che a Tesselberg un generale italiano avrebbe voluto fucilare 15 persone per rappresaglia. A impedirlo fu la ribellione di uno dei suoi sottoposti.

 

7) D. Un'ultima domanda sul Trentino, il Welsch Tirol...Qual'è la sua opinione?

 

R. Penso di aver veramente compreso la situazione quando ho saputo che nel Trentino il 70% degli insegnati proveniva da altre provincie. In questo modo è stata azzerata anche la memoria delle radici tirolesi e austriache. Si potrebbe parlare di riflusso, una risacca della mente  che ha portato ad un cambio di identità. La situazione in Trentino è quindi molto difficile. Qui almeno abbiamo una maggioranza. Comunque io sostengo che non possiamo decidere noi per i trentini. Nel caso del referendum per l'autodeterminazione non tocca a noi richiederlo, ma  a loro stessi. In questa situazione è alquanto meritoria l'opera degli  Schutzen per un recupero della memoria storica e per un riconoscimento dell'identità tirolese.