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So che non sarò mai cenere

di Giuseppe Gorlani - 02/04/2013


 

Cerco di ricordare la bellezza silvana anche mentre me ne sto immobile, ad occhi chiusi, all’alba. Penso al bosco che sprofonda a nord, sotto la sorgente, assediato dal muschio e dai rampicanti che abbattono i salici. La sua bellezza non è solo un insieme di parole pronunciabili, ma è soprattutto rivoli argentei, impronte animali, nubi che corrono oltre i rami.

Quando ci si ferma è facile dimenticarlo e arenarsi nel fastidio dei nervi e dei muscoli tesi o dei lievi rancori che ronzano di là dai sogni.

Per questo ne parlo; per fissare in me la bellezza connaturata all’apparenza vibrante. Se le ombre mutevoli nel loro migrare raggiungono una tale intensità, infinitamente maggiore sarà lo splendore della Forza che le muove. Così insisto nell’acquietare le distrazioni e mi immergo nell’atmosfera azzurro-scura dello spazio interiore.

E bevo l’ebbrezza in respiri viepiù sottili che si alimentano delle ore a venire, traducendole in Oro.

Oro, consapevole di sé; Oro che adora l’Oro; Oro che in tutti i tempi è stato, che c’era già, a cui non potrai sottrarti.

L’acqua fredda sgorga dalle rocce e dalla terra, accresce l’erba e gli alberi, disseta tutti, cacciatori e cacciati, instilla generosità, deterge, nutre la purezza.

Voglio ritornare a quell’Ineffabile che sta prima di qualsiasi inizio, da cui sono disceso sospinto da gioco divino. Che l’oceano riaccolga sé medesimo in quest’onda luminosa, il cui nome riposa nelle stelle.

Così, avendo ancora braccia, gambe ed occhi, mi inchino e sacrifico ed esulto per ogni soffio che s’unisce al vento sulle colline.

So che non sarò mai cenere, ma bellezza e meraviglia, sempre.